Da qualche tempo, Sergio Bonelli Editore sembra essere in fermento e diretta verso un vero tentativo di rinnovamento, non solo di formati, ma anche di linguaggio, dal rilancio di Dylan Dog agli ormai prossimi reboot di Nathan Never e Martin Mystère. Non tutto sta venendo fuori bene, ovviamente, ma si procede con costanza. E a quest’aria di rinnovamento sembra non volersi sottrarre nemmeno il personaggio portabandiera della casa editrice, Tex.
Certo, la serie regolare è ancora ligia a determinati stilemi stilistici, forte dei suoi quasi 200.000 lettori, ma le testate collaterali potrebbero servire per uscire da questi rigidi schemi, più di quanto non abbia mai fatto in realtà nemmeno il Texone. In particolare, è il sesto Color Tex, pubblicato a novembre, a lasciar ben sperare in questo senso. Non a caso, nelle quattro storie brevi che compongono l’albo, molto spazio è lasciato a giovani autori, in alcuni casi addirittura nuovi in Bonelli, seppure tutti con esperienza. E il risultato è convincente, perché riesce con efficacia a portare vivacità narrativa all’interno del mondo di Tex. A voler sintetizzare, non ci sono didascalie descrittive, non ci sono spiegoni – se non nella prima storia – e, soprattutto, i dialoghi sono freschi, secchi e diretti, senza troppe cadute nel retorico o nel ridondante.
Da questo punto di vista, la storia di apertura, Stelle di latta di Michele Medda e Michele Benevento – i creatori di Lukas – è quella che risulta maggiormente fuori posto, perché più classica nello spunto e nello svolgimento, in un giallo che scava nel passato dei protagonisti. Nelle altre, invece, il tentativo di trovare nuove strade narrative per il personaggio produce esiti confortanti: Incontro a Tularosa di Moreno Burattini e Giuseppe Camuncoli gioca in modo cupo e cinico con il cliché del duello tra pistoleri; Nel buio di Mauro Boselli e Luca Rossi è un classico giallo ma calato in atmosfere da horror gotico che forniscono una spiazzante sensazione claustrofobica – anche se con un finale forse eccessivamente politically correct; Randy il Fortunato di Roberto Recchioni e Andrea Accardi è, infine, la rappresentazione di un dramma psichiatrico con un risvolto finale ben orchestrato.
E tutto questo variare e sperimentare sembra non intaccare il mito del ranger che, anzi, dimostra sfaccettature diverse pur restando fedele a se stesso. Segno che l’integrità del personaggio non si mantiene necessariamente con un certo oltranzismo, come si è sostenuto spesso in passato e come pretenderebbero forse molti lettori, ma grazie all’abilità di sceneggiatori e supervisori in grado di guardare al di fuori del mondo Bonelli, a ciò che funziona in TV e al cinema e a riportarlo a dimensioni più texiane.
La freschezza della narrazione si riflette anche sull’aspetto grafico. Benevento è bravo nel descrivere la polverosità degli ambienti e la fatica dei volti in una storia costruita proprio sugli sguardi e sul non detto; Camuncoli – di scuola supereroistica – è legnoso nella prima parte, più pacata, per poi esaltarsi nel dinamismo dell’azione finale; Rossi è perfettamente a suo agio in una storia cucita su misura sulle sue matite – che in passato si sono viste negli Stati Uniti sulla serie horror Vertigo House of Mistery, per esempio; Accardi invece sembra aver fatto più fatica degli altri ad adattarsi alle ambientazioni western, anche se la sua maestria nell’uso del pennino non si discute. In ogni caso, il colpo d’occhio complessivo è soddisfacente e regala una sensazione di nuovo che nei numeri precedenti latitava parecchio.
Questo anche grazie alla presenza del colore. Di certo alla lunga il giallo della camicia di Tex diventa un sincero pugno nell’occhio, ma rispetto ai primi Color Tex si sono fatti notevoli passi in avanti da un punto di vista tecnico – grazie anche all’importante esperienza di Orfani, la prima produzione bonelliana interamente a colori – e in questo caso si ha oltretutto l’impressione che la colorazione aggiunga davvero qualcosa al reparto grafico, senza risultare una semplice aggiunta – spesso posticcia – fatta tanto per gradire.
Insomma, potremmo a breve scoprire di dover mettere da parte il luogo comune secondo cui la Bonelli non si evolve mai – se pure sia stato mai vero. E chissà, magari anche il suo “corollario” sull’età media dei lettori di Tex, perlopiù ultracinquantenni. In fondo, Tex sembra ancora in grado di dire qualcosa anche ai lettori più giovani – o perlomeno diversi dai soliti, a cui potrebbe rivolgersi anche la collana di volumi alla “francese” che sarà inaugurata da Paolo Eleutieri Serpieri – basta solo trovare il linguaggio giusto.
Tex Color
di Aa.Vv.
Sergio Bonelli Editore, 2014
128 pagine, 5,50 €