Chi sarà l’arabo “del futuro”? Difficile dare una risposta – inevitabilmente complessa e ambigua – senza ripercorrere il passato. E in particolare quanto accadde nei tardi anni ’60, quando i primi sentori del nazionalismo attecchirono sulle coste africane e si insediarono nei cuori degli arabi, portando ad una rivoluzione geopolitica che disegnò i lineamenti di quello che sarebbe stato – o forse, sarebbe dovuto essere – “l’arabo del futuro”. Difficile anche per il fumettista francese Riad Sattouf, che tuttavia trova una propria interessante e paradossale strada per dare la propria risposta.
Sattouf deve la sua fama ad opere come Ma Circoncision (tradotto anni fa da Comma22) o La Vie secrète des jeunes, pubblicato sulle pagine di Charlie Hebdo, e l’ultimo Pascal Brutal (Bao Publishing), in cui descrive una nuova forma di superomismo urbano attraverso le peripezie di un ragazzone francese di periferia. Per il suo ultimo lavoro, L’arabo del futuro (Rizzoli Lizard), utilizza la ricostruzione autobiografica per tratteggiare e comprendere le contraddizioni del processo storico che avrebbe dovuto portare alla nascita di forme democratiche di potere, lontane tanto dal capitalismo occidentale quanto dai venti comunisti che si alzavano dall’estremo oriente. Una parte del Medio Oriente, attraverso la figura controversa di Mu’ammar Gheddafi, scelse infatti una terza via: la cosiddetta democrazia diretta, come attestato dal Libro Verde, sorta di pendant panarabista dei consigli contenuti nel Piccolo Libro Rosso di Mao Zedong.
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Nel primo tomo della sua autobiografia – che ha venduto 200.000 copie in Francia e probabilmente bisserà questi risultati con il secondo tomo – Sattouf affronta le peripezie nomadi dei suoi genitori, in viaggio tra Bretagna, Libia e Siria, nel periodo compreso fra la sua nascita e l’inizio della sua esperienza scolastica in Siria. Da attento osservatore Sattouf fa dei suoi ricordi personali una cartina al tornasole per leggere la contemporaneità. Con uno stile leggero, ironico e a tratti distaccato, Sattouf intrattiene il lettore per oltre 200 pagine, in cui seguiamo le tragicomiche vicende della famiglia Sattouf, ma soprattutto del piccolo Riad. La genetica – madre francese e padre siriano – fanno del primogenito un meticcio alieno, un piccolo Titeuf con una chioma bionda e irreale agli occhi dei parenti siriani, ma soprattutto dei ragazzi medio-orientali che lo scambiano subito – con esiti non piacevolissimi – per un ebreo, sinonimo in questo caso del nemico occidentale dei fratelli palestinesi. Ma, Riad Sattouf non si limita a metter su un trattato di etnologia – disincantato e politically uncorrect sia per i Francesi che per gli Arabi – bensì, attraverso uno sguardo focalizzato sui dettagli e sui particolari, affronta una critica politica tanto indiretta quanto netta. A tal proposito ha affermato l’autore:
«Non sono particolarmente interessato alla politica. Questo mio libro è la descrizione di alcuni fatti, di taluni eventi, di una storia che può diventare politica. Io mi limito a raccontare, ma è lo sguardo del lettore che trasforma questa storia in qualcosa che ha a che fare con la politica. Ad esempio, quando disegno una madre che ripete costantemente al suo bambino “Non ti muovere!” si potrebbe leggere come “non si muovono, non si muovono”, ma può anche essere intesa come un “non cambiano e non crescono”. E allora che diviene politica».
Tuttavia, la critica di Sattouf è anche diretta verso la figura paterna. Abdel-Razak Sattouf è il prototipo dell’arabo del futuro: proveniente da un povero paesino della Siria Ter Maaleh, a 160 chilometri da Damasco, consegue un dottorato in Storia, inseguendo il sogno di tornare in Medio Oriente per contribuire al sogno panarabista. Sogno esaudito di lì a poco con un incarico a Tripoli (dopo il rifiuto di un incarico come assistente ad Oxford). La bicromia abbagliante del capitolo dedicato alla Libia – con sparute chiazze di verde, spesso legate ai simboli del potere – mette a nudo le crepe sul nuovo edificio messo su da Gheddafi, un organismo politico forzatamente nuovo, ma già immobile:
La parte più cospicua del libro è dedicata – dopo una breve e interessante parentesi in Bretagna – alla lunga permanenza nella Siria di Hazif al-Asad. Così come in Libia, la famiglia Sattouf viene a contatto con una realtà dominata dalla dittatura del partito unico Bat’h, che svuotato di ogni forza propositiva e pluralista, divenne uno strumento di potere nelle mani del dittatore, appartenente al gruppo religioso minoritario degli alauiti. Senza entrare nella complessa rete di conflitti interni tra la maggioranza sunnita e la realtà alauita, Sattouf traccia un paesaggio scabro e impietoso della Repubblica Araba Siriana. Qui, il colore dominante è un rosa che ricorda l’abbacinante luce dei tramonti estivi. Ma ciò che colpisce maggiormente è l’uso caricaturale del segno: i siriani vengono ritratti in maniera distorta e animalesca, quasi al limite della caricatura razzista. I tratti lombrosiani dei cugini siriani, ottimi per uno studio tanto di fisiognomica quanto di frenologia, servono a Riad per tratteggiare un mondo quasi alieno e distante che gli sciama intorno. Lo stesso sguardo critico ed ironico si sofferma sui coetanei francesi, accusati di illogicità e stramberia. Ma non è soltanto il mondo infantile ad attrarre l’attenzione del piccolo Sattouf. Piuttosto, sono comportamenti e abitudini che vive con lo sguardo di un piccolo antropologo, che scopre un passo alla volta piccoli mattoni di un edificio complesso e stratificato, il cui profilo assume tratti sempre più minacciosi.
Sulla pagine di Slate, Sattouf: «Non era mia intenzione quella di fare un’autobiografia egocentrica che parlasse dei miei sentimenti […] Quello che mi interessava, come in tutti i miei fumetti, è il rapporto nei confronti dell’educazione. La Vie secrète des jeunes parla di come i ragazzi sono educati dagli adulti, sia per strada che in casa dai loro genitori, come la società si prende cura di loro… Ho riservato lo stesso trattamento ai miei ricordi, raccontando come è andata per me e la mia famiglia in Siria». Il piccolo Sattouf, allora, cosmopolita involontario, assume i caratteri di un apolide su cui si riversano le mire educative degli adulti: l’arabo del futuro potrebbe essere Riad.
Non è un caso che lo spunto che ha motivato il fumettista a questo progetto sia stato proprio lo scoppio della guerra civile siriana. «Parte della mia famiglia viveva ancora a Homs quando è incominciato il conflitto», ha raccontato Sattouf a Le Monde. «Abitavano in un quartiere abbastanza esposto ai combattimenti. Ovviamente ho immaginato che la situazione sarebbe peggiorata sino a degenerare nel caos, per cui la mia priorità è stata quella di cercare per loro un rifugio in Francia. Ed è stato molto complicato». Non è un caso che il terzo tomo, previsto per il 2016, avrà come epilogo molto probabilmente i fatti avvenuti nel 2011: una specie di sigillo al processo di educazione dell’arabo del futuro.
Nonostante i consigli materni a desistere nel progetto di narrare la sua infanzia e la sua formazione siriana, Riad Sattouf ha caparbiamente tirato su una bande dessinée di pregio, che attraverso l’intreccio dei ricordi e dello stupore di un bambino dice molto di più di quanto possa fare un articolato saggio storico. Le storie quotidiane di Sattouf si incrociano con la Storia, disegnando il profilo butterato dell’arabo del futuro, provando a rispondere – forse solo in parte – ad una domanda di scottante interesse tanto nella sua patria siriana che nella sua Francia.
L’arabo del futuro. Una giovinezza in Medio Oriente (1978-1984)
di Riad Sattouf
Rizzoli Lizard, 2015
160 pagine, 20.00 €