Concrete di Paul Chadwick è una delle principali serie indipendenti americane di culto nate negli anni Ottanta, al pari di Grendel di Matt Wagner. Dopo vari cambi di editore, in Italia i diritti dei fumetti del personaggio sono stati acquistati Panini Comics, che ha optato per una riedizione integrale delle sue avventure in 7 volumi, iniziata nel 2013 e ormai prossima alla conclusione.
L’editor della collana è Antonio Solinas, che ha risposto ad alcune domande per parlarci di Concrete e del lavoro di Panini.
Quali sono le specifiche principali di questa nuova edizione di Concrete targata Panini Comics?
Concrete è uno di quei fumetti di cui, negli ultimi tre anni, si sarebbe potuto parlare (e tanto), anche se poi così non è stato. Legittimo, sebbene il nostro sia decisamente il paese in cui le ristampe e le riedizioni di classici dello stesso periodo (e dello stesso valore) godono di notevole attenzione.
Però i motivi d’attenzione nei confronti del pluripremiato personaggio statunitense sono ci sarebbero, e sono molteplici. Innanzitutto, con un azzeccato (e necessario) omnibus, la Panini è il primo editore a mettere ordine nella a dir poco confusa storia editoriale della serie in Italia, dato che le storie di Concrete sono uscite per almeno tre case editrici differenti, in formati diversi, fra volumi e ospitate su riviste oggi defunte come il glorioso Cyborg della Telemaco.
Sulla falsariga dell’edizione statunitense della Dark Horse, anche per quella italiana si è optato per una riproposta ragionata delle avventure del personaggio in sette volumi, non in ordine cronologico di pubblicazione, ma seguendo la continuity “interna” (come preferito dal creatore Paul Chadwick per la versione “definitiva” USA).
Un altro motivo d’interesse è la scelta, da parte di Panini, di commissionare a Chadwick copertine nuove per ogni volume dei sette che compongono il piano dell’opera. È una scelta che ha pochi precedenti in Italia: a quanto mi risulta, un autore straniero che realizza una serie di nuove copertine per un editore nostrano è una soluzione praticamente inedita.
Perché leggere Concrete, secondo te?
Nel corso di un ventennio, a iniziare dal 1986, partendo da un concetto molto “supereroistico” (un uomo viene rapito dagli alieni e il suo cervello viene trapiantato in un potente corpo di roccia) Chadwick ha creato un universo estremamente realistico, coeso e affascinante, che parla dei problemi reali del mondo ed è invecchiato molto meglio di opere più celebrate e che godono ancora oggi di maggior “hype”.
Il conflitto non nasce dall’improbabile lotta di Concrete contro magniloquenti supercriminali (che non ci sono), ma dall’attenta analisi dei tipi umani e dei piccoli dettagli del carattere dei personaggi. In questo senso, Concrete è, in maniera solo leggermente filtrata dalla fiction, proprio Chadwick stesso, uomo capace di mettere in dubbio ogni granitica certezza e di valutare sempre le due facce di ogni medaglia.
Nonostante Chadwick sia un gran narratore, Concrete non ha mai goduto di grandissime vendite ma paradossalmente è sempre stato incensato dalla critica.
Il livello della scrittura e dei disegni di Chadwick è rimasto altissimo per tutto il ciclo di vita della serie, costituendo un piccolo caso editoriale e rappresentando il fiore all’occhiello dell’editoria “indipendente” USA sin dalla prima apparizione di Concrete, nel 1986, sull’antologico Dark Horse Presents n.1.
Nel 1988, la serie regolare di Concrete ha vinto il prestigioso Eisner Award come “migliore nuova serie”, “miglior serie a continuazione”, e “miglior serie in bianco e nero” (battendo nelle varie categorie avversari come il Grendel di Matt Wagner e i fratelli Pander e il Love and Rockets degli Hernandez e prendendo più premi di Watchmen, se non si contano quelli ricevuti da Moore e Gibbons). Nello stesso anno, Concrete ha vinto anche il premio Harvey, sempre come migliore nuova serie.
Nel 1989, oltre al bis nelle categorie “miglior serie a continuazione” e “miglior serie in bianco e nero” (trionfando nuovamente nei confronti di Love and Rockets), Chadwick si è portato a casa anche il titolo di “miglior sceneggiatore/disegnatore”, vincendo così in tutte le categorie in cui era stato nominato.
Sedici anni dopo, nel 2005, il cerchio si è chiuso con un’altra vittoria di Chadwick all’Eisner, premiato come “miglior sceneggiatore/disegnatore” per Il dilemma umano, la storia che chiude (per ora?) le avventure del roccioso Concrete.
Nel frattempo, Chadwick era stato parte dell’esclusivo “club” della Legend, con Miller, Byrne, Art Adams, Mignola e Allred. Scusate se è poco.
I dati non mentono e certamente testimoniano, come si diceva prima, la qualità della scrittura (e dei disegni) della serie. Chadwick è autore di razza, disegnatore di grande capacità che ha affinato le proprie doti lavorando come storyboard artist nel cinema. Utilizzando quest’esperienza, l’autore è capace di lavorare in modo certosino sia sulle inquadrature sia sulla composizione della pagina, in un’integrazione di rara efficacia fra la parte grafica e quella narrativa.
Quali sono le caratteristiche principali dell’opera? Com’è cambiata nel corso degli anni?
La cosa più sorprendente è che, in ogni volume, Chadwick si mette alla prova, cambiando le carte in tavola, e si supera. Certo, lo stile è sempre riconoscibile: prosa verbosa ma fluida (con il “trademark” dell’uso – superlativo – dei balloon del pensiero), padronanza perfetta delle tipologie umane, storytelling fluido e disegni puliti dallo stile affine a certa “ligne claire” francese (l’autore, oltre al “nume tutelare” Kirby, apprezza molto giganti del fumetto europeo come Hermann, Hugo Pratt e Carlos Giménez).
Ma, al di là dei tratti distintivi e delle ricorrenti idiosincrasie (di Chadwick e di Concrete), si nota come l’autore voglia, a ogni nuova avventura, uscire dalla propria “comfort zone” per tentare altro. Così si passa dalle storielle dei primi due volumi, relativamente semplici come struttura narrativa (ancorché molto elaborate a livello di layout), a storie lunghe che iniziano a cambiare la continuity del personaggio.
Le storie migliori?
In particolare, dopo Fragile creatura (vol. 3), la prima miniserie, in cui Concrete si trova alle prese col mondo del cinema, Chadwick si cimenta in Un sorriso che uccide (volume 4). La variazione è evidente: in Fragile creatura, l’autore aveva inserito per la prima volta alcuni siparietti apertamente comici.
In Un sorriso che uccide (vol. 4), invece, i toni diventano thriller, il ritmo frenetico e le inquadrature (appropriatamente) dinamiche e inusuali.
In Pensa come una montagna (vol. 5), il tema ecologista è trattato con approccio da psicodramma (e tempi dilatati) accoppiato a una parte grafica in cui la potenza della natura è evidenziata da un aumento dell’uso dei campi lunghi e un ritmo più sincopato, che rallenta quando necessario. Inoltre, spicca l’uso della giustapposizione delle immagini forti degli scempi ecologici che giorno per giorno vengono perpetrati nei confronti del nostro pianeta e le riflessioni (in didascalia) che si affastellano nella testa del protagonista.
Una strana armatura (vol. 6) rilegge le origini di Concrete in maniera più “classica” dal punto di vista dei plot device, per esempio con l’introduzione del conflitto buono/cattivo, così tipicamente hollywoodiano (la storia era nata per essere la sceneggiatura di un film su Concrete, poi mai realizzato).
Il dilemma umano (vol. 7), infine, si distingue per l’uso di una serie di dati reali (relativi alla sfera ecologica), che spezzettano la narrazione e fanno da contrappunto ai dialoghi fra personaggi, fino a un finale che (a oggi) cambia per sempre la storia del personaggio, uno dei più complessi e intelligenti della storia del fumetto USA e non solo.