«La realtà è spesso più strana della finzione». Questa affermazione è stata espressa in anni recenti – a ragion veduta, come vedremo – da Barry Ira Geller, un uomo poco noto ai più, ma che a fine anni Settanta aveva sognato la realizzazione di un parco a tema negli Stati Uniti che avrebbe potuto rivaleggiare con Disneyland. La storia del suo progetto, però, ha assunto a tratti i toni della farsa, a tratti quella della leggenda, coinvolgendo personalità come Jack Kirby e Ray Bradbury e finendo persino al centro di un intrigo politico internazionale.
Il sogno ebbe inizio quando – improvvisandosi produttore cinematografico – per cercare di sfruttare la moda della fantascienza nata in seguito al successo di Guerre stellari, Geller decise di avviare la produzione di un film ispirato al romanzo fantascientifico del 1967 Signore della luce (Lord of Light, in originale) di Roger Zelazny. In breve, il romanzo – vincitore di uno tra i più prestigiosi premi dedicati alla narrativa fantastica, il Premio Hugo – racconta di una civiltà futura in cui alcuni terrestri, grazie all’uso di conoscenze tecnologiche altamente avanzate, riescono a garantirsi poteri semidivini, tra cui quello della reincarnazione, mescolando la fantascienza alla religione induista.
Geller – che prevedeva per il suo film un finanziamento di 50 milioni di dollari – era un appassionato di fumetti e amava in particolare Jack Kirby, di cui aveva apprezzato la saga del Quarto Mondo pubblicata da DC Comics proprio pochi anni prima, e per questo coinvolse l’autore nel progetto. In quegli anni, il creatore di Fantastici Quattro, Hulk, Thor e altri supereroi Marvel stava passando un periodo delicato, segnato da una certa disillusione – e disamore – verso il fumetto. Da una parte si trovava infatti in lotta con la Marvel per il riconoscimento della paternità sui personaggi da lui creati e la restituzione delle proprie tavole originali, dall’altra i suoi progetti per la DC non avevano riscontrato il successo di pubblico che autore ed editore si aspettavano. Secondo il suo amico e collaboratore Mark Evanier, quindi, il “Re” stava valutando la possibilità di iniziare a collaborare con l’industria cinematografica di Hollywood.
Anche grazie alle promesse di grossi introiti, Kirby accolse quindi con entusiasmo la proposta di Geller per la realizzazione dei concept design per il film. Oltretutto, l’idea del produttore non si fermava lì: i disegni di Kirby, infatti, nelle sue intenzioni non dovevano servire solo a impostare l’atmosfera di ambienti e personaggi per l’adattamento cinematografico, ma anche come base per la realizzazione di un grande parco a tema da 400 milioni di dollari da costruire fuori dalla città di Aurora, in Colorado, dal nome di Science Fiction Land (la terra della fantascienza), che avrebbe fatto anche da set per il film. Per il suo immaginifico progetto, Geller coinvolse anche lo scrittore di fantascienza Ray Bradbury e l’inventore Richard Buckminster Fuller.
L’intenzione – decisamente illuminata, per l’epoca – era quella di far pagare un biglietto per l’accesso al parco, ma di rendere pienamente disponibili (open source, diremmo oggi) le invenzioni tecnologhe usate in esso. Geller era arrivato persino a concepire una sala fluttuante. Il progetto venne presentato con una conferenza stampa di grosso richiamo, alla quale fu invitato a presenziare anche una ex stella del football americano diventata attore, Rosey Grier, nonostante non fossero ancora stati scelti né il regista né i componenti del cast del film.
Alcuni giorni dopo, il principale quotidiano locale, il Rocky Mountain News, pubblicò un articolo a quattro colonne scritto da John Ashton contenente uno dei disegni di Kirby, annunciando tra l’altro l’inizio delle riprese per il luglio del 1980. Il titolo – piuttosto trionfalista – era: «Attenta, Disneyland: la Città della Scienza sta arrivando». Dopotutto, il progetto di Geller non era cosa da poco per l’epoca – e probabilmente nemmeno per i giorni nostri.
Ma la mancanza di esperienza di Geller nella costruzione di parchi a tema iniziò a pesare, e il suo progetto non trovò gli adeguati finanziamenti. Nel dicembre 1979, anche la realizzazione del film naufragò definitivamente, quando la produzione accusò Geller di essersi appropriato indebitamente di una fetta del budget. L’accusa sarebbe presto caduta, ma troppo tardi per riprendere la lavorazione della pellicola. Venne addirittura fuori che uno dei principali finanziatori, Jerry Schafer, non solo non aveva a disposizione la cifra promessa, ma aveva persino dichiarato bancarotta già un anno prima. In seguito, Geller avrebbe offerto il suo sfogo alla rivista Entertainment Weekly:
«Rimasi fregato da tutto quello che successe. Avevo davvero un’idea per cambiare le cose. Stavo quasi vivendo in questo strano mondo. Mi ci volle un po’ per ripristinare davvero la realtà, o ciò che noi chiamiamo realtà. Non sono sicuro di averla ripristinata del tutto».
A produzione bloccata, a Kirby non rimase altro che realizzare delle stampe con i propri disegni, da mettere in vendita nel circuito dei collezionisti. Disegni che dimostrano come l’autore non si fosse risparmiato per nulla, dando ancora una volta sfogo al suo visionario talento per la creazione di mondi ed esseri imponenti e immaginifici, come risulta anche dal contrasto tra i personaggi (giganteschi) e la gente (minuscola) che si trova sullo sfondo e che nelle sue intenzioni rappresentava i visitatori di Science Fiction Land. Tra l’altro, tali disegni ricordano molto quelli dell’autore per la sua serie Gli Eterni, pubblicata dalla Marvel solo tre anni prima, che ha tra i protagonisti delle divinità spaziali alte più di 600 metri, che indossano armature dai colori sgargianti.
Di seguito, una gallery dei disegni realizzati da Kirby per l’occasione.
Pochi mesi dopo, però, la situazione subì un colpo di scena inaspettato. Una svolta che è stata raccontata persino in un film: si tratta di Argo (2012), un lungometraggio di e con Ben Affleck, vincitore anche di tre premi Oscar – tra cui quello come miglior film.
Nel 1979, in seguito alla rivoluzione iraniana, un gruppo di sei funzionari diplomatici sfuggì al sequestro da parte di alcuni militanti durante un assalto all’ambasciata americana a Teheran. Per salvare i diplomatici, l’agente della CIA Antonio J. Mendez dovette entrare in Iran in incognito, elaborando un affascinante stratagemma: spacciare i 6 diplomatici in fuga per i membri di una troupe cinematografica, atterrata con lui nel paese mediorientale per effettuare dei rilievi preliminari alla realizzazione di un film di fantascienza simile a Guerre stellari. Per rendere il tutto più credibile, fu coinvolto un vero produttore cinematografico con cui fu creato un falso studio cinematografico. Servivano anche dei materiali già pronti, e così furono riciclati sia la sceneggiatura che i disegni di Kirby per il film di Lord of Light, per l’occasione ribattezzato Argo (da cui poi anche il nome del lavoro di Affleck, che però non fa menzione del disegnatore), recuperati da una pila di cianfrusaglie a casa del truccatore cinematografico John Chambers (noto per il suo lavoro in Il pianeta delle scimmie e nella serie classica di Star Trek).
Geller – oggi titolare di una piccola azienda di software – ha saputo dell’insolito utilizzo del suo script solo nel 2001, e Buzzfeed ne ha in seguito riportato il sintetico punto di vista sulla vicenda:
«Stavo costruendo un enorme parco a tema in stile Disneyland con alcuni dei migliori scienziati e disegnatori, così i disegni di Kirby furono sia per le architetture che per la produzione del film. Secondo il resoconto di Mendez alla CIA, tutto quello che lui e John Chambers tirarono fuori in un mese di riunioni fu respinto dal Dipartimento di Stato. Poi, alla fine del dicembre 1979 […] John Chambers ebbe l’idea che i disegni e la sceneggiatura di Lord of Light sarebbero stati la soluzione perfetta. Il che si dimostrò corretto. E questo è stato confermato anche dallo stesso Tony Mendez, in due interviste».
In queste settimane, infine, la rivista statunitense Heavy Metal – nata nel 1977 sulle basi della storica Métal Hurlant francese – ha scelto uno tra i disegni realizzati da Kirby – colorato in digitale per l’occasione – per l’edizione variant della sua uscita di febbraio, presentata in occasione dell’annuale ComicsPRO. Si tratta di un vero evento storico, nel suo piccolo: è la prima volta, infatti, che il disegnatore appare su una copertina del magazine, in passato occupata da disegnatori come Moebius, Philippe Druillet, Berni Wrightson, Richard Corben e H.R. Giger: tutti noti – proprio come Kirby – per la visionarietà delle proprie creazioni fantastiche.
Di seguito, la copertina di Heavy Metal #273.
Da allora a oggi, la passione di Geller per quel – bizzarro, utopistico, caotico – progetto non si è spenta. Lo testimonia bene un sito web ad esso dedicato, gestito da Geller e costantemente aggiornato – sebbene si presenti con un aspetto parecchio sorpassato, per i canoni della rete – nel quale registra tutto ciò che riguarda Lord of Light, a partire dai numerosi articoli dedicati alla sua storia (facile immaginare che a breve ci finirà anche questo stesso nostro). Un lavoro di documentazione utile per riportare alla luce un episodio dimenticato nella storia dei comics, ma anche un gesto di nostalgia, e forse un tocco di egocentrica autocelebrazione. Del resto, il suo nome è stato vicino a diventare noto quanto quello di Walt Disney. Be’, forse non proprio così vicino.