Paul Gillon era un gigante de la bande dessinée. Di umili origini e affetto da tubercolosi, la sua infanzia non fu tra le più felici, ma seppe riscattarsi grazie al suo talento e ad una brillante carriera scolastica, che lo portò a frequentare l’Ecole des Arts Graphiques a Parigi. La sua storia come fumettista inizia all’indomani del secondo conflitto mondiale, dopo che le riviste per cui aveva lavorato come illustratore e caricaturista (Samedi-Soir, France Dimanche e Gavroche) furono travolte dal caos degli eventi. La sua prima serie, Fils de Chine, vede la luce nel 1950 e viene pubblicata sino al 1953.
Questa prima fase della sua produzione si inscrive in una lunga tradizione di fumetti d’avventure che si fanno eredi della lezione delle strisce d’avventura americane: i suoi numi tutelari furono come per tanti altri Alex Raymond, Milton Caniff e Hal Foster.
Impegnato per anni (dal 1959 al 1972) nella serializzazione di una striscia quotidiana rosa – 13, rue de l’espoir – per France soir, incominciò nel mentre a lavorare alla saga che l’avrebbe reso celebre e soprattutto una delle personalità più influenti e prolifiche della bande dessinée: mi riferisco nello specifico alla saga sci-fi Les Naufrages du Temps, che Cosmo Editoriale sta per riportare nelle edicole italiane nel solito formato bonellide a cui ci ha abituato.
I Naufraghi del tempo – pubblicata in Italia su diverse riviste, da Alter Alter, sino Metal di Edizioni Nuova Frontiera, passando per L’Eternauta e Skorpio – è unanimemente ritenuta il capolavoro di Gillon, che vi si dedicò sino alla fine degli anni ottanta, prima con Jean-Claude Forest e poi concludendo la saga in solitaria.
Nonostante, l’impegno profuso nel realizzare dieci volumi di Le Naufrages (poi pubblicati da Les Humanoides Associase a partire dai primi anni ottanta), Dillon creò altri lavori di notevole impatto e importanza, come Les dieux barbares e La mijauree, la megere et le nabot nei primi anni settanta per l’editore Lombard, ma soprattutto l’opera di cui ci apprestiamo a parlare, cioè la sci-fi post-apocalittica di La sopravvissuta (La Surivante), pubblicata su L’Echo des savanes, nei primi anni ottanta e poi raccolta in quattro tomi da Albin Michel tra il 1985 e il 1991.
In Italia, la serie è stata pubblicata da Edizioni Nuova Frontiera prima nella collana Bronx Story e poi in un volume nel 1994. Magic Press a ben vent’anni di distanza ha pensato bene di riportare in libreria un’integrale di quella che è forse la serie più matura e personale di Gillon, anche e soprattutto per ricordare l’autore a tre anni dalla sua scomparsa. Il volume, che raccoglie l’intera storia, sarà presentato in anteprima a Lucca Comics & Games.
La sopravvissuta racconta la drammatica vicenda di Audrey Albrespy all’indomani di una catastrofe che ha cancellato la vita dal pianeta: la sua solitudine e la sua disperata voglia di scovare le ultime tracce dell’umanità, la conducono in una complessa spirale di eventi dai toni forti e adulti. Gillon sfruttando l’idea della condanna al solipsismo traccia uno scenario agghiacciante: Audrey unica superstite assapora la libertà e la condanna della sua condizione, scatenando istinti primordiali. Distante tanto dalle sadiche vicende raccontate in Time Enough at Last, famoso episodio di Twilight Zone, tanto dai monologhi metafisici del Guido Morselli di Dissipatio H.G., l’espediente ultimativo viene sfruttato da Gillon per gettare la protagonista in una sordida vicenda di sesso con inediti risvolti.
Se gli scenari post-apocalittici e sci-fi ben si prestano ad essere erotizzate (basta pensare tanto a Barbarella e al suo amante robot, quanto al nostro monumentale Eleuteri Serpieri e alla sua procace Druuna, elogio della carne), Gillon sfrutta il tutto ambientando le vicende erotiche della protagonista in una Parigi deserta, con i suoi monumenti sotto vuoto, e orde di cyborg e automi che come mosche sciamano intorno alla protagonista per assecondare ogni suo minimo capriccio. E’ questa dedizione – che poi si rivelerà piena di commiserazione e pietà – a spingere Audrey nella sua stringente solitudine – a cadere tra le braccia di un automa, destinato a diventare amante e carnefice. Oggi, la questione uomo-macchina farebbe sorridere per la maniera in cui Gillon la affronta, con risvolti moraleggianti e con un riflessione antropocentrica sull’intelligenza artificiale, ma la domanda, prima dell’esplosione cyber-punk e di certa filosofia della mente (debitrice e antagonista delle ipotesi di Alan Turing ) da parte è posta da Gillon con fermezza, soprattutto nei risvolti maniacali di un’intelligenza che diventa <<umana troppa umana>>.
Ma al di là, delle implicazioni filosofiche e morali, che possono anche sembrare ormai desuete, La sopravvissuta è anche un enorme affresco narrativo, passando dai scenari angoscianti di una metropoli europea in mano agli automi, che negano ogni legge asimoviana, allo spazio sino ad un survival claustrofobico dal finale a sorpresa.
Il merito di Magic Press è quello di far conoscere un autore immenso che decretò lo standard qualitativo delle bd di fantascienza (si pensi alle opere di Luiz Eduardo de Olivera, in arte Leo) e continuò ad essere un punto di riferimento anche dopo la rivoluzione di Moebius e Druillet, grazie al segno meticoloso, realista e di una fiero e potente classicismo. Con l’augurio che questo poderoso integrale non sia un episodio isolato, ma sia l’incipit di una riscoperta di Paul Gillon e magari di altri autori francesi che mancano da decenni dal nostro mercato.
Di seguito, le prime 6 tavole del volume.
©2011 Éditions Glénat. All rights reserved. Per l’Italia Magic Press Edizioni
La Sopravvissuta
di Paul Gillon
Magic Press, 2014
192 pagine, 17€