Alessandro Gottardo – in arte Shout – è uno degli illustratori italiani oggi più apprezzati. I suoi lavori si trovano sulle copertine di romanzi e sui poster di manifestazioni internazionali.
Da domenica 12 giugno, Shout è in mostra presso il festival bresciano Tra le nuvole (QUI maggiori informazioni su ospiti e programma), con una personale che ospita ben sessanta opere (venti le mostriamo in questa galleria).
In vista dell’inaugurazione della mostra – inserita all’interno di una manifestazione che guarda tanto al fumetto quanto all’illustrazione – abbiamo parlato con lui del suo lavoro, scoprendo anche che rapporto ha col fumetto.
Le tue illustrazioni, per quanto apparentemente minimali, raccontano molto. Narrare e illustrare vanno di pari passo, per te?
Le mie immagini partono sempre dalla comunicazione di un concetto o di un messaggio. Quelle che esprimono un concetto sono più asciutte e tendono a non avere una seconda chiave di lettura se non la traduzione metaforica del significato dell’articolo, del brief eccetera, quelle con un messaggio tendono ad essere più metafisiche e narrative per cui più aperte a interpretazioni. Le prime sono in genere più utilizziate nell’ambito di articoli per riviste e giornali, le seconde per le copertine di libri o poster. Poi ovviamente ci sono casi in cui le immagini sono un po’ questo e un po’ quello, il confine non è mai nero o bianco.
Che rapporto hai col fumetto?
Lo trovo affascinante e ogni volta che penso che qualcuno disegni così tante tavole in sequenza mi viene l’ansia e penso sia fenomenale. Io lavoro quasi sempre a immagine singola e già questo per me richiede un grande sforzo, fare decine tavole su un medesimo soggetto è qualcosa che non potrei mai fare. Insomma chi fa fumetto ha tutto il mio rispetto. La mia conoscenza di questo settore tuttavia temo sia insufficiente.
Ti è mai stato di ispirazione?
Lorenzo Mattotti mi è stato molto d’ispirazione, anche se sin da subito ho preferito la sua parte di illustratore a quella del fumettista. Però sarei insincero se dicessi di si, no, non penso mi sia mai stata d’ispirazione.
Ci sono fumettisti che ammiri?
Nella mia libreria ci sono Maus di Art Spiegelman, Watchmen e From Hell di Alan Moore, Asterios Polyp di David Mazzucchelli, Jeckill & Hyde di Mattotti e Kramsky, S di Gipi, e basta. Li ho adorati beninteso, ma non sono un compratore o un lettore assiduo.
Hai mai voluto realizzarne o hai mai provato?
No, non ho mai avuto questa tentazione, per i motivi di cui sopra e non penso che tenterò in futuro.
Con i tuoi lavori ti sei guadagnato le copertine di volumi di grandi scrittori, uno su tutti Raymond Carver. Quando lavori alla copertina di un romanzo o di una raccolta di racconti, come nasce l’ispirazione?
Carver è stato uno dei miei maestri. Un illustratore o un fumettista può avere maestri che non hai mai disegnato in vita loro, ma che hanno comunque comunicato storie bellissime tramite altre forme d’arte. Carver per me è stato fondamentale, quando mi chiesero se ero interessato a illustrare le sue raccolte che leggo e rileggo dall’età di 19 anni è stato bello e incredibile al tempo stesso. In questo caso ho lavorato ricordando le suggestioni che mi ha dato, in altri casi leggo le sinossi dei libri e comincio a schizzare partendo da quello.
È raro che legga un libro intero prima di illustrare una copertina, non c’è il tempo per farlo. Ma nel caso di Carver non è stato necessario perché è forse l’autore che ho letto di più insieme a Kundera, Hemingway, Fante e Maugham. In ogni caso leggo molto e di tutto, mi piace ed è anche un ottimo esercizio per sviluppare l’immaginazione visiva.
Cosa ti ispira maggiormente nel mondo del dell’illustrazione?
Non saprei, dopo 15 anni intensissimi dove ho realizzato migliaia di illustrazioni trovo ispirazione della mia vita. Da ciò che faccio, vedo, ascolto, annuso assaggio.
L’illustrazione è ormai un mondo senza più segreti per me, ma continua a piacermi sebbene la passione di quando avevo 20 anni sia un ricordo lontano.
Mentre in altre discipline, come musica, cinema, ecc?
Mi piace di tutto e cerco di nutrirmi il più possibile con la parte migliore che l’uomo produce, ossia l’arte. Musica strumentale, in particolare jazz ma anche classica, folk; di recente sono stato ospite del Savannah Music Festival in Georgia per cui ho realizzato il poster e ho goduto di 18 spettacoli dal vivo in 6 giorni. Esperienza magnifica. Vado più che posso a teatro, al cinema ovviamente, viaggio come un matto appena ho un week end libero, nutro ognuno dei miei sensi con voracità, cerci di fare esattamente la vita che voglio fare e questo mi è possibile grazie al mio lavoro.
Il tuo stile è ammirato e influente, molto anche nel mondo del fumetto. Ti rivedi in altri? Che effetto ti fa?
Io mio stile è a sua volta stato influenzato da grandissimi autori che mi hanno preceduto, Mattotti, Mattichio, Scarabottolo, Toccafondo, Giacobbe solo per citare quelli italiani ma dovrei citare anche diversi stranieri. Nessuno inventa nulla. Se il mio stile ha influenzato il lavoro di qualcuno ben venga, la cosa mi lusinga, ogni tanto però mi pare che più che influenzati alcuni giovani stiano copiando malamente senza metterci del loro.
Io consiglio sempre di dare credito ai professionisti da cui hanno attinto, così come faccio io ogni volta che mi capita di lasciare un intervista. Il motivo è semplice, se non si cita la fonte si passa dalla parte del torto, di un ladro che non vuole essere scoperto. Essere influenzati è naturale ed è anche importante, ma bisogna ringraziare chi viene prima riconoscendo il giusto tributo, è questione di rispetto, di onestà e di gratitudine, cosa che tutt’oggi io provo per i miei maestri senza i quali non mi sarei mai affermato in questa professione.