Nel novero delle (molte) pubblicazioni di quest’anno, probabilmente Max Winson (Bao Publishing) non verrà ricordato come il miglior graphic novel dell’anno. Eppure c’è così tanta sostanza, qualità e aspirazione in quest’opera da ritagliarle un ruolo di una certa importanza.
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Partiamo dall’autore, perché autore e personaggio hanno parecchie cose in comune, specie nella precocità di una capacità eccezionale. Vediamo in che senso: Jérémie Moreau è un giovane disegnatore francese. Nato nel 1987 ha esordito a soli otto anni partecipando al Concours de la bande dessinée di Angoulême. Ne ha sedici quando quel concorso lo vince. Un enfant prodige, dunque. Collabora con Wilfrid Lupano, il geniale sceneggiatore di Un oceano d’amore (Renoir Edizioni), disegnando La scimmia di Hartlepool (Tunué), candidato alla Sélection Jeunesse sempre ad Angoulême e vincitore del Premio Speciale della Giuria a Lucca Comics & Games 2015.
Max Winson racconta la storia di un giovane ragazzo, cresciuto sotto l’ombra tirannica del padre-padrone, e che ha costruito ogni elemento della propria esistenza intorno a un solo fine: vincere tutto e tutti nel gioco del tennis. E così è: a poco più di vent’anni Max non ha mai perso un incontro ed è talmente eccezionale nel suo gioco da impoverire il senso stesso dello scontro con un avversario. Almeno fino a quando una serie di fattori non rivoluzionano il suo modo di vedere il tennis e la vita.
Naturalmente Max Winson non è Jérémie Moreau, ma la precoce esposizione all’attenzione critica e pubblica avvenuta nei rispettivi ambienti è un chiaro cenno autobiografico da parte dell’autore, che nei ringraziamenti ci tiene a specificare che i suoi genitori non lo hanno mai costretto a passare ore e ore a disegnare. Ciò che conta, sin da subito, è la partecipazione che Moreau mette nel creare un personaggio solo apparentemente freddo e distaccato. A dare una parvenza di reale alla storia narrata è, piuttosto, la vicinanza di Max a un grande di questo sport, quell’Andre Agassi il cui rapporto con il padre/allenatore è molto simile a quello del protagonista di questo fumetto.
Max Winson è il primo graphic novel in cui Moreau è autore completo, e lo stile che adotta si allontana da quello utilizzato per La scimmia di Hartlepool, dichiarando un ovvio amore per il manga sportivo (spokon). Il risultato è l’ennesima prova delle incredibili doti di questo giovanissimo autore, una sorta di ibrido che mescola la dinamicità e il bianco e nero del manga con le suggestioni tipiche del fumetto franco-belga. La bellezza di Max Winson è anche questo: la capacità di dar corpo in maniera semplice ma intelligente al tempo stesso alle idee che dominano il corpus dell’opera. L’uso della metafora è lo strumento privilegiato per raccontare le difficoltà e i drammi del giovane Max, e Moreau coglie in alcune tavole un profondo senso di sofferenza con trovate di grande impatto scenografico, emozionale e significante.
Il volume è diviso in due macro-capitoli in cui l’approccio cambia in favore della dimensione narrativa. Nel primo, intitolato non a caso “La tirannia”, si racconta di Max e del suo vivere in maniera asettica l’essere diventato un’icona. Ma soprattutto il suo difficile rapporto con il padre e, di conseguenza, con la sfera emotiva umana. Il secondo capitolo, intitolato “Lo scambio”, racconta della sua rinascita. Se lo stile grafico è lo stesso, muta però il modo in cui Moreau descrive l’universo circostante e, soprattutto, ridisegna il disagio di Max nei confronti di se stesso e del mondo. Ciò che convince del primo capitolo è soprattutto la fotografia di un mondo in cui l’effimero è innalzato a icona mediatica e, immediatamente, in simbolo sociale. Da questo punto di vista, che a mio parere rappresenta la grande forza dell’opera, Max Winson intraprende un percorso concettualmente simile a quello intrapreso in Whiplash, il film diretto da Damien Chazelle in cui il giovane Andrew supera i limiti dell’umanità per coincidere (idealmente ma anche fisicamente) con la perfezione, spinto da un insegnante altrettanto folle (un magnifico J. K. Simmons). Nella seconda parte Moreau devia per risolvere la storia in una forma diversa. Forse più poetica, sicuramente più conciliante.
La scorrevolezza e l’effettiva bellezza delle tavole sono senza dubbio elementi di spicco, per Max Winson. Ma a conti fatti, quel che rimane in testa è il senso di libertà espressiva che chiude l’opera, una catarsi esistenziale che contiene sì la bellezza di una rinascita ma anche le zone d’ombra di un incubo, in cui l’annullamento del sé è un tassello ineliminabile dal tragitto esistenziale del protagonista.
Max Winson
di Jérémie Moreau
Bao Publishing, 2016
327 pagine, 23,00 €