di Sergio Rossi*
Henry Kissinger, segretario di Stato americano sotto la presidenza Nixon e ancora oggi considerato uno dei più influenti uomini politici a livello mondiale, disse che era «Meglio essere su Doonesbury che non esserci». Gerald Ford, presidente americano che successe a Nixon dopo lo scandalo Watergate, aggiunse: «Ci sono solo tre grandi fonti di informazione su quel che succede a Washington: la stampa, la televisione e Doonesbury, non necessariamente in quest’ordine». Più pragmatica, la nonna dell’autore disse che era contenta che il nipote avesse ricevuto il premio Pulitzer perché aveva sempre avuto paura che finisse in galera per quello che disegnava.
In modo paragonabile forse solo ai Peanuts e Mafalda, il successo di Doonesbury – e del suo autore Garry B. Trudeau – è travalicato dal mondo dei fumetti per diventare una lettura obbligata quotidiana che si trasforma in preghiera o bestemmia, secondo come la si pensi, e in una specie di coscienza critica dell’America con i suoi personaggi che crescono, invecchiano, cambiano idee, si sposano, divorziano, fanno figli, subiscono mode, guerre, mutazioni di usi e costumi, cambiano lavoro, commentano e partecipano in diretta alla vita politica del proprio paese. Doonesbury è stata anche la prima striscia a essere spostata dalla pagina dei fumetti a quella degli editoriali aprendo la strada agli editorial cartoonists (quei fumettisti che dicono la loro accanto a titolati commentatori) e la prima a essere insignita del premio Pulitzer, di solito riservato a scrittori e giornalisti.
Nata nel 1968 sulle pagine del quotidiano universitario di Yale con il titolo Bull Tales, la striscia prese successivamente il nome del suo personaggio principale, Mike Doonesbury, studente di college idealista che le prime gestioni informatiche nelle università costringono a dividere la stanza con B.D., ragazzo dalle smaccate idee di destra che riesce in tutti i campi in cui Mike vorrebbe davvero primeggiare: lo sport e le ragazze. Rinominata, la striscia cominciò a popolarsi di personaggi e situazioni che si muovevano dalla comune di Walden – fondata da Mike con altri amici – al Vietnam – dove B.D. si reca come volontario per poi diventare amico di un guerrigliero vietcong, Phred, amante di Cole Porter del baseball – alla Cina comunista alle prese con la morte di Mao e il problema della sua successione visti attraverso lo sguardo appannato da droghe e alcol di zio Duke, improbabile ambasciatore americano a Pechino ispirato alla figura del gonzo journalist Hunter S. Thompson (autore di quel Paura e disgusto a Las Vegas portato sul grande schermo da Terry Gilliam con Johnny Depp e Benicio del Toro).
Lo straordinario talento narrativo di Trudeau gli permette di passare dalle storie minimali dei singoli personaggi alla satira diretta verso i Grandi della Terra, in particolar modo i vari presidenti degli Stati Uniti ritratti in maniera simbolica oppure affidando le battute al solo disegno della Casa Bianca. Così Reagan è rappresentato dalle sue numerose gaffe nelle conferenze stampa, o attraverso i viaggi nel suo cervello compiuti dal giornalista Ronald Hedley alla ricerca dei ricordi sullo scandalo Iran-Contras che molti giornali si rifiutarono di pubblicare, o addirittura per mezzo della sua controparte elettronica ispirata a Max Headroom (protagonista del primo telefilm cyberpunk della televisione americana). George Bush senior, che arrivò a definire la striscia «un sottoprodotto dell’estrema sinistra», era visto come un personaggio invisibile affiancato da una piuma che rispondeva al nome di Dan Quayle, il suo vicepresidente. La satira non si è attenuata neanche con Bush junior, teleguidato da uno staff che gli fa dire quello che vuole e rappresentato prima da un cappello da cowboy Stetson sopra un grande asterisco (in quanto governatore del Texas e per via della sua controversa elezione) e poi da un elmo da imperatore romano sopra allo stesso asterisco (per simboleggiarne l’imperialismo). Verso la fine del suo primo mandato l’elmo fu disegnato ammaccato. Tra gli altri simboli possiamo ricordare il waffle per rappresentare Bill Clinton e una bomba innescata per Newt Gingrich. Intervistato dal settimanale Time, che nel febbraio 1976 mise Doonesbury in copertina, Charles Schulz disse che Trudeau era arrivato in aree del fumetto fino allora inesplorate.
La presenza dichiarata di discorsi espliciti su sesso, politica e relazioni sentimentali era una novità per le strisce ben controllate dai syndicates, che ne passavano rigidamente al vaglio testi e disegni. Il successo di Doonesbury venne anche dall’essere distribuito da un nuovo syndicate, la Universal Press, che si costituì nei primi anni Settanta e che ancora oggi lo vende in tutto il mondo, libero dagli stretti vincoli degli scricchiolanti colossi in attività. L’industria del fumetto stava cambiando, e molto.
Nel 1978 Will Eisner, l’autore di Spirit, torna al fumetto dopo un’assenza decennale, ma non sui giornali: il suo romanzo a fumetti ambientato nel Bronx del 1930, A Contract with God, esce per un editore indipendente e fa debuttare in America la graphic novel – strada su cui Pratt era già in cammino dal 1967 – grazie anche a temi diversi rispetto al solito racconto avventuroso.
Perfino i fumetti dei supereroi, spesso definiti comics for kids, fumetti per ragazzi, dovettero fare i conti con quanto stava accadendo nelle strade e nelle scuole. Ecco allora che Flash Thompson, antico rivale di quel Peter Parker meglio conosciuto come Spider-Man, si arruola e parte per il Vietnam, mentre Harry Osborn, il suo migliore amico, cade nella trappola delle droghe che in quegli anni si sarebbero diffuse capillarmente per toccare l’apice nell’Italia dei movimenti del ’77, come raccontano Le straordinarie avventure di Pentothal che Andrea Pazienza andava contemporaneamente disegnando sulle pagine di AlterLinus.
Già negli anni Sessanta Stan Lee e Jack Kirby avevano rivitalizzato il settore dei supereroi con la formula “Supereroi con superproblemi”, ossia inserendo massicciamente i loro personaggi nella realtà quotidiana. Rispetto a Superman, alieno considerato un eroe e che si mimetizza con un’identità umana, gli eroi di Lee e Kirby sono condannati a una vita da emarginati come accade agli X-Men – i mutanti temuti dall’umanità perché “diversi” – oppure possono rivelarsi – come accade ai Fantastici Quattro – ma mettendosi poi al servizio delle autorità costituite.
Oltre alla guerra del Vietnam arrivata al suo apice, entra in questi fumetti anche il degrado urbano delle periferie, diventate sede di bande giovanili e di fermenti ribelli causati dalle condizioni misere in cui vivono le popolazioni di colore e ispaniche rappresentate da personaggi come gli afroamericani Luke Cage – che si definisce un eroe a pagamento che ha il suo ufficio nei sobborghi – e Falcon: ex criminale redento da un Capitan America di cui diventa compagno d’armi ma che con il suo costume a stelle e strisce non è certo un’icona popolare. Nuovi eroi che sono figli anche di film come Shaft mescolati alla moda delle arti marziali importate dal successo di Bruce Lee e poi rappresentate da personaggi come Iron Fist (in Italia Pugno d’Acciaio: un bianco proveniente da una specie di Shangri-La), il team multietnico dei Sons of the Tiger (in Italia i Figli della Tigre: un nero, un bianco un orientale) e l’ispanica White Tiger (in Italia Tigre Bianca).
Anche veterani come Superman e Batman si adattarono ai tempi. Clark Kent divenne giornalista televisivo, mentre Bruce Wayne cominciò a combattere una criminalità urbana sempre più incattivita.
Così come la droga arrivò anche tra i supereroi: Green Arrow (da noi Freccia Verde), arciere infallibile, scopre che il suo pupillo “si fa” prima di prendere servizio, mentre il suo sodale Green Lantern (da noi Lanterna Verde) si scopre impotente nell’affrontare discriminazioni razziali e la criminalità urbana che dilaga in interi quartieri di metropoli come New York e Los Angeles (resa al cinema da un classico come I guerrieri della notte di Walter Hill).
Chi non si poneva problemi di censura erano gli autori dei cosiddetti underground comics: un gruppo di scrittori e disegnatori (tra cui Art Spiegelman, Rand Holmes, Gilbert Shelton, Denis Kitchen, Richard Corben, Vaughn Bodé) che grazie a pubblicazioni dai nomi come Zap Comix, The Freak Brothers, Big Ass, Mother’s Oats Comix e Feel Good Funnies riuscirono a creare una nuova estetica e a introdurre temi accuratamente evitati dalla cultura puritana dei syndicates (e dei loro clienti) come le droghe, la neonata cultura pacifista e quella psichedelica, e soprattutto la rivoluzione sessuale che stava sconvolgendo il modo di vivere la vita, non solo di coppia.
Maestro fu Robert Crumb, uno dei più grandi autori di fumetto mondiali, celebrato al festival internazionale di Angoulême nel 1999 per il suo contributo all’evoluzione del medium. Creatore di Fritz the Cat (da noi Fritz il gatto: primo vero eroe della controcultura americana poi portato al cinema da Ralph Bakshi), del finto guru Mr Natural e di splendide biografie di bluesmen (vera passione dell’autore), Crumb mise alla berlina sia la cultura hippy (che detestava e di cui diventò suo malgrado un mentore), sia il perbenismo borghese e una modernità madre di paranoie e disgregazioni sociali, contrapposte a una vitalità prorompente che si esplicitava anche attraverso una sessualità sfrenata e piena di ossessioni feticistiche che lo resero spesso oggetto di attacchi da parte del movimento femminista. In una famosa pagina autobiografica Crumb dichiara la sua simpatia (e la sua adesione) per l’emancipazione delle donne ma, contemporaneamente, il suo diritto a mettere sulla carta le sue ossessioni, e se questo non sta bene, conclude l’autore, allora «potete andare a fare in culo».
La fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta vedono la nascita in Europa di nuovi contesti editoriali in cui gli autori potevano essere liberi di spaziare. Entrano nelle storie i fermenti del maggio francese e del ’68, i movimenti pacifisti sia contro il Vietnam che contro l’insediarsi di dittature in Africa, Asia e Sud America (che culmineranno l’11 settembre 1973 con la morte di Salvador Allende nel golpe guidato da Pinochet in Cile con la benedizione di Nixon e Kissinger) e quelli di una lotta contro uno Stato che in Italia resiste a colpi di bombe nelle banche e tentativi di colpo di stato alle nuove esigenze delle giovani generazioni, le cui frange estreme saranno protagoniste della tragedia del terrorismo.
Nascono nuovi editori, nuove riviste, nuovi autori, mentre i titolari scoprono nuove energie. In Francia, tra le altre, ci sono Metal Hurlant, rivista di fantascienza dove autori come Moebius ridisegnano l’immaginario grafico mondiale, e (À suivre), che con il romanzo a fumetti Ici Meme (in Italia Il Signore di Montetetro), graphic novel scritta da Jean-Claude Forest (già autore di Barbarella) e disegnata da Jacques Tardi, dà il là al nuovo fumetto autoriale europeo.
In Italia, tra le altre riviste, al Corriere dei Piccoli si affianca il Corriere dei Ragazzi (CdR), destinato ad adolescenti come Valentina Mela Verde, il personaggio di Grazia Nidasio le cui storie sono lo specchio di quanto accade nella realtà quotidiana. Gli stessi adolescenti che leggono le strisce di Lupo Alberto di Silver, che qui esordisce. Sulle pagine del CdR c’è anche Mino Milani, uno dei maggiori fumettisti italiani per ragazzi, che scrive storie per autori come Dino Battaglia, Milo Manara, Mario Uggeri e Sergio Toppi, con forti agganci al reale concepiti per adolescenti ben consapevoli del mondo in cui vivono. Così come Attilio Micheluzzi manda il fotoreporter Johnny Focus in Medioriente, Iran e Africa, raccontando tragedie e miserie di guerre e rivoluzioni.
Sul Giornalino, il Commissario Spada di Gian Luigi Gonano e Gianni de Luca racconta un’Italia che cambia (non sempre in meglio), la tragedia del terrorismo e i fantasmi del ventennio fascista.
Nasce la rivista Lanciostory, a cui seguirà il fratellino Skorpio, che pubblica autori italiani e soprattutto argentini le cui storie riflettono, più di tanti articoli, quanto stava accadendo in quel paese. Come succede per L’Eternauta, racconto di un’invasione extraterrestre che diventa metafora della situazione politica argentina. Disegnato da Solano López, è scritto da Héctor G. Oesterheld – padre del fumetto argentino e autore di capolavori assoluti come Mort Cinder e Sherlock Time per Alberto Breccia, di Sergente Kirk, Ernie Pike e Ticonderoga per Hugo Pratt – che proponeva sempre storie viste dalla parte degli umiliati e offesi, con una scrittura mai banale o retorica. La vida del Che – bellissima biografia di Ernesto Che Guevara disegnata da Alberto Breccia insieme a suo figlio Enrique – lo condanna a morte: lui e le sue quattro figlie saranno desaparecidos nel 1978, in un’Argentina sotto i riflettori per i Mondiali di Calcio più che per la dittatura che ne ha cancellato un’intera generazione senza pietà o pentimento.
In questi anni la satira e il fumetto politico italiano sono in fermento. Affrancatosi da Alan Ford, Magnus realizza il suo capolavoro: Lo Sconosciuto, ex mercenario coinvolto in intrighi politici che spaziano dalla Roma delle trame nere al Libano sconvolto dalla guerra civile, passando per l’Haiti di Baby Doc Duvalier.
Sulle pagine di Linus ci sono Enzo Lunari con i feroci racconti di Ghirighiz e Fra Salmastro, Alfredo Chiappori con Up il sovversivo (dove si cita spesso il volo di Pinelli dalla questura di Milano), i racconti del Dottor Rigolo (direttore di testata di regime) narrati da Emanuele Pirella e Tullio Pericoli, il già citato Pazienza con Pentothal, e anche Francesco Tullio Altan con l’operaio Cipputi e i suoi eccezionali romanzi a fumetti in cui mette alla berlina Dio, Patria e Famiglia.
Arrivano inoltre in edicola I Quaderni del Sale, poi diventati Il Male, uno dei più straordinari periodici satirici e non solo, in cui grazie a Pino Zac trovano spazio Vincino, Pazienza, Scozzari, Giovanni Karen (pseudonimo di Jacopo Fo) e Angese.
Sul quotidiano Paese Sera viene indetto ogni anno un concorso per la miglior striscia a fumetti. Un anno lo vince Giorgio Forattini, e un altro Bonvi con le sue Sturmtruppen, feroce satira militarista e della vita quotidiana che destabilizzò lettori ed editori fin dalla sua prima uscita per poi diventare un bestseller assoluto adattato anche in due film. I soldaten di Cermania furono solo un gradino della straordinaria carriera di Bonvi, al secolo Franco Bonvicini: tra i mille personaggi inventati (come Cattivik, per esempio) e le tantissime storie realizzate anche con altri autori (come Guccini, Cavazzano, Silver, Gomboli), ricordiamo lo straordinario romanzo a fumetti L’uomo di Tsushima – realizzato per la collana “Un uomo, un’avventura” edita da Cepim (oggi Bonelli Editore) – che ha come protagonista lo scrittore Jack London, qui ritratto con il volto dello stesso Bonvi, che racconta la vera storia della battaglia navale di Tsushima tra russi e giapponesi nel 1905, che segnò l’inizio del crollo degli zar di Russia. Un romanzo a fumetti che mostra la vera, enorme statura autoriale di Bonvi, lasciandoci sognare quali altre storie e personaggi avrebbe potuto regalare ai suoi lettori se avesse potuto o voluto continuare su questa strada.
*Questo saggio è tratto dal libro Stelle a strisce. Gli Stati Uniti nelle strisce a fumetti, da Yellow Kid al New Yorker di Sergio Rossi, edito da Odoya.