Pubblicato originariamente nel 2006 con il titolo Icarus dall’editore svizzero Atrabile, Rosso oltremare è tornato in una nuova edizione sugli scaffali delle librerie sempre per l’editore italiano del fumettista Manuele Fior, Coconino Press/Fandango.
In Rosso oltremare, Fior mette in scena l’ossessione del giovane architetto Fausto per il rigore e l’ordine e la disperata impresa della sua Silvia di strapparlo alla pazzia. Il tutto è incorniciato in un contesto carico di rimandi alla mitologia classica, che da metafora e sogno straborda intrecciandosi con la vita reale, rendendo tutto indistinguibile ed ambiguo. A detta dello stesso Fior, Rosso oltremare è un’opera irrisolta:
«[Rosso oltremare] è un libro irrisolto. Se potessi tornare indietro cambierei un sacco di cose, perché ci sono alcuni problemi con la storia. Non è chiaro cosa il labirinto rappresenti davvero. L’ho inserito nel libro perché ero affascinato da quel particolare immaginario mitologico: il minotauro, il rapporto tra padre e figlio… e il Labirinto pensavo fosse un ambiente interessante dove mettere in scena parte della storia. A volte posso analizzare solo a posteriori le cose che faccio perché all’inizio, non c’è un’idea, un progetto teorico o una cornice, ma solo il desiderio di entrare in un enigma cercando di districarlo dall’interno. In Rosso oltremare non ci sono riuscito.»
L’umile dichiarazione di fallimento dell’autore in realtà svela l’interessante nucleo concettuale del racconto. Il delirio e lo stordimento di Fausto lo conducono in un territorio sghembo e ancipite in cui le prigioni del Piranesi sono infestate dalle raccapriccianti creature della pazzia di Goya. La bicromia sanguigna si incendia in un espressionismo feroce in cui gli spettri della materia di Mattotti si incrociano con il minimalismo oltranzista del Mazzucchelli del periodo Rubber Blanket: flirtando con il geografo di Discovering America e anticipando gli spazi neo-platonici di Asterios Polyp.
Quando «il cervello scivola sul bordo della ragione», lo spazio in cui la mente di Fausto sconfina è abitato da forme geometriche che si arrovellano su se stesse, esauste e pronte ad accartocciarsi mettendo in forse secoli di norme e regole. La scelta di Fior di rappresentare l’anelito alla proporzione attraverso il Modulor di Le Corbusier è già sintomatico della deformazione contemporanea del concetto di proporzione: l’uomo vitruviano è soppiantato dall’eccentrico uomo disegnato dall’architetto francese. Un uomo alto 183 cm le cui proporzioni sottostano a rapporti matematici che ne tracciano la figura incerta e deforme. Una deformità condivisa con il custode del labirinto: Asterione. Fior pur scegliendo il più borgesiano dei temi – il labirinto – resta fedele alla caratterizzazione bestiale del Minotauro, una presenza che appare di soppianto, tratteggiata con ferina bestialità.
Nello spazio polisemico del labirinto, realtà e mito si incontrano per tracciare uno spazio fatto di riflessi. Ecco il secondo tema borgesiano: gli specchi. Icaro e Fausto sono facce della stessa medaglia, condividono un destino e sono appesi ad un fioca speranza incarnata dall’evanescente figura di Silvia. Fior cerca di coprire l’ampio spettro del femminile: dalla dolcezza esangue e materna di Silvia alla spregiudicata nudità della megera Martha, in cui si assommano istanze di matrice folkloristica. E qua che la storia incomincia a sgranarsi, perdendo compattezza e sfilacciando l’ordito per correre verso un rasserenante finale che fa nuovamente divergere mito e realtà.
Fior insegue suggestioni che si biforcano e che errano sino a smarrirsi: intuisce l’importanza della figura mefistofelica, ma non l’indaga sino in fondo, preferendo una più lineare risoluzione romantica. Eppure la grande verità del Faust di Goethe è la figura mefistofelica del diavolo custode:
Goethe, rimeditando di continuo sul Faust, si persuade gradatamente del contrario: che la salvezza consiste nel vivere il farsi reale della natura, attraverso un operare paziente, grazie a cui le cose si formano […] Mefistofele, dunque, è decisivo nell’aiutare Goethe ad accettare la legge del tempo, mentre trascorre dall’esaltazione al fervore e addirittura alla rassegnazione, ma senza ma cadere nella disperazione […] Goethe è sempre sull’orlo della cascata…e se non ci fosse Mefistofele a trattenerlo, si precipiterebbe giù per le rocce come una cascata, o sparirebbe nell’acqua immobile come Narciso. Al contrario, in tensione col pericolo dell’acqua, si forma in lui la base solida del granito. (da V.Mathieu, Goethe e il suo diavolo custode, Adelphi, Milano 2002, p.117).
Eppure, nella sua irresolutezza Rosso oltremare anticipa la poetica dell’elusione di Fior: quel dire le cose a metà lasciando uno spazio (bianco) aperto che il lettore è chiamato, collaborando con l’autore, a colmare – sulla traccia di indizi ed echi silenti – con idee e suggestioni: letture che come glosse, in maniera promiscua, germinano sui bordi.
P.S. Rileggere Rosso oltremare è utile per capire come si è evoluto lo stile di Fior. Dal tratto forzatamente personale di Le Gens le Dimanche, Fior in Icarus incomincia ad approcciare il colore sino a lasciarlo esplodere in Cinquemila chilometri al secondo. Dal realismo secessionista de La Signorina Else – prima e vera propria prova di talento – al citazionismo sci-fi in toni di grigio del L’intervista, sino al nuovo Le variazioni d’Orsay, Fior consolida un legame con l’arte sulla base non di un desiderio imitativo, ma di una palese omaggio, che mostra al di là di tutto l’inafferrabile identità del Fumetto.
Rosso oltremare
di Manuele Fior
Coconino Press, 2015
144 pagine, 17,50 €