Sabato 26 novembre, nel corso di BilBOlbul 2016, si terrà un particolare incontro inedito, intitolato “Nella Stanza del Pericolo”, in cui Manuele Fior (Cinquemila chilometri al secondo, L’intervista), Marino Neri (La coda del lupo, Cosmo) e Alessandro Tota (Il ladro di libri, Charles) converseranno sull’eredità del fumetto di supereroi nel fumetto d’autore italiano, del quale loro sono ormai tra i principali nomi di punta.
Per l’occasione, quindi, abbiamo pensato a una puntata speciale della nostra rubrica Lo scaffale di…, chiedendo a ognuno di loro tre di consigliare due fumetti a testa, rigorosamente supereroistici, tra i loro preferiti.
Manuele Fior
Spider-Man, di Roger Stern e John Romita Jr.
L’Uomo Ragno scritto da Stern ha segnato il mio ritorno alle letture supereroistiche, da piccolo avevo spizzicato senza continuità. Con la nascita di Hobgoblin percepivo la messa in prospettiva della vita di Peter Parker, il dilemma shakespeariano dell’affrontare il figlio di un suo precedente avversario, amico del college, niente di originalissimo ma ben orchestrato. Soprattutto si aveva l’impressione che i personaggi fossero davvero in evoluzione, invecchiassero, si passassero il testimone e non fossero delle icone di se stessi come nell’universo Bonelli o nello stesso universo Marvel, che da quel poco che so ora continua a riciclare sempre le stesse immutabili maschere. John Romita Jr. era ancora sotto l’influenza granitica del disegno paterno, ma il risultato finale rimaneva di un grande calore e statuaria credibilità.
X-Men: La saga di Fenice Nera, di Chris Claremont e John Byrne
Gli X-Men di Claremont e Byrne della Saga della Fenice Nera rappresentano a buon titolo una delle migliori parabole dei mutanti, il pathos della morte di Jean Grey è sentito e non dà la sensazione del solito espediente commerciale per pompare un po’ le vendite. Claremont, anche in questo caso senza inventare niente di particolarmente nuovo, modella con cura la psicologia dei personaggi, soprattutto di quella che secondo me è la sua invenzione più felice: Kitty Pryde, la ragazzina di quattordici anni che attraversa i muri (chissà se aveva letto Le Passe-muraille di Marcel Aimée?). Byrne collabora alla scrittura e l’amalgama tra i due autori si sente, nelle scene di azione (memorabile l’aereo che esplode in cielo e compone la scritta Dark Phoenix) come nei quadri più intimi, con gli X-Men in borghese, i dubbi e le debolezze di eroi loro malgrado.
Marino Neri
New X-Men, di Grant Morrison e disegnatori vari
Smisi di leggere gli X-Men quando arrivò Jim Lee e Claremont abbandonò. Però questo Omnibus spesso come una bibbia l’ho comprato, sopratutto perché adoro Frank Quitely. Gli X-Men sono in definitiva materiale per storie di fantascienza. Morrison lo sa e spinge il pedale nel solco delle intuizioni di Claremont e Byrne degli anni d’oro, sgombra il territorio da incertezze e punta tutto sul macro-tema dell’evoluzionismo.
L’ egemonia tra le specie, la lotta “intrauterina” tra Xavier e la sua gemella, lo scontro generazionale all’interno della scuola per giovani dotati, ma anche il semplice adulterio: la sopraffazione è stampata nella materia o dipende dalle scelte umane (e mutanti)? La risposta la sa Quitely: è nei suoi corpi allungati, nelle pieghe che disegna sopra l’epidermide dei personaggi. Il suo segno leggero e i suoi campi lunghi sono i migliori a rendere le trame malsane di Morrison, ma anche il tratto spesso e deformante di Igor Kordey adempie alla stessa funzione. Gli intrecci funzionano meno con altri disegnatori presenti nel volumone. E questo la dice lunga sul linguaggio del fumetto.
Nuovi Mutanti, di Chris Claremont e Bill Siekiewicz
Mi ritengo fortunato ad aver letto queste storie agli inizi dei Novanta, all’età di undici anni. Mi perdevo tra le macchie di Sienkiewicz e le trame oscure dei testi, senza capire probabilmente che cosa mi affascinasse tanto.
Sienckiewicz, che qua utilizza pennello e la china nera, è tutto teso a descrivere l’interiorità dei personaggi anche nelle scene d’azione. Claremont ci dà dentro con elementi che hanno più a che fare con la stregoneria che non con i classici stilemi dei comics. Non a caso è un gruppo quasi esclusivamente formato da donne e i poteri sembrano usciti da un racconto horror: possibilità di evocare paure ancestrali, licantropi, spade magiche… Perfino l’alieno si chiama “Warlock”. Gli scontri passano senza ragione di continuità da un piano astrale a quello reale, non sai più se stai leggendo un fumetto di super eroi o un trattato per giovani iniziati alla magia nera. Tutto il segreto sta nella tavola che mostra i nostri a letto con l’ uniforme da nuovi mutanti: pronti all’azione sopratutto nel mondo dei sogni.
Alessandro Tota
I Fantastici Quattro #1-10, di Stan Lee e Jack Kirby
Mi piace molto il Kirby dei primi anni in Marvel. Dopo è anche meglio, ma non sottovalutate l’inizio. Credo sia il modo in cui è inchiostrato… un po’ vischioso, sensuale. Per me Kirby è un po’ una fissazione… chissà perché. Forse in realtà dovrei fare dei libri con gente che si mena, viaggi spaziali e dialoghi pieni di pathos!
Silver Surfer, di Stan Lee e John Buscema
Il massimo della logorrea di Stan Lee, filosofia a buon mercato, dilemmi etici come se piovesse, ma anche mega viaggioni spaziali. I disegni sono improbabili: cosa ci fa un disegnatore come Buscema su Silver Surfer? A lui piaceva Conan il Barbaro! Eppure funziona. Comunque, sia chiaro, Buscema è bravo, ma Kirby è DIO.