Questa settimana, per la rubrica #tavolidadisegno, siamo entrati nello studio di Mario Natangelo, fumettista satirico per Il Fatto Quotidiano e autore del graphic novel Pensavo fosse amore invece era Matteo Renzi, pubblicato questo mese da Magic Press.
Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?
Ho appena finito Pensavo fosse amore invece era Matteo Renzi che uscirà a ottobre per Magic Press Edizioni, un libro totalmente inaspettato per me. Innanzitutto, sono un vignettista: nel mondo del fumetto equivale a un centometrista che non può, quindi, correre una maratona di 144 pagine (tante sono quelle di questo libro). Per questo in Pesavo fosse amore ho lavorato su una struttura che mi permettesse di alternare il ritmo serrato della vignetta satirica a quello più ampio e dilatato di una tavola di fumetto. Cosa è finito in questo libro l’ho scoperto solo una volta terminato: una parodia del classico trentenne di oggi, l’intimismo autoreferenziale del disegnatore frustrato che vuole parlare d’amore e invece deve fare i conti con la politica e la vita quotidiana, Napolitano e Grillo, Berlusconi e Alfano, la satira e la gente che vuole ridere ad ogni costo, Marco Travaglio e Il Fatto Quotidiano, Vauro e Zerocalcare, Charlie Hebdo e i morti ammazzati e soprattutto una narcisistica ed egotica caricatura di Matteo Renzi che – tipo Frankenstein e il suo mostro – sfugge completamente al controllo del suo creatore.
Che strumenti e tecniche usi per disegnare?
Per la vignetta quotidiana, carta da fotocopie e una qualsiasi matita; poi inchiostro le idee che mi convincono di più usando un pennarello nero (adoro i V sign pen della Pilot, ma li finisco al ritmo di uno ogni 20 giorni e scordo sempre di ricomprarli) e le valuto con la direzione per scegliere quella da pubblicare. Per questioni di praticità, il lavoro in redazione lo faccio in digitale con la mia piccola bamboo da battaglia che mi segue anche se sono in viaggio. Se invece lavoro a “qualcosa di mio”, che sia un libro, qualche tavola per il mio blog, altre consegne o un disegno qualsiasi me la prendo comoda: al digitale preferisco il “foglio vero” con i graphos Staedtler di ogni spessore (anche se consumo solo lo 0,05, lo 0,3 e lo 0,8). Nei casi in cui ci sia postproduzione vado di scanner, photoshop e cintiq e sono di una lentezza esasperante.
Hai delle abitudini da rispettare prima di metterti al lavoro?
Correre: ogni mattina, prima di iniziare qualsiasi cosa, faccio almeno un’ora di corsa. È la mia “ora sacra”: mi scarica i nervi e mi aiuta a pensare a me stesso anziché entrare immediatamente nella alienante routine quotidiana. Gran parte del mio lavoro consiste nel ricercare un’idea, quindi passo 3/4 del tempo abbozzando vignette su vignette su tantissimi fogli. Il disegno e il colore sono appena gli ultimi 20 minuti della mia giornata. Durante questa ricerca di idee ho bisogno del silenzio più totale perché perdo immediatamente la concentrazione e il mio trucco per lavorare in un posto incasinato come la redazione di un giornale, è il “rumore bianco” in cuffia: ne sono drogato e con questo accorgimento posso lavorare in bar, treni affollati, aerei, stazioni, ovunque. In genere al mattino o di notte lavoro a casa a progetti extra o idee mie, mentre il pomeriggio e la sera sono dedicati al quotidiano. Per bilanciare la sana abitudine della corsa, quando lavoro devo avere sempre qualcosa da bere e da fumare.
Quali sono per te gli autori e le opere di riferimento?
Mi piace andare a cercare cose nuove, ad esempio leggo tutto ciò che viene della Spagna. Tra le scoperte recenti ho amato tanto AlvaroOrtiz (“cenizas), poi Antonio Hitos (“inercia”) e Nadar (“Papel Estrujado”). Seguo da sempre Monteys, Fontdevila, Paco Alcazar e tutto il gruppo che ora si è riunito nella rivista autoprodotta “Orgullo y prejuicio”. Tra i francesi adoro Catherine Meurisse: è una delle poche donne che lascia un segno inconfondibile in un mondo prettamente maschile come quello della satira politica. Inoltre il suo “mes hommes de lettres” è un esempio di come si possa raccontare in modo divertente roba che ammazzerebbe sulla letteratura francese dal medioevo al ‘900. E poi . Per il resto, Manu Larcenet, Lewis trondheim, Guy Delisle per i reportage e il New Yorker per i cartoons… poi mi fermo. Tra gli italiani, Gipi e Leo Ortolani. E, chiaramente, Paz. Tra i vignettisti, Vincino.
Ci parli di questo oggetto particolare?
E’ la conchiglia di Santiago. Ho percorso il Cammino di Santiago due volte (finora) e credo sia la migliore metafora possibile della vita: La conchiglia è il simbolo che ti spinge ad andare avanti, anche quando non hai più forza. Mi piace guardarla perché mi ricorda che la meta è importante ma è reale solo quando ci arrivi: quello che è concreto e reale è invece il cammino che fai ogni benedetto giorno.
*Fotografie di Andrea D’Elia