Dead Body Road – in anteprima a Lucca Comics & Games per Saldapress – è una storia che più americana non potrebbe essere. C’è la classica rapina in banca andata storta, le strade in mezzo al deserto, gli inseguimenti in macchina, la banda di bikers e la consueta voglia di giustizia sommaria. Alcuni tra i più comuni ingredienti del grande genere a stelle e strisce, da The Getaway, passando per Wambaugh e finendo tutta una serie di produzioni televisive plasmate sul modello HBO. Ottimo materiale di partenza, seppur abusato fino all’esaurimento. Si tratta pur sempre di mitologia popolare, troppo radicata per estinguersi. Così per questi canovacci esiste sempre una seconda vita, sotto forma di autore capace di ribaltarne i paradigmi e infondergli nuova energia. Cosa che Justin Jordan, sceneggiatore di questo volume, non è in grado di fare. Eppure le circostanze per un buon lavoro c’erano tutte. Fin dal suo fortunato (e interessante) esordio – quello Strano Talento di Luther Strode che in maniera così rapida aveva concentrato su di lui un sacco di attenzioni da parte degli editor di DC e Image – la passione per le storie cariche di violenza particolarmente tangibile è sempre stata una costante del giovane autore. Vedi anche il nuovo Spread, edito sempre per la Image e non certo parco di trovate grand-guignolesche.
Immaginarsi un road-movie a base di revolver e fucili a pompa scritto da uno così pareva una certezza, tanto il filone – nell’eterno perpetrarsi del mito della frontiera senza pietà per i deboli – si presta alla crudezza. Peccato che oltre a questa cifra poetica ci sia ben poco d’altro, tradendone così la sua natura più moderna e disimpegnata rispetto al vero e sanguigno amore dei narratori americani per la crudeltà e i fiumi di sangue. La sindrome del nerd colpisce ancora una volta. Distacca, rielabora e ti fa ritrovare con un sacco di buone storie senza una vera idea al centro dello sviluppo creativo. Solo spunti mutuati da altri linguaggi inseriti con perizia nella stessa sceneggiatura. Allora perché continuare a seguire questa nuova voce dei comics statunitensi? Perché il Nostro ha fatto sua una delle regole più importanti e vitali dell’industria. Quello che potremmo chiamare il paradigma Mark Millar: se la tua storia non è memorabile come vorresti che fosse, punta almeno ad un disegnatore stellare. «Ed evita in ogni modo le scelte scontate», pare aver aggiunto il Nostro.
Così abbiamo l’incredibile Tradd Moore su Luther Strode, Kyle Strahm su Spread e il lanciatissimo Matteo Scalera su Dead Body Road. Che, detto per inciso, è l’unico motivo di interesse di questa miniserie. Tagliente, dinamico, feroce. Ci fosse stato chiunque altro al suo posto non ci sarebbe neppure da disturbarsi a stendere articoli come questo. Racconta di più lui con il suo character design che tutto il resto della sceneggiatura. Si adatta al clima della storia sporcando il suo tratto e costruisce una regia secca e funzionale come solo i classici del cinema poliziesco sapevano essere. Concede qualche cessione all’inevitabile testosterone action ma livella tutto il resto della sua performance sull’efficacia piuttosto che sullo spettacolo. Clamorosa la sequenza dell’inseguimento “a fascia”, celebrazione di tutta una mitologia che parte da Ombre Rosse (richiamato quasi alla lettera) e arriva fino alle strategie dei rapinatori di Mann.
Che si tratti di una diligenza diretta a Lordsburg o di una lunga striscia d’asfalto a tre corsie poco cambia, per il narratore statunitense il viaggio e la strada rimarranno sempre al centro del suo mondo. Anche se magari non è mai uscito dal suo paesello. Siamo dalle parti della Spiritual America di Richard Prince, quell’universo di rappresentazioni fittizie così sedimentate nell’immaginario collettivo da andare a comporre un ritratto immaginario ma credibilissimo degli Stati Uniti. Come i Cowboy Marlboro che vanno a sostituire i veri mandriani. Un meccanismo che funziona in maniera egregia sia verso l’interno – il nostro Justin, che punta al suo personale Meridiano di Sangue – che verso l’esterno. Tanto che il migliore interprete di questo mito della frontiera pare essere il disegnatore proveniente dall’altra parte del mondo.
Dead Body Road
di Justin Jordan, Matteo Scalera e Moreno Dinisio
Saldapress, 2014
144 pagine, 14,90€