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Le guerre stellari prima di Guerre Stellari

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L’uomo giusto al momento giusto. È questa la ragione del successo di George Lucas con Star Wars. Il suo cult movie, andato a colmare un vuoto nella cinematografia del periodo, è il figlio perfetto dello spirito del suo tempo. Se si guarda la produzione della metà degli anni Settanta si nota che le “guerre stellari” erano molte e avevano successo già prima del 1977. Non nel cinema, però, che sfornava soprattutto storie distopiche ambientate in futuri cupi, come la prima opera di Lucas stesso, THX 1138 – L’uomo che fuggì dal futuro, bensì nel fumetto.

Il trailer di THX 1138 (1971), molto diverso dalle atmosfere di Guerre Stellari

È noto che Star Wars è stato un ripiego per Lucas: il suo sogno era girare un film su Flash Gordon, ma, ahimè, Federico Fellini e Dino De Laurentiis gli avevano soffiato i diritti pochi mesi prima. Orfano del suo personaggio preferito, il regista californiano decise quindi di inventarsi il “suo” Flash Gordon, quella storia strampalata di guerrieri spaziali e principesse da salvare che divenne poi Guerre Stellari.  Quasi per contrappasso, il film su Gordon fu girato soltanto dopo l’uscita di Star Wars, nel 1980, e proprio sulla scia del suo successo ne venne pesantemente influenzato. Il regista non era Federico Fellini, ma il meno noto Mike Hodges: la statura epica dei protagonisti si perse e il risultato fu un gioiello del trash.

Il Flash Gordon di Hodges chiude il cerchio: Gordon ispira Star Wars che ispira Gordon

Nato nel 1944, Lucas è troppo giovane per aver scoperto Flash Gordon, l’eroe spaziale inventato da Alex Raymond, sui supplementi domenicali dei quotidiani americani. La sua passione derivava piuttosto dal serial cinematografico interpretato da Buster Crabbe, una serie di film anch’essa proiettata nelle sale negli anni Trenta e Quaranta, ma poi replicata più e più volte alla televisione. In quel serial Lucas trovò la cristallizzazione di tutto quello che aveva imparato ad amare dai fumetti: avventure fantastiche, pianeti inospitali – in realtà uno solo, Mongo, ma così immaginifico da sembrare un universo intero –, eroi e affascinanti principesse in pericolo e creature aliene di mille forme e colori che lasceranno profonde tracce nella sua fervida fantasia.

L’influenza risulta palese, soprattutto nelle prime versioni della sceneggiatura di Star Wars in cui compaiono un pianeta chiamato Gordon e personaggi assai simili a quelli dell’universo inventato da Raymond, non ultimi fantastici uomini uccello che su Yavin rapiscono la principessa per consegnarla all’Impero. Man mano, riscrittura dopo riscrittura, le citazioni dirette scompaiono, diventando meno evidenti, fino a fondersi in una storia nuova e diversa.

Solo qua e là ne riaffiora qualcuna, come Cloud City, la città delle nubi di Lando Carlissian, che ricorda la città volante degli uomini-falco di Mongo, Chewbacca simile all’uomo-leone Thun, peloso e guerrigliero compagno di avventure di Flash, e, soprattutto, quello che è destinato a diventare uno dei simboli stessi di Star Wars: i titoli di testa che, scorrendo dal basso verso l’alto, si allontanano verso lo spazio profondo, presi pari pari da Flash Gordon Conquers the Universe (1940). Ma se ne potrebbero citare tantissimi.

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L’omaggio di Lucas a Flash Gordon, che divenne poi il marchio di fabbrica di Star Wars

Nella tavola domenicale di Flash Gordon del 25 agosto 1935, per esempio, troviamo un personaggio femminile, la regina Azura, vestita con un bikini metallico e un gonnellino provocante. Il pensiero di qualsiasi fan di Star Wars corre certamente alla mise di Leia quando è prigioniera nel palazzo di Jabba the Hutt, e probabilmente a ragione. Ma già Raymond stesso si rifaceva a un modello, ovvero alle principesse spaziali dei romanzi di John Carter, discinte e sensuali aliene rappresentate da artisti come Frank Frazetta. Protagonista di undici romanzi scritti da Edgar Rice Burroughs, il creatore di Tarzan, Carter è un semplice uomo che si ritrova all’improvviso sul pianeta rosso in mezzo a guerre tra razze aliene. Come Star Wars deriva da Flash Gordon, così Flash Gordon deriva da John Carter, che a sua volta, a ragion veduta, può essere considerato il capostipite di quel filone della fantascienza chiamato “space fantasy”, dove alle esplorazioni spaziali si preferiscono avventure su pianeti alieni fantastici e duelli all’arma bianca.

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Bikini metallici by Alex Raymond (1935), Frank Frazetta (1970) e George Lucas (1983)

Ancora una volta, nella nostra storia il cerchio delle citazioni e delle influenze si chiude in modo inaspettato. La Marvel acquisì più o meno nello stesso periodo i diritti per i fumetti di Star Wars e di John Carter, pubblicati entrambi dalla primavera del 1977. Ma se le avventure di Luke e compagni ebbero successo e durarono un centinaio di numeri, l’eroe di Burroughs non incontrò i gusti del pubblico e la serie si interruppe dopo poco più di due anni, lasciando alcuni episodi inediti.

Per risparmiare, una di queste avventure fu recuperata e “dirottata” sull’altra testata (Star Wars #53-54), dopo essere stata opportunamente ritoccata dal disegnatore titolare Carmine Infantino. La Principessa Leia finì così su un pianeta dove era in corso una guerra tra umani e alieni, combattuta con pistole laser, spade e lance, e conobbe il leader degli umani, un forte guerriero carismatico del tutto simile al buon vecchio John Carter.

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John Carter è come il maiale, non si butta via niente: disegni di Al Williamson, ritocchi “starwarsiani” di Carmine Infantino

Gli anni Quaranta e Cinquanta, in cui Lucas cresceva, sono stati anche il momento di massimo splendore della fantascienza classica. Erano gli anni di Arthur C. Clarke, Robert A. Heinlein, Isaac Asimov, Fredric Brown, Ray Bradbury, delle riviste con le copertine affollate di astronauti e di mostri alieni. I Sessanta, poi, furono la maturità del genere. Nel 1965 Frank Herbert pubblicò Dune, romanzo allucinato, letto e riletto da Lucas, ambientato su un mondo desertico dominato da un impero galattico, proprio come lo sarà poi Tatooine, il pianeta sabbioso che darà i natali a Luke Skywalker.

Nel 1966 verrà trasmesso per la prima volta Star Trek, uscito in sordina per esplodere col tempo. Nel 1968 due classici del genere, 2001: Odissea nello spazio e Il pianeta delle scimmie, dimostrarono che era possibile realizzare dei film di fantascienza con trame mature e ottimi effetti speciali. Lucas e molti suoi coetanei vivevano di quei racconti, di quei fumetti e di quei film e le loro carriere di narratori ne sono state profondamente influenzate.

Steve Englehart negli anni Settanta era uno dei giovani autori che stavano portando una ventata di novità in Marvel: sulla rivista antologica Marvel Preview creò un nuovo eroe spaziale chiamato Star-Lord, noto ora al grande pubblico come il leader dei Guardiani della Galassia. In lui riversò tutto il suo amore per la fantascienza, citando lo scrittore E. E. “Doc” Smith, l’eroe spaziale Perry Rhodan e Star Trek.

Passato a un altro sceneggiatore, l’inglese Chris Claremont, appassionato dei fumetti di Flash Gordon e Dan Dare, Star-Lord si ritrova a volare di pianeta in pianeta con la sua astronave senziente e a duellare in punta di spada con un perfido dittatore spaziale e un “Signore dei Sith”, nome che nei romanzi di John Carter indicava una razza di vespe assassine e che diventerà celebre proprio con la saga di Lucas, battezzando i perfidi seguaci del Lato Oscuro.

Richiami, eco e rimandi che testimoniano chiaramente quanto Lucas sia stato bravo a raccogliere tutto quello che disegnatori e sceneggiatori stavano seminando nella fantasia di una generazione che troverà in Star Wars la summa a dir poco perfetta del loro universo immaginifico.

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Né ape né cavaliere nero: il Sith di Star-Lord è un corpulento uomo-lucertola (disegni di John Byrne)

In Francia, al momento dell’uscita di Star Wars, due autori di sei anni più anziani di Lucas, Pierre Christin e Jean-Claude Mézières, stavano portando avanti da dieci anni le avventure spaziali di Valérian e Laureline, in cui troviamo atmosfere fantasy, un perfido cavaliere nero in armatura, un’astronave che assomiglia al Millennium Falcon e, ovviamente, una principessa in bichini dorato.

In L’Impero dei mille pianeti (1969), Valerian viene catturato e ibernato in una strana sostanza rigida molto simile alla grafite in cui è congelato Han Solo in L’Impero colpisce ancora (1980). Che Lucas si sia ispirato? Eppure la prima edizione in inglese di quella storia è del 1989…

guerre stellari valerian e laureline
“Et s’il mourait? Il a beaucoup de valeur pour moi!”

Nati rispettivamente nel 1940 e nel 1941, Francesco Guccini e Bonvi erano al pari di Lucas divoratori di romanzi (Urania) e di fumetti di fantascienza e, quando ne ebbero l’occasione, decisero di realizzarne uno loro. L’occasione si presentò sulla rivista Psyco nel 1970, su cui nacquero le Storie dello Spazio Profondo. Uno dei due protagonisti – ispirato a Guccini, si dice, perché l’altro, il biondo, è caricatura di Bonvi – è un robot senziente e saccente, molto simile per carattere a C3-PO, mentre una delle avventure si apre in un bar malfamato di uno spazioporto, frequentato dalla peggior feccia aliena. Agli spettatori italiani di Guerre Stellari che conoscevano il fumetto, e agli autori stessi, sorse il dubbio che Lucas avesse copiato la scena della Cantina!

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«In Guerre Stellari ci siamo goduti la scena del bar, esattamente come la realizzammo noi dieci anni prima» (Bonvi, dall’introduzione dell’Oscar Mondadori)

Ma è possibile che un regista californiano, che non conosceva l’italiano né il francese, venuto in Europa una sola volta sola per presenziare al Festival di Cannes, conoscesse Valérian oppure i fumetti di Bonvi? O ancora, che abbia influenzato o sia stato influenzato da un fumetto Marvel in lavorazione proprio mentre lui stava montando il proprio film?

Forse, molto più semplicemente, Lucas, Bonvi, Guccini, Claremont, Englehart, Christin e Mézières avevano letto gli stessi fumetti e gli stessi romanzi e visto gli stessi film – primi figli della globalizzazione – e ne erano rimasti condizionati. Ognuno di loro a modo suo ha distillato le influenze che discendevano da John Carter attraverso Flash Gordon, che arrivavano dai pulp e dai racconti, per creare un’opera nuova e affascinante.

E probabilmente questa origine comune è anche uno dei motivi del successo di Star Wars. Lucas ha scritto e diretto un film plasmato sul suo gusto e ha intercettato lo stesso desiderio di avventura e fantascienza cinematografica che bruciava l’anima ai suoi coetanei e che, fino ad allora, nessuno era riuscito a mettere su pellicola. Per dirla con Francis Ford Coppola, grande amico e sostenitore di Lucas: «Che limite se gli avessero venduto Flash Gordon!».


Questo articolo è tratto dal catalogo della mostra “Star Wars: Dal fumetto al cinema e… ritorno” in corso presso WOW Spazio Fumetto di Milano e aperta fino al 5 giugno 2016.

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