HomeRecensioniNovitàL’ambiguità delle vere emozioni: Tungsteno di Marcello Quintanilha

L’ambiguità delle vere emozioni: Tungsteno di Marcello Quintanilha

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Per Edizioni BD è uscito Tungsteno, primo titolo di Marcello Quintanilha a essere tradotto in italiano. Il fumetto dell’autore brasiliano – residente da alcuni anni a Barcellona – è stato molto apprezzato in Francia, tanto da vincere nel 2016 il Fauve Polar SNCF al 43° Festival d’Angoulême per il miglior thriller a fumetti.

tungsteno Marcello Quintanilha

L’azione si svolge a Salvador, capitale dello stato di Bahia. Il titolo rimanda al metallo con il più alto punto di fusione, e descrive metaforicamente la difficoltà dei vari personaggi ad incassare i colpi che la vita infligge loro. Ognuno dei protagonisti di questa storia corale si trova infatti a sperimentare la propria durezza, la propria capacità di resistere fisicamente o psicologicamente ad una situazione critica.

All’ombra del Forte della Madonna di Montserrat, due uomini decidono di fare una pesca con l’esplosivo, innescando così una serie di eventi che uniscono tutti i personaggi del libro: uno spacciatore di cannabis che fa anche l’informatore per la polizia; un sergente in pensione con la nostalgia dei tempi della vita militare; un poliziotto dotato di grande coraggio, soprattutto quando è sotto tiro; e sua moglie, in procinto di chiedere la separazione.

La narrazione procede fluidamente tra un personaggio e l’altro: il modello narrativo è senza dubbio quello cinematografico, con una gestione oculata dei passaggi di scena e dei tempi dell’azione. Lo stile è realistico e dettagliato, quasi fotografico, capace di rendere il peso dei corpi, la dinamicità dei movimenti e l’espressività dei volti. Tale attenzione al dettaglio non è mai gratuita o estetizzante: non cade mai nel vezzo stilistico fine a se stesso ma assume un senso narrativo, evidenziando la recitazione dei personaggi e accrescendo la resa emotiva dell’azione.

tungsteno Marcello Quintanilha

Si racconta senza esplicitare, senza eccedere nella descrizione didascalica, con un equilibrio impeccabile delle inquadrature che raramente si riesce a trovare in un disegno realistico così dettagliato, di stampo europeo o anglosassone: ricorda semmai l’efficacia espressiva di autori giapponesi contemporanei come Inio Asano e Naoki Urasawa, capaci di miracolose sintesi di comunicatività e realismo.

L’uso dello spazio della tavola è espressivo e lo scenario viene reso con efficacia anche nelle sue contraddizioni: il racconto percorre da vicino le strade di Salvador de Bahia, dalla spiaggia al Forte sovrastante, dalle strade afose ai vicoli dedicati allo spaccio. Il punto di vista – verrebbe da scrivere: la macchina da presa – si muove sicuro negli spazi della città, allargando le inquadrature quando si tratta di dare conto di scene complesse,  e stringendole sui personaggi quando si vuole lasciarli esprimere.

Non stupisce che si stia lavorando a una trasposizione cinematografica di questo racconto. La sceneggiatura è già scritta, precisa e senza fronzoli, come si conviene al noir. Il talento visivo di Quintanilha è di natura essenzialmente registica: si evidenzia nella resa dei corpi, nella finezza degli ambienti, nella dinamica delle inquadrature, e soprattutto in un’esattezza dello sguardo capace di cogliere la verità delle emozioni attraverso la loro ambiguità.

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Si percepisce una violenza diffusa, non del tutto esplicitata, che si mischia al sudore e alle lacrime, alle smorfie di personaggi mai completamente a fuoco, come spesso accade nella vita. Ma ciò che più colpisce di Quintanilha è la vicinanza dello sguardo. Il coraggio di oltrepassare il limite di sicurezza, di tenere una prossimità coi suoi personaggi che si esprime specialmente nei momenti più delicati, più furiosi o intimi, quelli nei quali la durezza del colpo inferto è ancora più intensa. L’autore non ha pudore nei riguardi dei sentimenti, si prende il tempo giusto per definire ogni dettaglio, ripetendo certe scene più volte in modo da soffermarsi su ogni punto di vista della storia che vuole raccontare.

Il suo occhio è sempre focalizzato a rivelare un dettaglio significativo, una vicinanza: una fronte madida di sudore, un’espressione incredula o disperata, un’intensità capace di svelare la verità inattesa dei suoi personaggi. La loro durezza è una condizione inevitabile, fluida, difficilmente afferrabile, dettata da una violenza diffusa che l’autore esprime con spietata esattezza. Ed è questa ambiguità così umana che rimane impressa del racconto, una sensazione di disagio che ti resta addosso a lungo, terminata la lettura.

Tungsteno
di Marcello Quintanilha
traduzione di Paolo Marelli
Edizioni BD, 2016
186 pagine, 18,00 €

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