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Le tendenze dei supereroi nel 2015

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‘Non si scappa dai supereroi’ era stata la lezione impartita dall’ultimo vincitore degli Oscar, Birdman, il meta-film che rifletteva, tra le altre cose, sul rapporto che il cinema ha con i miti moderni. Le conclusioni erano estremamente critiche e il suo regista, Alejandro González Iñárritu, aveva definito i supereroi parte di un «genocidio culturale».

Michael Keaton birdman
Michael Keaton in ‘Birdman’

Nel 2015 la figura del supereroe ha comunque dominato il panorama (audio)visivo. Sarà banalizzante dirlo (perché i movimenti dell’industria culturale sono più complessi di quanto una frase di lancio voglia far credere), ma è stata la questione femminile a tenere banco tra i supereroi, tanto nei fumetti quanto al cinema e in televisione. Un aspetto che ha reso possibili titoli di giornale un tempo impensabili come 5 anni fa la Marvel aveva zero testate con protagoniste donne, ora ne ha 17 (cosa peraltro falsa: cinque anni fa c’erano 9 titoli al femminile).

Com’è cambiato il mercato

Gli editori hanno cercato di differenziare la propria offerta con operazioni indirizzate a un pubblico più vasto e variegato – non necessariamente lettori assidui di fumetto –, con l’intento di incrementare le vendite. Scelte che proseguono il fortunato trend che nel 2014 ha visto diventare Thor una donna e Capitan America di uomo di colore. Un esempio sono state le variant cover di Marvel Comics ispirate a famosi dischi hip-hop. Un altro è stato il lancio di A-Forcela nuova testata Marvel che presenta un team di Vendicatori tutto al femminile. Operazioni in parte riuscite, ma non senza contestazioni e polemiche. Quello che si evince da queste mosse editoriali è che le dinamiche all’interno dell’industria e del mercato del fumetto stanno cambiando.

Cambia chi i fumetti li legge, chi li scrive e anche chi li vende. L’associazione tutta al femminile The Valkyries è una delle realtà che si sta imponendo nel settore dei rivenditori; dove prima autrici come Mary Jo Duffy, Ann Nocenti e Gail Simone erano sparute eccezioni, ora Kelly Sue DeConnick e compagne sono la norma. E una delle migliori serie dell’anno (che vede protagonista una ragazza) è stata scritta proprio da una sceneggiatrice. D’improvviso la previsione fatta da Scott McCloud una decina d’anni fa («maggioranza di artisti donne entro il 2024») non sembra poi così impossibile.

Grafica di Rob Salkowitz / Eventbrite, © Washington Post
Grafica di Rob Salkowitz / Eventbrite, © Washington Post

«La parità è scesa su di noi» scrive il Washington Post, supportato dai rilievi di Rob Salkowitz, autore di Comic-Con and the Business of Pop Culture, che ha confermato che la parità di genere, almeno nel numero di appassionati che frequentano le fiere, è stata raggiunta. «I fumetti, i videogiochi e il collezionismo sono a prevalenza maschile, mentre nel mondo orientale e nel fantasy c’è una leggera maggioranza di pubblico femminile». Non che la cosa influisca particolarmente sui consumi, perché uomini e donne hanno «schemi di spesa simili» e, se proprio, quelle con una passione più duratura sono le donne.

Se lo sdoganamento del nerd ha portato alla piaga del falso appassionato – maschio o femmine, non fa differenza – con deriva tuttologa, c’è di buono che l’apertura della nicchia ha portato almeno in parte a una crescita di pubblico femminile. La giornalista Heidi MacDonald ricorda che questa spaccatura del pubblico rappresenta un ritorno, più che uno sdoganamento. «Se guardiamo a come erano pubblicizzati i fumetti negli anni Quaranta appare chiaro che interessassero a maschi e femmine in ugual misura. L’idea che le ragazze non leggano fumetti è un’invenzione del direct market tra gli anni ottanta e i duemila». Quello che è cambiato è la percezione e di conseguenza il modo in cui gli editori «ora tengono conto di un pubblico più largo. Un sacco di cose accettate quando il settore era solo maschile, ora non vanno più bene».

Cinema e televisione

Il 2015 è stato relativamente modesto per i cinecomics (quest’anno abbiamo visto più trailer dei prossimi film – sei – che pellicole vere e proprie – quattro), nessuno dei quali ha fatto stracciare le vesti alla critica o al pubblico. Ed è stato modesto perché la pianificazione a lungo termine (Marvel e Warner hanno annunciato ben 36 film da qui al 2020) ha assunto i connotati di una visione molto ristretta, casalinga e monosapore. Questa monotonia è utile alla compattezza, a sua volta conseguenza del vero cambiamento dei cinecomics 2.0, una rivoluzione meno di contenuti e più di forma. Adottando il modello televisivo, gli universi narrativi stanno diventando colossali serie tv. E mentre i film fingono di alzare l’asticella, quando in realtà stanno annacquando la loro narrazione in favore della serialità, le serie acquistano la fattura di pellicole da New Hollywood, quando ogni riga di dialogo era una presa di posizione, un’istanza forte da buttare in pasto al pubblico.

Krysten Ritter nel ruolo di Jessica Jones
Krysten Ritter nel ruolo di Jessica Jones

Oggi, produzioni come The Flash, Arrow o Powers non avranno l’incidenza che pellicole come Easy Rider hanno avuto negli anni Sessanta, ma per ogni Agents of Shield che affonda la barca c’è un Daredevil a controbilanciarla. Netflix, il colosso dello streaming, ha visto maturare i frutti di un accordo siglato nel 2013 con la Marvel. Quest’anno sono uscite le prime due serie supereroistiche che di supereroistico in realtà hanno ben poco: Daredevil e Jessica Jones, sceneggiati duri, connotati da uno sguardo terra terra – anche fisicamente, vedi l’abbondanza di inquadrature dal basso di grattacieli e palazzoni in Jessica Jones – e da uno stile in controtendenza con la frivolezza dei film Marvel, nel tentativo di prendere sul serio sé stessi e i fan. «Se i supereroi dovranno diventare il modello di cultura dominante, è meglio che si producano in esempi alti di questa forma» scrive Jeet Heer. «Prodotti come Daredevil e Jessica Jones hanno mostrato che i supereroi possono elevarsi dalla solita merda che Birdman fa piovere dall’alto».

Tra le serie tv spiccano, di nuovo, due prodotti che trattano personaggi femminili. Di solito quando sono le donne ad avere i superpoteri, il loro iter è sempre più tormentato rispetto a quello dei colleghi. In Avengers: Age of Ultron, scopriamo che la Vedova Nera è diventata una paladina del bene a un grande costo. Jessica Jones è la prosecuzione perfetta di questo discorso. La protagonista interpretata da Krysten Ritter ha un rapporto conflittuale con la propria identità da supereroina, è un accrocchio di ansie e paure. Ma di tutti i prodotti, l’ultimo che si pensava potesse uscire da questi schematismi era Supergirl, una serie che abbassa ogni minuto le aspettative del pubblico fino a rendere il minimo guizzo un gesto di avanguardia pura.

Eppure Supergirl affronta la questione del femminismo meglio di quanto non faccia Jessica Jones AKA “la sofferente”, mettendo in scena un dibattito semantico sul nome dell’eroina, su quanto sia appropriato chiamarla ‘girl’, invece che ‘woman’ e su quanto, in fondo, essere ‘girl’ è una cosa di cui non ci si dovrebbe vergognare. In più, abbandona le uggiosità della Jones, proponendo un’alternativa all’archetipo femminile. «Kara non vede i suoi poteri come una mostruosità o un peso» scrive Dave Itzkoff sul New York Times. «Anzi, se li gode. Qualunque cosa stia facendo, emana sorpresa ed entusiasmo nei confronti delle abilità in dote. […] Avere più poteri, assicura Supergirl, è un grande spasso.» Certo, come ogni percorso dell’eroe che si rispetti, la giovane dovrà imparare a utilizzare i propri poteri in un cammino dai tentativi spesso fallimentari, ma in generale Supergirl rigetta la rabbia e l’ansia dei televisivi Marvel.

L’epoca porosa in cui stiamo vivendo ha permesso questa e altre compenetrazioni: film come tv, tv come cinema. Ma anche letteratura nel fumetto: Ta-Nehisi Coates e Margaret Atwood si aggiungono ai romanzieri che si cimentano coi comics, come Jonathan Lethem o Samuel Delany. E, tutto d’un tratto, fra la trepidazione e la noia di ennesimi n-capitoli cinetelevisivi, il 2016 dei supereroi si fa subito interessante.

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