Apprezzato youtuber e autore della webserie Freaks, Claudio Di Biagio è il regista di Vittima degli eventi, il fan movie ispirato a Dylan Dog. Un film che negli ultimi mesi ha catalizzato l’attenzione del pubblico di internet e dei fan del personaggio pubblicato in edicola da Sergio Bonelli Editore. La pellicola, sceneggiata da Luca Vecchi dei The Pills (altra importante realtà italiana di Youtube), è stata interamente finanziata con successo via crowdfunding e mostrata in anteprima al festival Wired Next Cinema, lo scorso 24 ottobre. Dopo essere stato mostrato anche a Lucca Comics & Games 2014 il 1 novembre, il film è stato reso accessibile a tutti gratuitamente su Youtube.
Abbiamo raggiunto Di Biagio per parlare del film, di Dylan Dog, del suo lavoro e di come si sopravvive nella rete.
Allora, com’è andata la prima del film?
L’emozione di una prima, di un’uscita è incredibile. È come stare su un palco, il film è l’atto di improvvisazione più strutturata che si possa immaginare. Sono emozionato e pieno di tutto quello che abbiamo fatto, fantastico.
Quali erano le aspettative?
Che piacesse, ovviamente. E che facesse sperare in qualcosa. E che mi facesse riconoscere come regista. Voglio fare in modo che qualcuno si accorga di me e di tutti quelli che hanno collaborato e creato questo progetto, ovviamente in primis di Luca Vecchi. Siamo alla ricerca di giustizia visiva e personale.
Come è nata la collaborazione con Luca Vecchi?
Siamo amici e abbiamo già collaborato prima, diciamo che è stato tutto spontaneo e naturale. “lo facciamo?” “Why not?” Quindi già da subito la collaborazione è nata anche con Valerio che è sempre stato il nostro Dylan. Insomma, diciamo pure che il progetto è nato quando è nata la collaborazione tra di noi.
Perché avete scelto Dylan Dog?
Perché è un personaggio stupendo e un contenitore di storie incredibili e perché banalmente nessuno ancora gli aveva reso giustizia. Era curioso, secondo me, capire come poterlo interpretare e contestualizzare al nostro giorno, al nostro tempo. È una sorta di Reboot, diciamo, con il nostro tocco.
Il vostro rapporto con Bonelli?
Ci hanno osservati da lontano fin dall’inizio, hanno anche condiviso qualche nostro contenuto sui social e noi ovviamente eravamo onorati e felici! Tanti disegnatori e sceneggiatori sono molto entusiasti di questo progetto. Adesso la situazione però è cambiata e purtroppo Bonelli non ci “osserva” nemmeno da lontano. Siamo qualcosa di non ufficiale e quindi non ci lamentiamo!
Avete avuto contatti con Tiziano Sclavi?
Sì, via mail ci ha scritto apprezzando il nostro lavoro, è stata una bella spinta anche se all’inizio, visto che ci ha scritto durante la prima campagna di indiegogo, non credevamo fosse lui, quindi abbiamo cestinato! Fortunatamente l’incontro che abbiamo avuto con Roberto Recchioni ci ha confermato la cosa e abbiamo recuperato.
C’è un’aspetto del personaggio che avete voluto accentuare?
L’umanità. L’essere uomo che convive e combatte i propri incubi e quelli degli altri.
Una caratteristica di Dylan Dog che senti tua?
Si appassiona facilmente, come dice a Hamlin. E anche io sono così, è un gran difetto a volte perché non do il giusto peso e la giusta misura alle cose. Però è anche una spinta che mi permette di affrontare bene ogni cosa che mi succede.
Da Londra a Roma, Dylan Dog può essere universale?
Sì, lo è. Vedrete. Capirete che il mood, l’atmosfera, i colori, il silenzio e la dirompenza della musica fanno il fumetto, fanno il “Dylanverse” se così lo vogliamo chiamare.
Londra era inaccessibile ma noi abbiamo deciso di dipingere intorno a Dylan il set giusto, che calzava perfettamente con il suo romanticismo e il suo decadentismo.
Un aneddoto particolare successo durante le riprese?
Quando sono entrato per la prima volta nello studio di Dylan ricostruito ho avuto le lacrime agli occhi, ero come un bambino che entra nel luna park costruito dal papà solo per lui. Quello studio lo vedo da quando leggo e il parlarne di nuovo mi emoziona. Avere poi la soddisfazione di girarci dentro, di costruirlo come lo volevo io, è stato stupendo.
Cosa ne pensi del film su Dylan Dog del 2010?
Quale film del 2010?
E del film Dalla morte dell’amore?
Nel suo genere – e contestualizzato al tempo – è un piccolo gioiello, forse uno degli ultimi esempi di cinema di genere esportabile all’estero. Poi è anche vero che io creda nel fatto che tutto il cinema deve essere di genere, tutto il cinema deve essere almeno marcato su un aspetto, tutto deve raccontare con un tratto preciso.
Negli anni dei serial tv, pensi che Dylan Dog se ne meriterebbe uno? Come te lo immagini?
Sarebbe una serie stupenda e culutralmente profonda, immaginiamo un Dylan in giro per l’Italia, per esempio, a risolvere i casi di misteri italici, fantasmi e borghi medievali. La Tuscia, la Liguria, la Puglia, Il Napoletano. Ne abbiamo di storie per Dylan.
Fai parte di quella generazione che è cresciuta leggendo Dylan nel periodo del suo boom di vendite. Come viveva quegli anni un lettore di Dylan.
Viveva bene. Continui riferimenti al cinema di genere e alla letteratura. Storie profonde, personaggi mitici. Una bomba, sicuramente il miglior periodo del fumetto.
Due storie di Dylan Dog che ami di più e perché.
Il Lungo Addio perché se non piangi con quello non sei umano, la storia d’amore metaforizzata nell’incubo perfetto. Il sonno della ragione perché mi ha affascinato la scrittura e la struttura dei personaggi, dialoghi profondi e lunghi, da leggere e da capire. Adoro le storie di Dylan che mi fanno pensare anche dopo la lettura. Un po’ come i film di Nolan.
Che cosa ti aspettavi dal rilancio del personaggio che è stato fatto con il numero 338?
Semplicemente belle storie di Dylan. Semplicemente il Dylan che tutti conosciamo.
Hai letto Spazio Profondo? Ci racconti le tue impressioni?
È una sorta di numero 0, non è una vera e propria rinascita. Un prologo, staremo a vedere! Intanto qui si distrugge e si lavora sull’indagine dell’indagatore dell’incubo. Le varie facce di Dylan nel fumetto sono le varie fasi dell’indagine: muoiono una dopo l’altra fino a rimanere solo quella più importante, quella di cuore, d’istinto, la parte più profonda del protagonista.
180mila iscritti su Youtube, 68mila follower su Twitter, 84mila fan su Facebook e 41mila su Instagram. Cosa comporta questo seguito e come si sopravvive ai social network?
Rimanendo veri. Come Gianni Morandi.
Col web puoi arrivare a migliaia di persone, ma raramente ti ripaga. Il web premia il talento?
Non del tutto, c’è tanto qualunquismo artistico. C’è anche una malata ricerca del vacuo, la maggior parte delle persone non notano le cose belle ma solo le cose facili e la maggior parte delle volte superficiali.
Vittima degli eventi sembra un grande punto fermo nell’evoluzione della tua carriera. Nel web tutto è in divenire. Cosa è cambiato per te nel lasso di tempo che è passato dall’annuncio del film ad oggi?
Ho preso coscienza di quello che voglio e non voglio fare. Ora so che voglio fare il regista e voglio farlo per il cinema. Raccontare storie in immagini. Il mio sogno è essere un giorno qualcuno di cui il pubblico abbia bisogno. Un giorno vorrei che si sentisse il bisogno di avere un mio film da vedere.
Cosa c’è dopo Vittima degli Eventi?
Il mio primo vero film al cinema, ci sto lavorando, sto cercando solo il produttore giusto. È una commedia che voglio venga fuori in modo intelligente, prende una grossa fetta di pubblico e presenti la mia personale idea del web, degli youtuber e dell’amore. Produttori, io sono qui!