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Don Rosa ™

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Nelle scorse settimane, uno dei temi caldi dell’attualità fumettistica italiana ha riguardato una nuova edizione delle storie disneyane di Don Rosa, e l’annuncio della presenza dell’autore a maggio 2016, per il prossimo Napoli Comicon. In particolare, la notizia era relativa alla ristampa del ciclo di storie che ha reso celebre Rosa, ovvero la Saga di Paperon de’ Paperoni (Life & Times of Scrooge McDuck), smentita però dalla pagina Facebook ufficiale di Don Rosa e in seguito riconfermata.

Don Rosa
Don Rosa

Tuttavia, in questo ultimo update, Jano Rohleder, curatore della pagina di Don Rosa, ha scritto:

But there are as yet no formal agreements with Don [Non c’è alcun accordo formale con Don].

E ancora:

It’s not clear as to how far Don will be involved with this [Non è chiaro quanto Don sarà coinvolto in questo (nella ristampa, NdR)].

A oggi, l’unica notizia certa è la ristampa di Sua Maestà de Paperoni (His Majesty, McDuck) all’interno del primo numero del nuovo corso del mensile Uack, in uscita ad aprile 2016, e Zio Paperone e i guardiani della biblioteca perduta (Guardians of the Lost Library) sul mensile Topostorie dello stesso mese, entrambe annunciate sull’ultimo numero del catalogo del distributore specializzato in fumetterie PAN Distribuzione, ovvero il magazine ‘Anteprima’.

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L’ultima edizione italiana della Saga, risalente al 2004, è quella nei Classici del Fumetto di Repubblica – Serie Oro

Come mai questo andirivieni di notizie confermate e smentite? E perché Don Rosa sembra poter gestire le ristampe delle sue opere, mentre tutti gli altri autori Disney no?

Il modello Disney

Alla base di tutto c’è il sistema di regole e prassi con cui Disney Company gestisce i diritti d’autore. In estrema sintesi: i fumettisti che, in diverse nazioni, scrivono o disegnano storie con i personaggi Disney, lavorano per licenziatari e non direttamente per la casa madre. Il loro lavoro, inoltre, viene retribuito per tavola prodotta, e non “a forfait”. Gli autori disneyani non godono quindi di diritti sulle ristampe, e dunque di anticipi o di bonus in caso di opere di particolare successo.

In teoria, nemmeno operazioni particolari legate a Mickey Mouse e soci fanno eccezione. Questa condizione e metodo di lavoro, che accompagna pressoché da sempre il fumetto Disney, è generalmente accettata, sebbene non sempre gradita, da tutti gli autori. Lo stesso Don Rosa ha sempre lavorato in questo modo per il suo editore – ovvero, licenziatario – di riferimento, la danese Egmont, almeno finché le sue storie sono state ristampate insieme a quelle degli altri autori disneyani, senza enfasi particolare né distinzioni relative alla sua ‘firma’.

La nascita del ‘marchio personale’ 

Ad un certo punto, una ventina di anni fa, i licenziatari Disney di vari paesi hanno iniziato a pubblicizzare volumi e serie interamente dedicate alle sue storie. Ciò che vendevano non era più semplicemente Zio Paperone, ma “lo Zio Paperone di Don Rosa”. Il nome dell’autore era diventato un marchio di qualità, che faceva vendere di più grazie peraltro al gran seguito di fans che si era creato.

Il punto nasce da questa nuova situazione. Che Don Rosa ritiene ingiusta, e che inizia ad affrontare cercando qualche soluzione per tutelarsi. Non avendo diritti sui personaggi o sulle storie, decise dunque di tenersi saldamente ciò che era solamente suo – e che gli editori sembravano ambire: il suo nome e cognome. Dal 28 gennaio 2005, con numero di pratica 004262747, il nome Don Rosa è marchio registrato in tutta l’Unione Europea e in gran parte del mondo. Ovvero, nessuno può utilizzarlo per scopi commerciali senza il permesso del proprietario.


Don Rosa nel suo “regno” paperoniano

Ecco dunque spiegato il perché la questione della ristampa di Lo$ (Life & Time ecc ecc, così come la chiamano i “donrosiani”) sia diventata così complicata. Né Panini né Giunti, che detiene i diritti Disney in Italia per il mercato librario, dovrebbero poter pubblicare serie volumi collane dedicate a Don Rosa™ senza coinvolgerlo.

D’altra parte, Don Rosa™ dichiara di non aver registrato il suo nome per lucrarci. Non chiede le royalties, ma un compenso fisso annuale in cambio dell’utilizzo del suo nome. Nel suo lungo articolo del febbraio 2013, in cui spiega ai suoi fan il motivo del suo ritiro, Don Rosa™ ha scritto:

«Poiché il mio intento era principalmente di mostrare che volevo una forma di controllo sull’utilizzo del mio nome e sulla curatela del mio lavoro, la cifra che chiesi a Egmont fu esattamente la metà di quella che l’agente mi aveva raccomandato. Immaginavo che in questo modo avrei mostrato a Egmont che ero serio, ma che non stavo provando a strozzarli.»

Don Rosa
Un volume pubblicato in nord Europa da Egmont della serie Hall of Fame, dedicato a Don Rosa

Ciò che sembra interessare a Don Rosa™ non è quindi il denaro bensì il diritto di decidere come debbano essere stampate le sue opere quando vengono pubblicizzate usando il suo nome. Desidera che la colorazione delle storie rispetti i colori scelti da lui e che le traduzioni siano accurate e prive di refusi. Desidera avere voce in capitolo sulla curatela dei volumi e l’utilizzo per la parte editoriale di una serie di articoli pubblicati sull’edizione integrale danese delle sue opere. Richieste tutt’altro che peregrine, va detto, in gran parte dei casi.

A dimostrazione che la limitazione imposta da Don Rosa™ riguarda solo i volumi con il suo nome in copertina, le sue storie sono state ampiamente pubblicate in collane antologiche anche dopo l’introduzione del trademark e a lui correttamente attribuite. È errata, quindi, la dichiarazione di Don Rosa™, all’interno dello stesso articolo del 2013, in cui indica l’Italia tra i paesi che attribuiscono le sue opere a un autore anonimo.

O meglio, questo ci risulta sia accaduto in realtà per due storie pubblicate su Mega 3000 nel 1993 e nel 1994, molti anni prima della registrazione del nome. Semplicemente, su quella testata vigeva ancora la (barbara) usanza di non indicare i nomi degli autori.

Zio Paperone 186 e 191, i primi albi italiani a pubblicare storie di Don Rosa dopo l'introduzione del trademark
Zio Paperone 186 e 191, i primi albi italiani a pubblicare storie di Don Rosa dopo l’introduzione del trademark

La questione Don Rosa™ è dunque un caso anomalo nell’editoria Disney. Se la Egmont ha accettato subito queste richieste, altri editori licenziatari sembrano tutt’ora piuttosto restii. Che sia per una questione di principio, che sia per una questione politica – la paura che Don Rosa™ faccia da apripista ad altri – o che sia perché alcune delle sue richieste/pretese suonano eccessive, a oggi nessun editore italiano sembra voler scendere a patti con Don Rosa™.

I “donrosiani” dovranno quindi aspettare per vedere un’edizione integrale che porti il suo nome in copertina, o anche soltanto per leggere la Saga pubblicata come Dio – pardon, Don Rosa™ – comanda.


*Si ringrazia Francesco Gerbaldo per la consulenza.

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