Presso il Cartoon Museum di Londra, dal 23 settembre al 29 novembre, si svolge una mostra dedicata al Gekiga, il genere manga alternativo e maturo, ideato da Yoshihiro Tatsumi e due suoi colleghi, e proliferato sulle pagine del magazine Garo.
Di seguito riportiamo un reportage della mostra pubblicato sul suo blog dal giornalista e critico di cinema londinese Dominic Wells, che ce ne ha gentilmente permesso la pubblicazione.
Tutti conosciamo i manga. Sono arrivati in occidente negli anni Ottanta, facendosi strada nel mondo del fumetto americano grazie alle copertine di Lone Wolf And Cub realizzate da Frank Miller, e ora sono presenti sugli scaffali di grandi negozi come Forbidden Planet – con ogni prodotto, dal fantasy più violento, fino a storie dedicate alla cucina o allo sport – oltre a invadere i cinema con i film animati. Ma prima che i manga arrivassero in occidente, prima ancora che esistessero nella loro forma più moderna, in Giappone c’era il Gekiga.
Il genere Gekiga rappresenta il ponte tra i fumetti giapponesi del Dopoguerra, con i loro protagonisti robot dagli occhi di bambino, e l’incredibile varietà di stili e generi che vediamo oggi. Nacque da un’intuizione da parte di tre amici e occasionali rivali secondo cui coloro che erano cresciuti con i fumetti fossero stati ormai pronti per qualcosa di più maturo. Costretti a dividersi un monolocale dal loro editore per aumentare la produttività, Masahiko Matsumoto, Yoshihiro Tatsumi e Takao Saito stavano svegli nottate intere per discutere di nuovi linguaggi grafici, ispirati dalle visioni cinematiche di Osamu Tezuka – il “Padre del Manga” – da unire al un nuovo stile di narrazione, radicato nella vita vera, anziché nella fantasia. Un nuovo genere, secondo loro, aveva bisogno anche di un nuovo nome, che fu coniato da Tatsumi: “Gekiga”, ovvero “immagini drammatiche”.
Quei pionieri non sono molti conosciuti in Occidente. La pagina Wikipedia dedicata al Gekiga nemmeno cita Matsumoto, il cui The Man Next Door emozionò gli altri due autori e li stimolò nel loro lavoro. Quindi è stato molto bello, e un po’ emozionante vedere il figlio di Matsumoto, Tomohiko, la notte scorsa al London Cartoon Museum, per l’inaugurazione della mostra dedicata al Gekiga che proseguirà per due mesi.
«Queste storie sono meno umoristiche e più realistiche», ha spiegato Tomohiko Matsumoto, «il che interessa più a un adolescente che a un bambino. Prima c’era solo fantasia – un leone che parla o gente che esce da un razzo. Mio padre creò il manga che fu la base per il Gekiga nel 1956, due anni dopo, Tatsumi coniò il nome, e lavorò nella stessa scia e stile. Altri fumettisti iniziarono a sperimentare col Gekiga, che divenne più comune e popolare, e questo fu l’inizio di una cultura del manga che conoscete anche ora».
Dopo il suo discorso, ho fermato Matsumoto, per chiedergli delle influenze di Tezuka – il creatore di Astroboy e Kimba il leone bianco (che fu un chiaro modello per Il re leone della Disney) – «Ottima domanda», mi ha detto lui sorridendo «Tezuka viveva sul versante Occidentale del Giappone, vicino a Osaka, dove viveva anche mio padre. Egli dette a mio papà un disegno, e anche a Tatsumi. [Il disegno dato a suo padre – di storica importanza – si trova appeso al Cartoon Museum]. Loro ammiravano molto il suo lavoro; il loro obiettivo era quello di diventare fumettisti come lui. Ma quando Tezuka si trasferì a Tokyo, e iniziò a lavorare a storie brevi, nelle quali aveva bisogno di spiegare le azioni con balloon, mio padre e i suoi videro in questo una limitazione. Quindi sentirono di dover creare un loro, diverso, modo di espressione».
Il loro successo fu tale che gli alunni diventarono maestri: Tezuka stesso acquisì influenze dallo stile realistico del Gekiga, evidenti soprattutto in Message to Adolf.
La mostra del London Cartoon Museum mette insieme 50 pezzi originali e riproduzioni di manga rari, gran parte dei quali mai esposti prima in Europa. Di notevole interesse sono: le pagine del libro autobiografico di Tatsumi, Una vita tra i margini (in Italia per Bao Publishing, come un’altra sua opera Tormenta Nera), che trasmette l’eccitazione per la creazione di un nuovo movimento letterario; una serie di vivaci copertine pulp noir, e due straordinariamente potenti illustrazioni in bianco e nero di samurai firmate Hiroshi Hirata, che farebbero splendida figura sulle pareti di qualunque galleria d’arte.
Per quanto riguarda il rispettato padre di Tomohiko, Masahiko Matsumoto, quattro sue storie hanno finalmente visto le stampe in Occidente con The Man Next Door, grazie all’editore britannico Breakdown Press, 58 anni dopo la loro pubblicazione originale.