Ormai qualche tempo fa, avevo chiuso un articolo sulla storia della casa editrice Atlas/Seaboard con la vaga promessa di un seguito.
Ricorderete (forse) la storia di Martin Goodman e di suo figlio Charles detto Chip. Martin, fondatore della Timely, poi Atlas, poi Marvel, nel 1972 lascia l’azienda con una pensione da re. Quando però il figlio viene cacciato dai nuovi dirigenti, decide di creare una casa editrice di fumetti concorrente. Le premesse sono buone. Vengono assoldati i migliori autori sul mercato, da Neal Adams a Steve Ditko, con promesse di paghe più alte e contratti più favorevoli rispetto che in Marvel e in DC. La barca però fa acqua, tra l’incapacità dirigenziale di Chip, i suoi screzi con gli editor, i problemi di distribuzione e la qualità delle storie. La Atlas chiuderà dopo meno di due anni di attività. Martin e Chip non torneranno più a produrre comic books.
L’erede
Non deve essere semplice essere il nipote di un uomo importante come Martin Goodman. Jason, figlio di Charles, ha passato i primi anni della sua vita a fuggire da quell’ingombrante eredità. Possiamo immaginarlo cresciuto immerso nei racconti sulla grandezza del proprio nonno, fondatore nientemeno che della Marvel. Racconti che col tempo non riuscirà probabilmente più a sopportare, tanto da svendere «quella che sarebbe potuta diventare una delle collezioni di fumetti più preziose al mondo per, tipo, 20 $», come ha raccontato in una intervista del 2010 a Newsarama.
Ma come in tutti i racconti sulle eredità, il richiamo del sangue è troppo forte perché gli si possa resistere. Nel 2010, a 35 anni dalla chiusura della Atlas/Seaboard, l’ombra di Martin scende su Jason e lo spinge a tornare alla terra natìa: produrre albi a fumetti. Non ha però alcuna esperienza nel settore e si allea con Brendan Deneen, editore della Ardden Entertainment, che pubblica le nuove avventure di personaggi classici come Flash Gordon e il fantasmino Casper. Editor-in-chief della Ardden è J.M. DeMatteis, veterano di Marvel e DC. Nelle loro sapienti mani, Morlock 2001, The Cougar e i loro compagni avrebbero avuto finalmente il successo che meritavano!
Jason Goodman intervistato al NYCC del 2011
Jason, infatti, non porta con sé solo il nome Atlas, ma un pacchetto di personaggi i cui diritti non sono passati agli autori al momento della chiusura della casa editrice. Due di loro vengono ritenuti più interessanti degli altri per la prima fase del rilancio dell’etichetta: The Grim Ghost e Phoenix. Al New York Comic Con dell’ottobre 2010 vengono presentati i numeri #0 delle due testate, la cui uscita ufficiale è prevista per la primavera successiva. Tra i nomi coinvolti: Steve Niles, Dean Zachary, Nat Jones, Tony Isabella e Kelly Jones.
Nell’immagine qui sotto, i lettori più attenti noteranno una differenza tra i loghi del numero #0 e del numero #1. Come mai Atlas Comics, con una bella ‘A’ maiuscola stilizzata proveniente dritta dritta dagli anni Settanta, si è tramutata nel più scialbo logotipo Atlas Original?
Nel tardo autunno del 2010 a Jason Goodman non resta che una formalità, ovvero registrare a suo nome il marchio che fu di suo nonno. Chiede perciò agli avvocati della sua azienda, Nemesis Group Inc, di effettuare la richiesta ufficiale. I legali tornano da lui con una notizia sconvolgente: qualcun altro possiede già il nome Atlas Comics.
L’usurpatore
Un tale di nome Jeffrey Stevens aveva preso contatti con Jason Goodman nella prima metà degli anni Duemila per acquisire i diritti dei personaggi Atlas/Seaboard. Il prezzo proposto, tuttavia, era parso elevato e i due non conclusero l’accordo. Stevens decise quindi di creare nuovi personaggi per una piccola casa editrice che aveva intenzione di fondare: la Atlas Comics.
A differenza di Goodman, Stevens aveva fatto tutto secondo le regole. Una volta aperto nel 2002 il sito internet atlascomicsgroup.com per vendere e promuovere le sue pubblicazioni, aveva chiesto di registrare il marchio Atlas Comics e, poiché nessuno si era opposto alla richiesta, pubblicata regolarmente nella Trademark Official Gazette degli Stati Uniti, nell’ottobre 2005 ne aveva ottenuto legalmente i diritti.
Da quel momento, il proprietario del fresco marchio Atlas si era sentito così sereno sul proprio operato da minacciare addirittura di fare causa alla Marvel quando, nel 2006, questa pubblicò una miniserie intitolata Agents of Atlas. Nonostante non avesse mai ricevuto risposta, Stevens era convinto che i dirigenti della Casa delle Idee avessero preso tremendamente sul serio la sua lettera, tanto da chiudere la serie dopo 6 numeri…. dei 6 annunciati.
Ma che fumetti pubblicava Stevens, se non poteva utilizzare i personaggi Atlas perché di proprietà (quelli sì!) di Goodman? Questa è la parte più bizzarra della vicenda: non lo sa nessuno.
Fino a quando è rimasto attivo, il sito atlascomicsgroup.com pubblicizzava tre serie, dagli affascinanti nomi di Creole Science Action, Astro Pygmy, Psichic Octopus Jr. e The Shoymer. I lettori potevano ordinare gli albi pagando in anticipo in contanti o assegni, da spedire a un indirizzo di Newark, nel New Jersey. Nonostante le ricerche compiute da Daniel Best, titolare del blog 20th Century Danny Boy, a oggi non è stato trovato un solo esemplare delle tre serie citate. Le uniche testimonianze dei fumetti di Stevens sarebbero i seguenti volantini pubblicitari, che dovrebbero – il condizionale è d’obbligo – essere stati distribuiti nel 2004 al MoCCA Festival.
Lo scontro
Quando nel corso di quell’intenso 2010 scopre che il nome della casa editrice di suo nonno è in mano a un perfetto sconosciuto, Jason Goodman va su tutte le furie e scatena i suoi legali. Stevens, probabilmente, si aspettava una semplice offerta economica, ma i legali della Nemesis attaccano duramente: vogliono la cancellazione completa dei suoi diritti sul nome Atlas Comics. La loro richiesta si basa sul fatto che Stevens non avrebbe fatto nulla per diffondere il marchio, che il sito non viene aggiornato dal 2007 e che, come se non bastasse, non esisterebbe nessun albo pubblicato di Psichic Octopus Jr.
Un’accusa simile dovrebbe essere facile da smontare. Peccato che Stevens, invece di presentarsi in tribunale con una scatola di comic books, scompaia. Non risponde al telefono. Non risponde alle lettere. Quando infine si fa vivo, indica come suoi testimoni Jeff Rovin – ovvero l’editor della Atlas/Seaboard degli anni Settanta –, J.M. DeMatties, Richard Emms e Brendan Deneen della Ardden Entertainment e Jason Goodman stesso!
La sua difesa principale, però, si basa sull’assunto che Goodman non abbia alcun diritto ereditario sul nome, mentre lui l’ha legalmente registrato e utilizzato per vendere e promuovere fumetti dal 2005. I quali fumetti, tuttavia, non sono ancora emersi alla luce del sole.
La caduta
Mentre infuria la battaglia legale, Goodman è costretto a ripensare al suo progetto di rinascita della Atlas. Non per il cambio del logo o per altri strascichi legali, ma per lo stesso motivo che aveva portato alla chiusura suo nonno Martin: le scarse vendite.
Purtroppo, nonostante l’interesse iniziale, i fumetti Atlas/Ardden non ottengono il successo sperato e l’impresa si spegne dopo 6 albi a testa per Grim Ghost, Phoenix e Wulf, e dopo 2 per il crossover Atlas Unified. Da un certo punto di vista è un piccolo successo, considerando che le serie degli anni Settanta non erano durate più di 4 numeri. Il piano di Jason Goodman e di Brendan Deneen, che nell’intervista a Newsarama parlavano addirittura di progetti cinematografici, subisce una battuta d’arresto.
Deneen, commentando un post del 15 gennaio 2016 nel gruppo Facebook ufficiale della casa editrice (ex Ardden, ora Scout Comics), ha dichiarato:
I numeri #0 furono accolti con molto entusiasmo al NYCC. Nei mesi seguenti, però, vari autori consegnarono in ritardo, ci furono delle divergenze creative interne, e ci eravamo introdotti in un mercato competitivo. Sfortunatamente, qualsiasi sia stato il motivo, le vendite calarono in modo significativo, e Jason decise di fermarsi a riprendere fiato, riorganizzarci e riorientarci.
The #0 issues were met with a lot of enthusiasm at NYCC. Over the ensuing months, however, a number of the creators were late delivering material, there were some internal creative differences, and we were selling into a challenging marketplace. Unfortunately, for whatever reason, sales declined in a significant way, and Jason decided to take a breather, to regroup and refocus.
Finale
La storia sembra avviata a una qualche conclusione nel 2014. Il tribunale emette una sentenza che alcuni potrebbero ritenere persino un nuovo colpo di scena. I giudici, infatti, condannano Jason Goodman, dichiarando che Jeffrey Stevens è il solo proprietario del marchio Atlas Comics. È dell’agosto dello stesso anno la notizia che sembra mettere davvero la parola fine sulla vicenda. Stevens cede infatti il nome Atlas Comics alla Dynamite di Nicky Barrucci, che negli ultimi anni ha “collezionato” decine di marchi registrati di comics. La sua casa editrice, infatti, è specializzata nel ramazzare vecchi personaggi e sigle editoriali ormai estinte – da Buck Rogers a Dan Dare, o dai cataloghi Gold Key a Chaos! Comics – e rivitalizzarli.
Ma Jason Goodman non si arrende. E pare stia lavorando per preparare una ‘vendetta’ degna di suo nonno. Un mese fa, il 10 febbraio 2016, la Nemesis Group Inc ha registrato anch’essa il marchio Atlas Comics, non solo per i comic books, come è per quello di Stevens e posseduto ora da Dynamite,
bensì per tutta una serie di categorie che vanno dal cinema alle tazze, dai videogiochi a gettone agli adesivi in rilievo per automobili. Per scoprirli tutti, basta ricercare “Atlas Comics” nel motore di ricerca dell’ufficio preposto del Governo degli Stati Uniti, cliccando questo indirizzo.
Diciamo che non mi stupirei se, tra qualche anno, Jeffrey Stevens venisse investito da una macchina, e l’ultima cosa che vedesse fosse un adesivo del Grim Ghost…