Nel mondo dei comics i personaggi secondari hanno una grande potenzialità. Possono essere sfruttati più e meglio di quelli famosissimi. Succede per almeno due motivi: meno aspettativa da parte dei fan e più libertà d’azione da parte degli autori. Una lezione che negli ultimi tempi Marvel ha capito molto bene, a partire dai fumetti.
L’esempio più riuscito è senza dubbio Occhio di Falco, ripensato e rilanciato in grande stile da Matt Fraction e David Aja con un serie che non solo ha fatto incetta di premi, ma che è anche diventata un vero cult tra i lettori. In questo caso nessuno si aspettava grandi cose dal fumetto, ma la spinta creativa degli autori, a cui è stata data la possibilità di giocare con un personaggio che rischiava di rimanere ordinario, ha rimesso tutto in discussione. Ad oggi Occhio di Falco è, con tutta probabilità, la miglior serie Marvel degli ultimi anni. Il suo successo ha dato il via a una specie di trend: affidare personaggi di secondo piano ad autori capaci, inaspettati e, soprattutto, pronti a scontrarsi con qualunque canone tipico del comic-book americano. Tanto che oggi le migliori testate Marvel sono quelle dedicate a Howard the Duck e Squirrel Girl.
In qualche modo lo stesso principio sembra stia venendo attuato al cinema. Se scorriamo le prossime uscite Marvel Studios da qui al 2020, troviamo una lista di titoli dedicati a personaggi secondari. Il primo è Ant-Man, che debutta nelle sale italiane il prossimo 12 agosto. A seguire arriveranno Doctor Strange, Black Panter, Captain Marvel e The Inhumans. L’intento dei Marvel Studios è quello di inserire il maggior numero di personaggi possibili all’interno del Marvel Cinematic Universe, ovvero l’universo coeso dove convivono tutti i vari eroi della casa di produzione. L’esatto corrispettivo dell’universo fumettistico.
Il primo grande passo in questa direzione è stato fatto lo scorso anno con il blockbuster Guardiani della Galassia. La pellicola, diretta da James Gunn, ha avuto gli stessi effetti di un fumetto come Occhio di Falco. Ha portato al successo un gruppo di personaggi del tutto marginali e, per lungo tempo, dimenticati. Oggi i Guardiani della Galassia sono tra i supereroi Marvel più amati e conosciuti. Grossa parte del merito va a Gunn che ha condotto un’operazione per niente facile o scontata e soprattutto originale. Il regista ha optato per scelte stilistiche del tutto differenti dai film Marvel precedenti. Ha spinto ancora di più sulla comicità per giustificare personaggi che non si possono prendere davvero sul serio e facendo forza su un immaginario molto più ampio rispetto a quello strettamente supereroistico. La chicca è senz’altro la colonna sonora: una playlist composta da hit degli anni Settanta che ha saputo subito identificare la pellicola come un unicum a se stante.
Come Guardiani della Galassia, anche il film dedicato ad Ant-Man parte proprio dalla prerogativa di presentare un personaggio decisamente poco noto alla massa. Il regista americano Peyton Reed lo fa piuttosto bene, mettendo in scena quella che si può definire a tutti gli effetti la prima vera commedia Marvel. Il risultato è esattamente quello che ci si aspetta da un film del genere: un’insieme frizzante di gag vorticose e combattimenti spettacolari. Con l’aggiunta di un particolare non da poco: riuscire a replicare alla perfezione la filosofia Marvel dettata oltre 50 anni fa da Stan Lee. Quella capacità di far identificare il lettore – in questo caso lo spettatore – con l’eroe, mettendo in scena problemi di tutti i giorni. La stessa trovata che portò al successo personaggi come Spider-Man, i Fantastici Quattro e Devil.
Così assistiamo al dramma personale e famigliare del protagonista Scott Lang – interpretato da Paul Rudd – galeotto che cerca di riscattarsi senza riuscirci, messo alla porta dalla ex-moglie che gli impedisce di vedere la figlia finché non torna a pagare gli alimenti. Il classico cattivo un po’ sfigato, in fondo più buono del previsto e destinato a diventare un eroe a sua insaputa. L’antagonista Darren Cross, interpretato da Corey Stoll, è il buono che diventa cattivo, anzi cattivissimo, dopo che si sente rifiutato da chi lo aveva indicato come suo pupillo e successore.
Nel mezzo Henry “Hank” Pym – un Michael Douglas davvero ruggente – che ricopre la figura di mentore. Infine i comprimari, ladruncoli amici di Scott Lang, senza i quali il film non sarebbe riuscito così bene. Grossa parte del merito va all’interpretazione di Michael Anthony Peña (Luis), vera bocca larga e fabbricatore di battute, attorno al quale si sviluppano almeno due delle scene più divertenti del film.
Peyton Reed non si limita a ricalcare alla perfezione il solito copione Marvel, comunque già ben delineato nelle origini fumettistiche di Scott Lang e qui solo in parte rimaneggiato. Fa di più: porta nelle sale un cinecomic pensato anche per i più piccoli, restituendoci un po’ di quella atmosfera dei primi fumetti, a volte ingenuamente innocenti ma pieni di grandi trovate.
I film di supereroi degli ultimi anni hanno portato sullo schermo una buona dose di violenza gratuita e, spesso, riferimenti sessuali piuttosto espliciti. Sostanzialmente sono stati pensati per un pubblico adulto. Questo in particolare è accaduto con gli adattamenti dei personaggi DC Comics. Basti vedere il trailer di Suicide Squad, dove il Joker interpretato da Jared Leto è rappresentato in maniera disturbante – molto più di quello di Heath Ledger – e dispensa minacce di tortura. «Sono più mitici, più grandiosi, e un po’ più realistici. Proprio per la loro natura, questi film non possono essere così divertenti o così arguti e loquaci come i film Marvel», ha detto non a caso Ben Affleck – il nuovo attore che veste i panni di Batman – in una recente intervista. E non aveva torto.
I protagonisti di Ant-Man non hanno veri superpoteri e, in fondo, sono molto simili alle persone comuni. Non sono rappresentati come un dio alieno o un inarrivabile miliardario. Soprattutto non cercano a tutti i costi di salvare il mondo (o di distruggerlo). Scott Lang vuole semplicemente riconquistare sua figlia. Hank Pym vuole proteggere le sue invenzioni. Darren Cross, in fin dei conti, vuole dimostrare a tutti quanto vale. In questo modo Peyton Reed, anche grazie agli strascichi del primo script di Edward Wright, che originariamente avrebbe dovuto essere scrittore e regista, cattura l’attenzione dello spettatore facendolo immedesimare nei personaggi. Concepisce un cinecomic davvero per tutti, dal respiro ‘famigliare’.
Così Ant-Man chiude la “Fase 2” dei film Marvel e prende le distanze da tutte le produzioni precedenti: senza mettere in scena scenari apocalittici ed esplosioni incredibili come ad esempio succede in The Avengers o Thor: The Dark World, ma giocando semplicemente sugli affetti, sull’umorismo e sull’umanità. Come nessun cinecomic ha saputo fare prima.
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