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Nello studio di Checco Frongia

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di Stefania Nebularina

Questa settimana, per la rubrica #tavolidadisegno, siamo entrati nello studio di Checco Frongia, autore di fumetti, illustratore, insegnante e fondatore del collettivo Mammaiuto. Autore dal tratto personalissimo, il suo ultimo lavoro è La notte che arrivò l’inverno, edito da Kleiner Flug, per cui, insieme a Claudia Tulifero, ha realizzato anche Giotto. Oggi scopriamo la sua postazione di lavoro, i libri di cui si circonda e qualche strumento tecnico fuori dal comune. Buona lettura e buona visione!

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A cosa stai lavorando?

Lo scorso anno è stato un anno denso… due libri e una discreta quantità di illustrazioni per il sito Mammaiuto e per altri progetti… francamente ho un senso di vuoto, quello che ti prende quando hai finito un progetto a lunga scadenza e non sai se hai fatto bene, se in quel mese, accidenti, avessi lavorato di più, la copertina con campo più lungo e via dicendo. Mi rigiro nella stanza, procrastino e sono indeciso… iniziare a scrivere per bene una storia che ho mente da un po’, ma che mi impegnerebbe un anno, forse due, sarebbe una “roba” nella mia mente da 140 pagine o un altro progetto a fumetti, di cui non posso parlare, con un numero di pagine decisamente inferiore.

Quali sono gli strumenti che usi per disegnare?

Quello che capita e secondo le necessità: pennelli Windsor e Newton serie 7, pentel brush scarico, matite colorate “pastellose” di varie marche, ma soprattutto, nell’ultimo periodo, penne pilot g-tec c4 e le penne della mugi da 0,38.

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Hai qualche piccola abitudine prima di sederti al tavolo da disegno?

Se sono sereno mi faccio una grande tazza di caffè solubile, mi giro una sigaretta e cerco musica ossessivo-percussiva… se sono nervoso prima di tutto ciò, mi rilasso pulendo i piatti rimasti nel lavello.

Fumetti o libri che devi avere sempre sott’occhio?
Casa e studio sono invasi dai libri… Piranesi, Palumbo e Magnus, Mignola e Bosh mi guardano male ogni volta che tocco una matita… per non parlare di Altan, Jacques Tardi e i bestiari medioevali.

Nel tuo studio, mi hai mostrato delle rarità da negozio d’arte degne di nota! Ci parli di queste speciali mine e matite?

Mi sono state regalate diversi anni fa dalla mia compagna Claudia Tulifero. Cercavamo un materiale per realizzare un originale su carta che potesse avere un valore aggiunto. La mina d’argento e quella di piombo vanno usate su cartoni preparati ad hoc ed erano usate, in antichità, al posto della graffite… la cosa interessante e che con il tempo, in particolare l’argento, ossida e cambia colore da argento tende al seppia-ocra; per intenderci come i disegni dei maestri del rinascimento italiano. La cosa bella che una volta seguiti risplendono sotto la luce e c’è una piccola possibilità di incidere il supporto e “rendere” un poco di tridimensionalità alle figure. La cosa meno interessante e che, essendo metallo quello che rilasci sul foglio, offrono una certa resistenza e ti spacchi i tendini della mano…

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