HomeBonelliJuric, la dark lady nel gioco di ruolo di Roberto Recchioni

Juric, la dark lady nel gioco di ruolo di Roberto Recchioni

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Una delle debolezze più evidenti del progetto Orfani, che Matteo Stefanelli aveva colto già nella prima serie e che a mio giudizio si è accresciuta con le due stagioni successive, riguarda l’eccessiva dilatazione degli eventi narrati rispetto alla totalità degli episodi.

orfani recchioni bonelli

Se nella prima stagione l’impeccabile architettura costruita da Recchioni – con i due piani temporali che procedono in parallelo, fino al ricongiungimento finale, la conclusione della linea del passato collegandosi perfettamente con l’inizio della linea del presente – dava modo di collocare armonicamente gli eventi entro i dodici albi complessivi, nelle due stagioni successive, più lineari nella composizione e più frammentarie nella struttura e nelle firme coinvolte, la sensazione è che gli eventi narrati potessero essere raccontati in modo più incisivo in una misura più ridotta.

Non si tratta soltanto della scelta di adottare ritmi più rapidi rispetto alle consuetudini bonelliane, più vicini ad altri modelli come quelli provenienti dal manga e dal fumetto anglofono, per esempio con la riduzione dei dialoghi e delle pause riflessive per valorizzare l’azione, le accelerazioni di tono, e le dinamiche performative tipiche dell’esperienza videoludica. Certe buone idee che pure c’erano, come quei colpi di teatro e rovesciamenti nelle relazioni tra i personaggi, e che rappresentavano i fattori di maggiore interesse per il lettore, venivano però ad essere indebolite – perché diradate – in uno spazio narrativo un po’ troppo esteso.

ringo

Se pensiamo alla seconda stagione, il viaggio di Ringo e dei suoi pards per dodici numeri (ovvero 1.152 pagine) in ciò che resta di un’Italia post-apocalittica rendeva fin troppo bene l’estenuante lunghezza della nostra penisola. La sensazione è che Recchioni, autore-architetto dell’operazione Orfani, si sia dedicato più a definire la struttura del gioco – le regole di scrittura, lo scenario, il disegno complessivo con i suoi rispecchiamenti, la quest in cui lanciare i suoi personaggi-giocatori, interpreti del suo personale Role playing game – che nella costruzione di una trama abbastanza organica da colmare lo spazio a disposizione.

In questo senso, Orfani rappresenta la quintessenza della filosofia recchioniana, e aggiorna paradossalmente una tradizione tipicamente bonelliana. Come Zagor era il personaggio e Darkwood lo scenario fantastico nel quale Guido Nolitta/Sergio Bonelli immergeva tutte le proprie passioni letterarie dell’infanzia (dai western a Tarzan ai mostri della palude), così la saga degli Orfani rappresenta, nei pregi come nei difetti, nell’accumulo di riferimenti cinematografici, fumettistici e videoludici, e persino nella pluralità di stili e voci coinvolte, una perfetta fotografia del suo creatore-master Roberto Recchioni. Un Rrobe Playing Game dentro il quale ogni frase ad effetto, ogni storia, ogni personaggio viene irrimediabilmente immerso.

juric

Per questo è interessante la scelta di Paola Barbato come sceneggiatrice della miniserie dedicata al principale villain della saga, la dottoressa Juric. Introdotta da un prologo scritto da Recchioni e disegnato in un’espressiva mezzatinta da Andrea Accardi (con uno stile che mi ha ricordato il Tim Sale di Billi 99: qualcuno se lo ricorda?), la storia vera e propria, con il tratto di Roberto De Angelis e i colori di José Andres Mossa, intende ripercorrere le origini e le motivazioni di questa dark lady ormai (apparentemente) sconfitta. Paola Barbato ha l’esperienza e lo sguardo adatto per interpretare con tocco personale l’universo di Recchioni; e la misura più breve di questa quarta stagione – solo 3 episodi, un quarto dello spazio concesso alle stagioni precedenti – produce un ritmo più sostenuto, una densità di eventi e una sintesi narrativa che risultano particolarmente gradevoli. L’obiettivo rimane quello di una serie di intrattenimento action (con punte di autentico gusto caciarone), ma la protagonista offre una complessità interessante, e i discorsi si fanno meno schematici e più intensi.

L’uso frequente di una gabbia di quattro strisce in luogo delle consuete tre strisce bonelliane a bilanciare la presenza di splash page o mezze splash page, e una trama molto fitta con frequenti rovesciamenti di azione, lunghi salti temporali, dialoghi serrati, sono elementi che tengono desta l’attenzione senza risultare artificiosi né prolissi. Non a caso, forse, questa nuova stagione sembra anche più adulta nel linguaggio e nel target cui si rivolge.

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La vicenda della piccola immigrata clandestina Jsana Juric riecheggia fatti fin troppo familiari della cronaca nostrana. E non si può non rilevare una assonanza tra l’EMR (la società che si prende cura della bambina fuggitiva) e le varie associazioni religiose e laiche che si occupano in Italia della cura e dell’accoglienza dei bisognosi, talvolta lucrandoci. Un parallelismo abbastanza esplicito con Mafia Capitale e forse anche con altre realtà meno compromesse del nostro bel paese, nel quale non mancano le situazioni di disagio da cui trarre business proficui.

Ma la condanna più netta ed esplicita è forse suggerita dai versi di Baudelaire che introducono l’albo, e va rivolta proprio all’ipocrita lettore che siamo noi tutti, impegnati a creare ‘eroi’ e ‘avversari’ per sentirci al sicuro nelle nostre certezze. Vediamo così la piccola Juric, bambina sfortunata vittima delle circostanze, crescere di statura e di carattere, mostrando un talento inusuale nel riconoscere i punti deboli delle persone intorno a lei, fino a diventare un’esperta manipolatrice.

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Il suo nome e il suo talento potrebbero ricordare altre eroine del fumetto nero nostrano di cui in qualche modo Jsana si fa erede, per l’uso consapevole del proprio fascino e del proprio corpo, e per quella tenacia che la spinge a vincere, ad ottenere ciò che desidera, qualunque sia il prezzo. Ma se Satanik negli anni Sessanta sfidava il perbenismo della famiglia borghese minacciata dai fremiti rivoluzionari della nascente società dei consumi, la Juric di Recchioni, Barbato e De Angelis si trova invece a manipolare l’ipocrisia di una società patriarcale e anaffettiva, corrotta dai propri stessi buoni propositi e in balia di un sadico rimorso nei confronti delle proprie pulsioni.

Da abile osservatrice del mondo – da adulta diventerà una sociologa, prima di trasformarsi in ‘salvatrice dell’umanità’ – Jsana si accorge più degli altri che ogni personaggio vale quanto una formica. E la scena iniziale, nella quale la troviamo osservare incuriosita delle formiche che fuggono da un formicaio in fiamme, non può che richiamare direttamente l’origine della saga, la scena primaria del gioco di ruolo recchioniano: un mondo che brucia. Il nostro, naturalmente.

Orfani: Juric n. 1
di Recchioni, Accardi; Recchioni, Barbato, De Angelis e Andres Mossa
Sergio Bonelli Editore, 2016
94 pagine, 4,50 €

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