Tra gli insospettabili episodi di autori che hanno avuto a che fare con Star Wars, il caso di Will Eisner, padre di Spirit e (non) inventore del graphic novel, è il più oscuro. Magari vi sarà anche capitato di leggere le Guerre Stellari di Alan Moore o quelle più recenti di Jason Aaron, ma pochi sapranno della parodia della saga di George Lucas firmata Eisner.
1978: il fumettista è alla ricerca di un editore per Contratto con Dio, opera che nessuna casa editrice aveva accettato di pubblicare. Attraverso gli agganci con una delle agenzie che aveva distribuito The Spirit, conosce Norman Goldfine, titolare della Baronet Books, una piccola etichetta di New York che si prende il rischio di pubblicare Contratto con Dio. Tempo dopo, Goldfine finisce in una secca economica ed Eisner per tentare di risollevarlo, oltre a concedergli un prestito, si offre di produrre libretti di barzellette in formato tascabile.
Eisner lavorò con Keith Diaczun e Barry Caldwell, due suoi ex-allievi della School of Visual Arts, istituto presso cui insegnava. «Li voleva tenere occupati facendogli fare questi libri per la Baronet e la Scholastic» ha spiegato a Fumettologica Denis Kitchen, editore di Eisner con la sua Kitchen Sink Press. «Will mi raccontò che qualche volta andava a fare visita a un vecchio amico che era nel giro della distribuzione di libri e riviste a Delaware, per sentire il polso del mercato. Durante una di queste visite gli disse “Tutto quello marchiato Star Wars e Lo squalo sta andando a ruba”. E così se ne tornò al suo studio e lavorò sulle vignette con Keith e Barry».
Star Jaws – una raccolta di gag e vignette a tema vario, distante anni luce dalla produzione abituale del fumettista, in particolare dalla svolta del graphic novel – esce un anno dopo il film di Lucas e risponde alla modalità ‘battere il ferro finché è caldo’ tipica di un altro prodotto di quel periodo, lo Star Wars Holiday Special. Con quella produzione tv Eisner condivide la convinzione che Guerre stellari sarebbe stato un fenomeno passeggero, di cui nessuno si sarebbe preoccupato di analizzare ogni minuscola emanazione. Erano lontani i sequel, gli spoiler e i quarantenni che comprano giocattoli per non aprirli.
Star Jaws fu infatti il modello per una serie di volumi analoghi realizzati tra la fine degli anni settanta e gli ottanta. Anche gli altri libri videro la collaborazione degli studenti della School of Visual Arts. Mike Carlin fu uno di questi: «Se la battuta gli piaceva, la pagava un dollaro. Gliene vendetti 300. Una volta ero un tipo divertente».
Nonostante fosse coadiuvato dagli assistenti, le vignette di Eisner mostrano la sua scarsa affinità con il materiale di partenza (nel 1978 aveva appena superato la sessantina). «L’universo di Star Jaws è tagliato a misura di un newyorchese» scrive The Comics Journal «Come in Star Wars ci sono perlopiù uomini bianchi in ambienti un tempo fantastici e che ora sono familiari. L’unica differenza è che George Lucas immaginava uno spazio pieno di meraviglie, libertà e gloria. Eisner lo vede come un posto affollato dove sarà difficile persino trovare parcheggio».
Rilevati in seguito dalla Scholastic, le altre uscite della collana vendettero molto bene ma potrebbero restare l’unico lavoro di Eisner a non venire ristampato. Secondo Kitchen, intervistato nel libro Will Eisner: Una vita per il fumetto, non si tratterebbe di un’ultima volontà dell’autore, sempre molto contento di vedere i suoi fumetti sugli scaffali dei negozi, ma perché «estremamente datati e maledettamente imbarazzanti. Non reggerebbero in nessun contesto, se non forse in qualche specie di opera omnia. Non penso che nessuno stia trattenendo il respiro per rivederli».