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Nemo: Fiumi di Spettri e lo sbiadito riflesso della Lega di Moore [Recensione]

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Ricordate cosa abbiamo provato le prime volte che capitò di leggere la Lega degli Straordinari Gentleman? Nonostante tutti fossimo consci dell’idea così meta testuale che ci stava dietro – un fumetto in cui ogni singolo elemento proviene dalla narrativa vittoriana – ci si sentiva quasi colpevoli nel cercare di smontare pezzo per pezzo il complesso arazzo ordito, assieme al funambolico Kevin O’Neill, dal demiurgo della America’s Best Comics.

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L’insieme era così organico, coeso e profondo da rappresentare un mondo del tutto indipendente rispetto alla produzione letteraria da cui pescava a piene mani. Quei personaggi arcinoti erano inseriti tra le pagine della Lega in maniera tanto naturale che era impossibile pensare fossero presi in prestito da altre opere. Ogni singola sfaccettatura era troppo bene allineata con tutte quelle che gli stavano accanto per avere, ciascuna, un’origine diversa. Era un fumetto stupefacente, anche senza stare a pesare tutto il lavoro di ricerca che ci era stato dietro.

Rispetto a tante altre operucole post-moderne da quattro soldi, la ricerca alla citazione nascosta passava in secondo piano, forse anche per il fatto che richiedeva una preparazione non certo indifferente. Lo scrittore Jess Nevins ha scritto quasi mille pagine di annotazioni – i tre volumi della The Unofficial Companion to the League of Extraordinary Gentlemen – per cercare di sviscerare ogni singolo segreto così abilmente nascosto tra le pagine di quello che non è mai stato un semplice titolo d’avventura.

E si potrebbe dire anche di più. Sotto a una superficie quasi disinteressata a renderla pubblica, si nascondeva una ricchezza enorme. Come se certe trovate geniali fossero a usufrutto esclusivo di chi avesse avuto la stessa cultura enciclopedica dell’autore. Un atteggiamento snob, magari, che tuttavia costringeva gli autori a mettere in piedi – gli albi bisogna pur venderli in qualche modo – anche una trama godibile a se stante, resa qualcosa di poderoso grazie alle sue fondamenta così solide e ben celate.

Peccato che le cose siano cambiate.

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Già. Perché quella magia – almeno dal mio personale punto di vista – è venuta a mancare albo dopo albo, trascinando il titolo in un limbo, sospeso tra la venerazione autoindotta di un Maestro riconosciuto e la noia del lavoro alimentare. Questo ultimo volume, Nemo: Fiume di Spettri, gioca così tanto con il far riconoscere al lettore ogni singolo personaggio o citazione da promuovere il meta-linguaggio a unico punto focale di ogni singola pagina. Così accade che, arrivando all’ultima tavola di questa storia, rimangono bene in testa il Mondo Perduto, il Mostro della Laguna Nera e Hugo Hercules, ma ben poco della storia raccontataci da Moore. Forse perché non c’è proprio, o quantomeno appare troppo esile rispetto a quelle cui siamo stati abituati.

Se volessimo essere schietti, persino incuranti dell’affetto (parecchio) che proviamo per uno dei narratori che più hanno segnato il nostro linguaggio preferito, ci sarebbe solo una cosa da dire: arrivata al terzo capitolo dello spin-off della serie principale – e già detto così c’è qualcosa di grottesco – la Lega degli Straordinari Gentleman non ha più nulla da dire.

Rimane un fumetto scritto e disegnato in maniera ineccepibile – vorrei ben vedere, vedendo i nomi coinvolti – le soluzioni narrative sono sempre grandiose, a più riprese si rimane perfino sbalorditi, i personaggi si sono evoluti nel tempo in maniera credibile e qualche tuffo nel bizzarro più sfrenato è garantito. Ma la triste realtà è che l’idea dietro questo volume è blanda e rarefatta.

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Ci si può anche divertire nel cercare di carpire ogni minima citazione inserita dal Bardo – e vi assicuro che non ha mai lavorato così tanto di evidenziatore, in modo che neppure al più sprovveduto sfugga nulla – ma è tutto il resto a venire meno. Se siete dei neofiti dovreste recuperare a ogni costo il primo e il secondo tomo della serie principale, goderveli come i tesori che sono, e pensarci bene prima di avventurarvi oltre. Perché ormai siamo finiti in una landa lontana sia dallo spirito guascone e irriverente dei primi capitoli, sia dall’affascinante – per alcuni – ermetismo di Century (a suo modo interessante nella critica alle letteratura moderna).

La trilogia di Nemo rimane un giocattolino che strappa qualche sorriso, manda in sollucchero i lettori più bulimici, ma finisce presto per adombrarsi di un’ autoreferenzialità che mai mi sarei aspettato dalla mente dietro ad alcuni dei fumetti più importanti di sempre.

Come è stato possibile tutto questo? Forse il Nostro è del tutto concentrato sul suo nuovo filone Lovecraftiano – questo sì, davvero grandioso – o nella ricerca del fantomatico milione di parole del suo romanzo Jerusalem. Oppure, semplicemente aveva qualche bolletta in arretrato da pagare (se ti fossi tenuti i diritti dei film non avresti di questi problemi, Alan). Fatto sta che della sua grandezza, in queste pagine, non troverete che un pallido alone.

Nemo: Fiume di Spettri
di Alan Moore e Kevin O’Neill
Bao Publishing, 2015
56 pagine, 13 euro

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