Lucrezia, il personaggio di Silvia Ziche nato sulle pagine di Donna Moderna e in perenne stato di crisi sentimentale, compie 10 anni, e Rizzoli LIZARD ha celebrato l’evento con una raccolta di tavole intitolata 100% Lucrezia – Dieci anni e non sentirli.
Di seguito, dopo la copertina, vi presentiamo l’introduzione al libro, scritta dalla stessa autrice.
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Ho cominciato a fare fumetti molto presto, ero ancora una ragazzina. Ho lavorato tantissimo, a volte troppo, ma sempre divertendomi. Ho disegnato e scritto storie per la Disney, ho raccontato il mio mondo con Alice a quel Paese, ho creato strisce e illustrazioni di ogni tipo. Poi, verso i trent’anni sono riuscita finalmente ad alzare lo sguardo dal tavolo da disegno. Ed è stato uno shock.
Dov’erano andati a finire i grandi spazi e lo sconfinato fu- turo che avevo visto dieci anni prima? Perché l’orizzonte si era ristretto? Perché gli ideali avevano perso la maiuscola?
L’Umanità era diventata un agglomerato di individualità intolleranti le une alle altre. Il Mondo si era ridotto alle quattro mura dell’appartamento con i vetri antirumore. L’Armonia Universale si era trasformata in una noiosissima quiete, il Progresso era totalmente identificato con l’ultimo modello di telefonino. Si arrivava perfino a con- fondere l’Ecologia con l’acquisto di una nuova automobile. E l’Amore era diventato il nostro piccolo, micragnosissimo benessere personale.
Volevo raccontarlo, questo mondo che si era ristretto, per esorcizzare lo spavento che mi faceva. E per raccontare un mondo piccolo dovevo partire dalle cose più vicine alle persone, dalle necessità di base, quelle che vengono subito dopo le questioni legate alla sopravvivenza. Quindi la ricerca dell’Amore. La pretesa dell’Amore. La richiesta disperata di essere amati. Possibilmente, senza muovere un dito.
Questa visione egoistica dell’amore come tributo dovuto dall’intero universo a noi stessi non facilita i rapporti tra le persone. È un malinteso macroscopico. E com’è che non lo vediamo? Com’è che continuiamo a soffrire, sinceramente, per il fatto di non essere davvero l’oggetto di questo impossibile amore?
Al netto delle sofferenze che tale malinteso aveva causato anche a me, mi è sembrato uno spunto comico. Miliardi di persone convinte di essere per diritto l’oggetto dell’amore universale. Volevo raccontare la storia di una di quelle persone.
Lucrezia è nata così. Sotto la cattiva stella delle esigenze di un’autrice di fumetti umoristici.
Se una cosa funziona e ci fa stare bene, il più delle volte, la viviamo, non è che ci viene voglia di raccontarla. Il fatto che io, in quel momento, avessi una gran voglia di raccontare la dice lunga su come stava andando la mia vita.
Mi è stato chiaro fin da subito che Lucrezia non poteva essere una principessa. Non avrei potuto raccontare il catalogo di egoismi vari che vedevo intorno a me attraverso gli occhi ingenui della perfetta Biancaneve. Volevo un personaggio femminile che fosse una specie di scheggia impazzita, irrisolta, infelice, irrealizzata, bisognosa d’affetto, che potesse scatenare cortocircuiti e reazioni chimiche pericolosissime se messa a contatto con altri individui della sua specie, altrettanto irrisolti e insoddisfatti. E, assumendo il punto di vista di un tale bijou, avrei potuto tranquillamente sottolineare anche i difetti delle persone con cui si sarebbe scontrata, forte dello scudo inespugnabile di un’autocritica feroce.
Nel preciso momento in cui tutti questi pensieri si sono cristallizzati nella loro forma definitiva, ho dovuto prende- re carta e matita e dare una forma all’idea. Non ci ho messo tanto, è bastato un solo foglio. Avendo confezionato per lei un carattere composto quasi esclusivamente di spigoli, l’aspetto esteriore è venuto di conseguenza. Adunco. Sgraziato. Infinitamente normale, di quella normalità che ci fa diventare anche bellissime, se ci svegliamo bene la mattina. Persino il nome era già in dotazione. Un nome nobile e bello, con un sacco di consonanti. Era proprio un personaggio pronto per andare a cozzare contro le numerose asperità altrui, in una specie di autoscontro sentimentale.
Una piccola parentesi la meritano anche i personaggi di contorno. Più volte mi sono sentita chiedere da qualche uomo che si sentiva punto un po’ sul vivo: ma davvero ci vedi così?
La risposta è no. E la chiave sta sempre nel fatto che le situazioni positive non scatenano la scintilla della battuta. Quindi, sia per Lucrezia che per gli altri personaggi, da parte mia c’è stata un’accurata scrematura di tutti i pregi, perché in bella vista restassero esclusivamente i difetti. Per rendere più chiaro ed evidente il meccanismo dei malintesi.
Tempo fa, mi è stato chiesto il motivo dell’aspetto fisico di Lucrezia. Per trovare una risposta sensata a questa domanda, mi è toccato cercare nei più reconditi anfratti della mia mente e individuare le immagini che mi avevano influenzato. All’epoca avrei risposto che mi era venuta così e basta (che, con buona pace dei critici, è l’unico motivo per cui di solito si fanno le cose, soprattutto quelle che a posteriori appaiono riuscite). Ma poi, guardando meglio, ho visto in lei qualcosa di Gaston Lagaffe. Certe occhiate annoiate dei Frustrati di Claire Bretécher. E la postura e la camminata di un mio professore delle superiori, che mi divertivo a di- segnare durante le ore di lezione. La memoria è uno strano archivio, catalogato a caso da qualche neurone pazzo, dove altri neuroni pazzi pescano altrettanto a caso.
Credo, però, che qualsiasi processo creativo segua una logica inafferrabile. Che le storie nascano sempre dall’esigenza di raccontare, e mai da un calcolo. Quindi, a questo punto dimenticherei quanto ho detto finora, che è una ricostruzione razionale di ciò che la mia irrazionalissima mente produce in totale assenza di controllo. Lucrezia è arrivata esattamente nel momento in cui ne avevo bisogno, per raccontare delle storie. Che lei racconta molto meglio di me. Da settembre 2004, data della sua prima apparizione in libreria. E dalle prossime pagine.