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Dampyr Magazine, la triste storia di John Bauer e lo sguardo di Bacilieri

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Dampyr Magazine, la nuova testata dedicata al personaggio bonelliano, inserita in quella che in un’epoca più autarchica era nota come ‘Collana Almanacchi’, esordisce con tre storie a fumetti eterogenee per ambientazioni, stili e protagonisti.

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“Dampyr Magazine” n.1, copertina di Luca Rossi. © 2016 Sergio Bonelli Editore

La breve Rave Party, di Colombo e Genzianella, vede la vampira Tesla affrontare un demone capace di entrare nei suoi ricordi per vendicarsi di un vecchio torto subito, e si segnala essenzialmente per una trovata tecnica seducente ma un po’ fine a se stessa, ovvero l’uso massiccio di mezzetinte di vari colori, usati per scandire i passaggi temporali del passato della protagonista.

La lente di diamante è invece una bella riduzione a fumetti di un racconto di Fitz-James O’Brien realizzata da Mauro Boselli con i disegni (a colori) di Corrado Roi: un racconto di approccio classico, con ampie didascalie a guidare l’evolversi della storia e un disegno al servizio dell’atmosfera, che non ricalca del tutto le orme del maestro Dino Battaglia proprio in ragione del – o “per colpa di”, a seconda della vostra personale aspettativa sul rapporto tra Roi e Battaglia – colore.

Il posto d’onore spetta però senza dubbio alla storia più lunga e in bianco e nero: Il re della montagna, scritta da Mauro Boselli con i disegni di Paolo Bacilieri, artista che ha ormai conquistato un ruolo di prima grandezza all’interno della produzione Bonelli, firmando con il proprio stile originale, raffinato ma anche estremamente leggibile, molte delle storie recenti più interessanti della casa editrice.

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Paolo Bacilieri, “Il re della montagna”, da “Dampyr Magazine” n. 1. © 2016 Sergio Bonelli Editore

La vicenda riprende alcuni personaggi che avevamo già incontrato nello Speciale n.9 “Gli studenti della scuola nera”, già disegnato da Bacilieri. Innanzitutto Gudrun Finngadottir, pittrice islandese dai poteri mistici (il nome Gudrun in islandese significa “sussurro di Dio”) in grado di creare con la propria arte un collegamento tra il presente di Dampyr e il passato più o meno fantastico delle leggende nordiche, di cui in qualche modo si fa ambasciatrice. Dalla sua arte scaturisce infatti il segno di Egil Una-mano, guerriero con una spada al posto della mano che rappresenta l’alter-ego leggendario di Harlan Draka.

Il dialogo tra la realtà (o il presente) di Harlan e Gudrun e la leggenda (o il passato) di Egil Una-mano, a sua volta creato o evocato dal disegno (o dai sogni) di Gudrun, viene qui ad essere ulteriormente arricchito da un terzo piano narrativo, quello della biografia di John Bauer. Straordinario pittore svedese di scenari fantastici (potete trovare qui alcuni suoi dipinti e disegni), Bauer divenne celebre sopratutto come illustratore, nei primi anni del Novecento, di Bland Tomtar Och troll (“Tra gnomi e troll”) una antologia annuale di fiabe per ragazzi che viene pubblicata ancora oggi in Svezia.

Nonostante il suo nome non sia più molto conosciuto, John Bauer ha creato un immaginario grafico potente e originale, in grado di influenzare numerosi artisti, da Charles Vess (qui un sentito omaggio dal suo blog) all’iconografia fiabesca dei primi film Disney. L’indagine sulle origini di questo artista e sul mistero della sua morte (Bauer morì a soli 36 anni con la sua famiglia, durante un naufragio) sono il motore della vicenda, poiché stimolano la Ricerca intellettuale di Gudrun che, tramite l’intervento di Dampyr e di conseguenza del suo doppio fantastico Egil, diventa Avventura.

E non è forse un caso che sia stato chiamato proprio Bacilieri ad illustrare questa storia di immagini e immaginari. Si vede qui infatti proseguire un discorso che l’artista veronese aveva già affrontato in altre opere personali, come Sweet Salgari, Fun e More Fun: indagini intorno a esistenze fortemente intrise di immaginario, dove il dato biografico si innesta e in qualche modo determina la finzione, fino al punto da esserne soffocato. Per non citare anche un altro personaggio (di casa Bonelli) molto legato a Bacilieri: quel Napoleone che univa il realismo del thriller contemporaneo a suggestioni oniriche e fantastiche. Ma se in Fun e More Fun lo spazio della metropoli determinava lo spazio dell’immaginario (ovvero l’oggetto-cruciverba e il soggetto-fumetto), qui è il bosco che consente di sviluppare lo scenario fiabesco di John Bauer.

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Paolo Bacilieri, “Il re della montanga”, da “Dampyr Magazine” n. 1. © 2016 Sergio Bonelli Editore

Assistiamo dunque il giovane pittore (già messo – come previsto dalle regole della fiaba – in guardia dal ritrarre le creature dei boschi) allontanarsi progressivamente dal mondo reale, a dispetto della moglie Ester Ellqvist, anch’essa pittrice di panorami più realistici e urbani, per un ritiro quasi totale nei boschi dello Smaland, in cerca di una assoluta ispirazione. Tra i tanti ritratti di Bauer, spicca quello di Jotnar, il dio-re della montagna, un gigante burbero dalla lunga barba che il pittore simbolicamente sfida reclamandone il ruolo, come padrone dei troll e delle creature che popolano lo Smaland. Tuttavia il segno di John Bauer produce una realtà che reclama una propria autonomia, e che perciò egli non riesce ad afferrare appieno. Per quanto talentuoso nella rappresentazione delle creature del bosco, John Bauer ammette infatti a se stesso che esse restano sempre d’un soffio fuori dal suo campo visivo.

L’immaginario da lui evocato così efficacemente non si lascia afferrare ma anzi, produce un effetto ‘negativo’ su tutti i livelli della storia. I giganti e gli dei che Bauer disegna diventano mostri nella realtà di Egil Una-mano, che proprio a causa del Re della montagna ha perduto l’arto e ora vaga per i boschi in cerca di vendetta. Il disegno di John Bauer diventa dunque sogno nella notte di Gudrun e avventura nella fiaba di Egil Una-mano. E le creature del bosco minacciano a tal punto la famiglia di John Bauer da spingerlo a tornare a Stoccolma, in quello che sarà il suo ultimo viaggio.

Boselli fa un’operazione molto complessa con la sovrapposizione dei piani narrativi, specialmente se si pensa alla brevità delle pagine a disposizione, che non sarebbe possibile senza il supporto fondamentale nello storytelling di Bacilieri. L’artista gestisce gli spazi con maestria, creando tavole dense e cariche di senso, e intrecciando armonicamente i piani di narrazione, senza tuttavia mai appesantire lo sguardo.

Il legame concettuale tra i vari piani narrativi è dato da due elementi similari, a loro volta variamente connessi: i sogni dei personaggi (Gudrun che sogna John Bauer, John Bauer che sogna Egil, Harlan Draka che sogna Ester che sogna Egil) e il loro segno (quello di Gudrun che disegna Egil, quello di John Bauer che disegna il dio della montagna – e, sopra tutti, il Segno di Bacilieri che crea la storia). Sogni e segni intervengono non solo e non tanto come elementi creativi ma come collettori delle varie realtà narrative. Mutuando banalmente dalle teorie del filosofo francese Maurice Blanchot e dal suo Lo spazio letterario si può dire che ogni personaggio di questa storia abbia un giorno e una notte: un momento di azione e di presenza, di lettura della realtà; e uno di assenza, di creazione della realtà, di “scrittura” e di contatto con l’altro.

Blanchot individua anche nell’essenza della notte un mormorio indistinto, che egli chiama “neutro”, e che possiamo associare al sussurro di Dio (Gudrun) e dei vari déi creatori che percorrono questa storia, coloro che ascoltano il mormorio e lo traducono in forma di scrittura. La creatività in Blanchot è un tentativo continuamente frustrato di cogliere questo sussurro lontano, di vedere qualcosa che sfugge al campo visivo. L’atto della creazione è esperienza interminabile dell’assenza, mentre la lettura presuppone l’opera come presenza. Per questo motivo, per Blanchot, la parola uccide la realtà: una volta che viene detta, la realtà muore. La creazione uccide, come John Bauer e la sua famiglia hanno sperimentato sulla propria pelle: così, affinché John Bauer possa trovare pace e le creature del bosco possano essere liberate, il dio della montagna deve essere ucciso.

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Paolo Bacilieri, “Il re della montanga”, da “Dampyr Magazine” n. 1. © 2016 Sergio Bonelli Editore

I due momenti esaminati da Blanchot trovano dunque una connessione tramite Gudrun: è lei infatti che, osservando un’immagine di John Bauer da un catalogo, viene a sua volta vista dall’immagine. L’oggetto del dipinto è Tuvstarr, la principessa del regno del sogno, che secondo la leggenda ha smarrito sul fondo del lago il suo cuore d’oro: il quadro di John Bauer la raffigura con il capo chino, intenta a fissare la superficie del lago nell’eterna speranza di ritrovare ciò che ha perduto. Ma Gudrun, d’un tratto, vede la principessa sollevare lo sguardo ed incrociare tristemente il suo.

Questo squarcio dell’immaginario, questa irruzione di presenza nell’assenza, questo “sguardo di niente sul mondo”, come direbbe Blanchot, rappresenta il momento in cui tutti i piani del racconto si fondono. Per un istante simbolico, si realizza il desiderio insperato di John Bauer e di tutti gli artisti: l’oggetto dell’immagine non sfugge più allo sguardo. Finalmente l’immagine lo guarda, guarda Gudrun come guarda Bacilieri che lo disegna, come guarda noi che la stiamo a nostra volta guardando. L’immagine ci guarda e ci chiede aiuto. E la salvezza non può che avvenire nell’immagine stessa, nel segno dell’artista. In un sogno dentro un sogno, Harlan e il suo alterego Egil uccidono il Re della montagna e liberano la piccola Tuvstarr e gli abitanti del bosco, che finalmente possono ritrovarsi insieme a John Bauer e alla sua famiglia, rappresentati da Bacilieri in una spettacolare doppia splash page che li vede riuniti di nuovo a Smaland, liberi e felici.

I due piani, per un istante riuniti, tornano separati: il Re della montagna è stato ucciso e può tornare a vivere come pura immagine, nei sogni dei sognatori. Non resta che un piccolo cuore d’oro nelle mani di Gudrun che ricorda l’ormai lontano rimpianto di Tuvstarr.

Una conclusione prevedibile e rassicurante, come ogni fiaba che si rispetti, per chiudere degnamente questo racconto perfetto, tanto complesso quanto ricco di significati sulla vita, sulla creatività e su ciò che lega gli esseri umani alla propria immaginazione.

Dampyr Magazine n. 1
di Aa. Vv.
Sergio Bonelli Editore, 2016
176 pagine, 6,30 €

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