La fotografia desaturata di Luca Bigazzi inquadra i volti, gli occhi, la città solcata da balene e galeoni, spettri e fantasmi (e in quei brevi istanti c’è più Dylan Dog che in tutto Vittima degli eventi). È così che si apre Nessuno siamo perfetti, il documentario dedicato alla figura complicata e affascinante di Tiziano Sclavi, creatore di Dylan Dog e uno dei più importanti sceneggiatori italiani di fumetto.
Alla regia Giancarlo Soldi, autore di Nero (l’unica incursione dell’eclettico Sclavi nel mondo del cinema come sceneggiatore), che torna al documentario sul fumetto dopo Come Tex nessuno mai, Nuvole parlanti e Graphic Reporter, opera sul giornalismo a fumetti che vantava la partecipazione di Art Spiegelman, Marjiane Satrapi, Gipi e Sergio Bonelli.
Nessuno siamo perfetti racconta lo Sclavi più umano, il rapporto difficile con la madre, gli esordi e i primi passi nel mondo del fumetto fino alla creazione di Dylan Dog, sorta di rito apotropaico che gli ha permesso di esorcizzare i propri demoni, ma ne ha al contempo creati altri. Oltre ai problemi personali (la depressione e l’alcolismo), sulle spalle dell’autore piombò il successo di Dylan, la cui testata passò in un anno dalle centomila alle trecentomila copie. Sclavi non rimpiange la serialità e i periodi in cui sul tavolo aveva quindici sceneggiature da completare. Maratone estenuanti che si trasformavano in supplizi ogni volta che compariva Groucho: «Giorni interi passati a scrivere una battuta. Non una tavola: una battuta»; e non rimpiange nemmeno l’addio dalle scene: «Adesso grazie a Dio non devo più vedere i film col taccuino di fianco, per annotarmi le cose. Non si può vivere così. A un certo punto impazzisci.»
Tra gli aneddoti più interessanti il racconto della prima versione di Dylan Dog, in una storia mai pubblicata, raccontata da Lorenzo Mattotti:
«Quando andavo al Corriere dei piccoli c’era Sclavi che mi propose di illustrare una sua sceneggiatura. Era un cowboy esistenziale di nome Dylan Dog che a un certo punto muore, però rinasce come testimone della vita degli indiani. Il personaggio muore subito e diventa un fantasma che avrebbe osservato delle varie storie ambientate nel mondo dei pellerossa. Avevo fatto dei disegni estremamente duri e poi diventavano chiari perché arrivava il dio indiano, che era un bambino».
Costruito attorno a due lunghe interviste rilasciate da Sclavi, Nessuno siamo perfetti allarga l’occhio indagatore includendo colleghi, amici e appassionati dell’autore pavese. Gente come Dario Argento, fonte d’ispirazione per Sclavi, che firmò i primi lavori con lo pseudonimo di Francesco Argento, come omaggio al regista di Suspiria. Il film aveva segnato profondamente lo sceneggiatore, che lo aveva visto al cinema a dodici anni: «Mi ricordo che quel film mi fece davvero paura. Ed era così bello avere paura»; ma anche Alfredo Castelli, Bianca Pitzorno, Lorenzo Mattotti, Mauro Marcheselli, Roberto Recchioni, oltre che appassionati come Sergio Castellitto, Thony e Walter de Silva. Le testimonianze aiutano a delineare il profilo di un personaggio insicuro, tormentato e chiuso in sé, che preferiva riversare se stesso nei suoi lavori più che nella vita di tutti i giorni. Un autore sfaccettato, come riassume bene Grazia Nidasio, scopritrice e amica intima di Sclavi: «Ci sarebbero tante cose da dire di lui, però si rischia di diminuirne il respiro. Dopotutto è uno scrittore peculiare proprio perché non si riesce a inquadrarlo facilmente.»
Nessuno siamo perfetti è stato proiettato in anteprima al Torino Film Festival e si spera possa presto trovare dei canali distributivi alla maniera di Come Tex nessuno mai. Di documentari sugli artisti italiani mal distribuiti, o non distribuiti per niente, ce ne sono già troppi.