Topolino e Panini Comics proseguono nel lavoro di riedizione dei “classici contemporanei” della produzione Disney italiana all’interno della linea Limited Deluxe Edition. Come è noto, si tratta di volumi cartonati “alla francese”, di grande formato e stampati su carta patinata. Pur trattandosi di ripubblicazioni di opere spesso serializzate sul settimanale non molto tempo prima, e pur in assenza di apparati redazionali particolarmente corposi (era più ricco nella precedente edizione in volume), l’ottima cura cartotecnica e il prezzo più che popolare rendono interessante il prodotto sia per gli appassionati disneyani che per quelli, più in generale, del buon fumetto.
Come è facile intuire, il Moby Dick di Francesco Artibani e Paolo Mottura è una parodia dell’omonimo romanzo di Herman Melville del 1851. Una parodia che considera l’originale con (voluta e indispensabile) scarsa aderenza filologica, recuperandone invece quasi tutti i personaggi principali – Paperino/Ismaele; Qui, Quo, Qua (Quiig, Quoog, Quaag)/Queequeg; Zio Paperone (Quachab)/Achab; Archimede (Starkbuck)/Starbuck; Paperoga (Stump)/ Stubb; Ciccio (Flatch)/Flask; i tre Bassotti/Tashtego e Daggoo – e alcune atmosfere e situazioni, in particolar modo quelle relative alla caccia della balena, qui naturalmente incruenta.
Non si tratta, sotto il punto di vista della sceneggiatura, di una delle opere migliori del pur ottimo Artibani, né di una delle più riuscite parodie disneyane. Forse perché, paradossalmente, si muove troppo incerta tra i due estremi che caratterizzano questo filone fin dalla sua nascita: una profondissima adesione e un altrettanto profondo tradimento, declinato anche nel senso dell’attualizzazione.
Moby Dick vive soprattutto grazie all’eccellente lavoro di Paolo Mottura, forse qui all’apice del suo percorso, non solo disneyano. La scrittura di Artibani, che si esprime al meglio nella rappresentazione del tragico e maledetto Quachab, così come nelle sequenze cupe e concitate, sembra mettersi per lo più al servizio delle doti del disegnatore.
Da parte sua, Mottura pare disegnare “a briglia sciolta”, pur mantenendosi entro i limiti non troppo elastici dei dettami disneyani. Il suo segno, involuto e abbondante nell’uso del tratteggio, rende molto bene l’atmosfera dell’epoca, così come i violenti fenomeni atmosferici. La regia è ricercata e dettata da inquadrature angolate e da un’estrema profondità di campo, in particolar modo nelle vignette doppie. Alcune tavole di grande respiro sono particolarmente impressionanti per come raffigurano la furia della balena, la cui atavica ferocia rappresenta davvero un’eccezione nel contesto della produzione disneyana di tutti i tempi.
Artibani risulta invece meno convincente quando, forse preoccupato di spingere questa parodia verso un clima troppo oscuro e inquietante, alleggerisce i toni con siparietti comici non fra i più divertenti visti nei racconti disneyani recenti. Inoltre, il colpo di scena che introduce la sequenza finale dell’opera – che si chiude su una citazione collodiana in fondo non così indispensabile – finisce col sembrare ‘telefonato’.
Pur comprendendo le ragioni degli autori (e soprattutto dell’editore), il loro Moby Dick avrebbe forse tratto vantaggio da un approccio più coerentemente “dark”.
Si parla di una scelta che naturalmente non prende in considerazione la complessità e l’estensione dell’opera-fonte, in cui le scene umoristiche non sono certo rare, ma inserite in un contesto narrativo di tutt’altro genere. Sia chiaro: eliminare del tutto l’umorismo da un prodotto Disney non è certo possibile, e snaturerebbe il senso dei personaggi parodianti. Ma nel caso specifico è il gioco di contrappesi fra sole e tempesta, fra ossessione e slapstick, fra buio e luce ad apparire non del tutto riuscito. Confrontare Moby Dick con altre recenti parodie disneyane per vari motivi assimilabili a quest’opera, come Dracula di Bram Topker e Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde di Enna/Celoni/Andolfo, è quasi inevitabile. E in questo confronto l’approccio di Enna risulta più ardito, più immersivo e, in ultima analisi, maggiormente coerente e riuscito.
L’apporto di Mirka Andolfo ai colori è, come al solito, di ottimo livello, soprattutto per quanto riguarda la stesura delle ombre, che arricchiscono tridimensionalmente i personaggi e gli scenari. Solo in alcuni casi arrivano a coprire le chine e il tratteggio di Mottura, contribuendo all’atmosfera di incertezza che pervade l’opera. Proprio per questo, considerato la rilevanza del lavoro svolto, pare piuttosto incomprensibile l’esclusione del suo nome dalla copertina accanto a quello dei co-autori dell’opera, diversamente da quanto accaduto negli altri volumi della collana.
Guardando alcuni dei numerosi disegni a tecnica mista – acquerelli, gessetti e pastelli – presentati in coda al volume, ci si chiede quale sarebbe stato il risultato se Disney avesse osato di più. Per esempio affidando allo stesso disegnatore la colorazione o, viceversa, concedendo alla colorista ancora maggiori libertà. La sfida di una rilettura di Melville, in fondo, ruota anche intorno a questo: la ricerca di un compromesso fra la necessaria attitudine alla ‘chiarezza’ narrativa del fumetto e un approccio visivo alla straordinaria e immaginifica cupezza del Moby Dick letterario.
Moby Dick – Topolino Limited Deluxe Edition
di Francesco Artibani e Paolo Mottura
Panini Comics, 2016
80 pagine a colori, € 9,90