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La scuola, secondo Calvin e Hobbes

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Calvin and Hobbes, la striscia creata da Bill Watterson, si è sempre contraddistinta per essere un’opera che, sotto la scorza di strip ad alto gradiente di intrattenimento, nasconde profonde riflessioni filosofiche sulla vita, l’arte e la società. Tra i vari argomenti, Watterson ha trattato anche quello scolastico, e il quadro che ne esce è tutt’altro che positivo. Il fumettista ha abbattuto l’istituzione scolastica – e accademica in generale – a colpi di battutine e gag visive.

Dal 1985 al 1995, ogni settembre, il mondo di Calvin and Hobbes, da arioso e sconfinato com’era – fatto di collinette, ruscelli e boschi dell’Ohio – si chiudeva attorno alle quattro mura della scuola. La giornata tipica di Calvin iniziava con l’attesa del pullman, spesso sotto una pioggia torrenziale. Una volta in classe la sua mente a girandola era costretta in un angusto banco, mentre la signora Vermoni impartiva la lezione. Il cognome originale della donna, ‘Wormwood’, è una citazione al romanzo epistolare Le lettere di Berlicche di C. S. Lewis. Nel libro leggiamo le missive che un vecchio diavolo invia al nipote Wormwood. In italiano è stato tradotto come Malacoda, nome dantesco che non rende l’omofonia di ‘Vermoni’.

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Vermoni debuttò il 21 novembre 1985, il quarto giorno di vita della striscia, a dimostrazione di quanto fosse presente il mondo scolastico nella vita del protagonista. All’inizio, Calvin si portava dietro Hobbes, sperando che la tigre gli potesse suggerire le risposte delle verifiche («Sette più tre?», «Settantatre»). Poi, pur da solo, il ragazzino finiva sistematicamente dal preside, per aver svolto i compiti assegnati in maniera creativa, per non averli svolti affatto o per aver dirottato la sua attenzione verso cose più interessanti dell’ennesima lezione di storia.

Vermoni era una vecchiarella imbolsita, stanca e impasticcata. Dalle battute che faceva si capiva che era vicina alla pensione, che fumava troppo e che faceva uso di molti farmaci. Non familiarizzava mai con Calvin ed era raffigurata come un’insegnante severa (magari competente, non ci è dato saperlo). Era la personificazione degli ostacoli che la creatività trova sul cammino del mondo reale. Descrivendo il personaggio, Watterson affermava: «Penso che creda davvero nel valore dell’educazione, quindi, inutile dirlo, è davvero una persona infelice».

Vermoni e Calvin erano i due estremi dello spettro. La prima aveva il compito di mantenere lo status quo, rappresentando il mondo materiale e arcaico (nell’originale, ‘Wormwood’ ha un connotato di vecchiaia, amarezza e decadimento), il secondo non voleva portare altro che anarchia e caos – prima introducendo Hobbes alla classe, poi sopperendovi con i suoi alter ego. In una striscia in particolare questa dicotomia è palese. Nelle ultime due vignette della sequenza qui in basso si sprecano i contrasti: femmina vecchia/maschio giovane, prevalenza di bianco/prevalenza di nero, dentro/fuori, scoperta/nascosto, pensiero/esclamazione, testo normale/grassettato, rivolta a sinistra/rivolta a destra, occhi chiusi/occhi aperti, mondo materiale/mondo fantastico.

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La classe di Calvin, nel complesso, non era delle migliori. I suoi compagni non intervenivano mai nella striscia. Se lo facevano era per trattare Calvin alla stregua di uno stigma, un’anomalia, uno svitato di cui diffidare, segnale che con loro non instauravi rapporti granché sodali e che, anzi, essi erano alla mercé della maestra, privati della loro immaginazione. Susie a parte, l’unico suo coetaneo visibile era il bullo Sancio, la cui mansione principale era rubargli i soldi del pranzo o picchiarlo per il puro gusto di farlo.

Ma non era solo un problema di Calvin, che in più occasioni si dimostrava un ragazzino dal cervello fino, in grado di padroneggiare con lessici e concetti fuori dalla portata di un seienne. I continui richiami di insegnante e preside erano quindi tesi non al salvataggio di uno studente disastrato, ma all’imposizione di una norma a cui Calvin non voleva conformarsi. Appariva chiaro come Watterson diffidasse con forza del sistema scolastico così com’era. In Calvin and Hobbes ritraeva il processo di apprendimento come un qualcosa di noioso e sterile, la scuola come una catena di montaggio intellettuale dove ogni individualità era livellata con cura e ogni aspettativa era prontamente disillusa. Il sistema scolastico si preoccupava di valutare l’intelligenza del bambino tramite test che guardavano solo al nozionismo. L’unica cosa da imparare era come imbrogliare il sistema stesso. Certo, Calvin ci metteva del suo, appaltando i compiti a Hobbes, a un suo clone o agli alieni, ma per il fumettista le fantasie escapiste – quelle di Stupendo Man o di Spaceman Stiff, in cui la signora Vermoni era rappresentata come un viscido alieno dittatoriale – non erano nient’altro che autodifesa verso i danni della pubblica istruzione. Erano anzi la cura all’angustia e alla staticità percepita da Calvin, che nei suoi viaggi mentali era rappresentato in orizzonti universali, in movimento perpetuo da un’avventura spaziale all’altra. L’autore questionava l’utilità di una struttura così rigida e si domandava se esistesse un beneficio reale o se questo fosse soltanto un modo per conformare i giovani all’idea che gli adulti avevano di loro.

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Nonostante le bordate sull’istruzione tirate da Watterson, l’aspetto educativo gli doveva stare a cuore in qualche modo, visto che uno dei pochissimi pezzi di merchandising ufficiale fu proprio il libro didattico Teaching with Calvin and Hobbes. Pubblicato nel 1993, il testo si proponeva di insegnare ai bambini delle elementari nozioni filosofiche e psicologiche attraverso alcune storyline della striscia. Teaching ricevette il consenso degli addetti ai lavori e tutt’oggi è nella lista nei libri consigliati agli insegnanti. Il problema è reperirne una copia. Una delle ultime è stata venduta nel 2009 per diecimila dollari, ma la sua valutazione attuale si aggira intorno ai 34.000. Anche solo leggerlo è un’impresa: solo otto biblioteche nel mondo lo posseggono (sette negli Stati Uniti e una nell’università di Singapore).

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