HomeRecensioniNovitàIl Ragazzo Invisibile, una sorta di Kick-Ass al contrario

Il Ragazzo Invisibile, una sorta di Kick-Ass al contrario [Recensione]

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Procede senza interruzioni di sorta il treno delle produzioni trans-mediali targato Panini. Dopo il cupo Highway to Hell, da un racconto di Davide “Boosta” Dileo, arriva il tie-in dal nuovo film di Gabriele Salvatores Il Ragazzo Invisibile. Operazione quasi inedita per il mercato italiano, resa ancora più unica dal fatto che si sta parlando di una delle primissime (includendo bizzarre commedie anni ’70 e il capolavoro Vip – Mio Fratello Superuomo di Bruno Bozzetto) pellicole a tema super-eroistico prodotte nel nostro paese. E, tanto per non farsi mancare niente, raffinata ulteriormente dalla seconda espansione programmata: oltre a questa miniserie arriverà infatti sugli scaffali delle librerie anche un romanzo – scritto dagli stessi sceneggiatori del film e pubblicato da Salani– a estendere il cosmo di questo nuovo personaggio in calzamaglia.

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Una volta tanto non ci ritroveremo a rileggere la stessa storia raccontata con linguaggi differenti, ma ad allargare i confini di questa vicenda con tasselli sempre nuovi. Che poi sarebbe l’obiettivo principale di ogni progetto concepito per essere spalmato su più linguaggi, detto per inciso. Da questo punto di vista l’operazione è congegnata benissimo, un’autentica boccata di contemporaneità in un’industria che pare essersi svegliata tutta d’un colpo dopo anni di sonno (disturbato dai soliti incubi ‘seriali’ ricorrenti). L’idea di seminare per raccogliere molto di più di quello che si otterrebbe con una strategia tradizionale è palese, e anche la profondità delle idee dietro alla storia da raccontare potrebbe trovare, finalmente, spazio per espandersi nella misura che merita.

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Bello, bellissimo. Tutto molto interessante. Ma alla fine dei conti, come sono queste prime 32 pagine di fumetto? Paradossalmente poco mirate, prima di tutto. Vuoi per l’esiguo spazio lasciato a disposizione degli autori, vuoi per la scelta di incentrare tutta l’uscita attorno all’introduzione delle due figure centrali del titolo e dei presumibili antagonisti, rimane il fatto che di presa sul lettore ce n’è davvero poca. In questo primo numero andiamo a conoscere il protagonista vero e proprio, un nerd che sembrerebbe trovarsi a vivere una sorta di Kick-Ass al contrario – da appassionato di super-eroi, a detentore del potere dell’invisibilità – e un sopravvissuto a un disastro nucleare. Un telepate, ora impegnato presso la malavita di Hong Kong come scorciatoia negli interrogatori più duri. Si parla anche di una misteriosa organizzazione alla ricerca di persone dotate di abilità speciali, ma senza entrare troppo nel merito. Tutto qui.

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Si gettano quindi i ponti per il prossimo numero, ma manca la rincorsa per percorrerli senza distrarsi. Concludono il volume un’intervista a Salvatores e una (estenuante) sezione sketchbook. La storia è scritta e disegnata con mestiere, scegliendo di sposare toni abbastanza cupi – e infatti per le matite sono stati scelti disegnatori eccellenti ma non certo facili come Alessandro Vitti, Werther Dell’Edera e Giuseppe Camucoli – abbastanza differenti da ciò che il trailer cinematografico lascia intendere. Anche cercando di spingere in ogni maniera questa miniserie, non si riescono comunque a trovare quei picchi di eccellenza che le permetterebbero di camminare da sola. Questo non vuol dire che non sia un buon prodotto, anzi. Si allinea in maniera perfetta con un sacco di produzioni statunitensi con cui vorrebbe concorrere. Il problema sta, piuttosto, nel flusso dell’attenzione.

Per il momento, infatti, possiamo dire che l’operazione Ragazzo Invisibile” fallisce perché tutte le sue appendici sono percepite come emanazioni dal corpo principale, il film di Salvatores. Se tutto funzionasse come dovrebbe, invece, non si parlerebbe di opere “tratte ma” ma di un unico titolo con più voci da ascoltare. Forse è presto per arrivare alle conclusioni, ma questo primo numero trae il suo unico motivo d’interesse dal fatto di far parte di un disegno più grande. Altrimenti non ne staremo neanche a parlare. Un buon albo, si è detto, che scorre veloce e non presenta particolari difetti. Ma oltre a quello, tocca dirlo, c’è davvero poco.

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