Continua senza soste il periodo di iperattività dello scrittore statunitense Rick Remender. Non pago di avere all’attivo due tra le serie più importanti di casa Marvel (Capitan America e Uncanny Avenger) il Nostro è approdato anche alla Image, punto di partenza perfetto per dare forma ai suoi progetti più personali come l’atteso Tokyo Ghost o le serie già in corso Deadly Class e Black Science. E se di questi avevamo già parlato, adesso è il momento di Low, nuovo titolo sviluppato in coppia con il talentuoso artista Greg Tocchini.
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È curioso constatare come sia Black Science che Low mostrino diversi punti in comune. In primis abbiamo a che fare con due storie di fantascienza che si pongono ben pochi limiti di plausibilità. Che si tratti di viaggi infra dimensionali o, come in questo caso, di bizzarri mondi sottomarini sull’orlo dell’apocalisse poco importa. In un momento in cui tutti paiono impegnati a normalizzare l’impossibile (e qui vale sempre l’esempio dell’infame lavoro di Bendis sui Guardiani della Galassia) non può che far piacere constatare che c’è ancora qualcuno capace di lasciar correre la fantasia a briglia sciolta, senza farsi tanti problemi su come potrà essere percepito il proprio lavoro.
Non è un caso se questo tipo di produzioni vengano sempre da realtà più minute rispetto alle due major del fumetto statunitense. Il grosso pubblico moderno rimane incapace di stilizzare e il termine “realistico” pare l’aggettivo più positivo che si possa utilizzare per definire un’opera di fantasia (sia che si tratti di cinema, fumetto, narrativa o videogame). Questo fa capire come l’opera destabilizzante – seppure sempre inscrivibile all’evasione più pura – di scrittori come Remender e Hickman sia da considerarsi preziosa per potersi proiettare verso qualcosa che sarà, nella speranza che il fantastico incontaminato e slegato dai limiti della plausibilità torni a essere apprezzato come deve.
Tornando a Low, l’azione si svolge in una misteriosa ambientazione sottomarina. I protagonisti abitano in una sorta di città fortezza da dove stanno pianificando una fuga verso un pianeta abitabile, vista l’imminente fine di quello dove sono ospitati. Attorno a questo ultimo baluardo dell’umanità abbiamo un oceano infinito, popolato da essere spaventosi. Poi ci sarebbe anche la questione legata a degli esoscheletri piuttosto coreografici attorno a cui ruota tutto questo primo numero. Oggetti di cui si sa ancora molto poco, ma che evidentemente avranno un ruolo importantissimo nel corso della storia. Anche perché il design di Tocchini è qualcosa di straordinario, lontano anni luce da ogni pretesa di rendere queste armi “realistiche” e più atto a fargli interpretare un ruolo iconico ed evocativo. Sarebbe un peccato sprecarlo.
La centralità della famiglia è un altro punto in comune con il successo Black Science. Una caratteristica ben presente anche in diverse altre serie Image di successo. Si parla naturalmente di The Walking Dead e Saga. Se si tratti di un espediente rapido e sicuro per creare empatia con i lettori o di un segnale di qualcosa di più profondo (ma a questo punto bisognerebbe chiedersi quale forma di intrattenimento proveniente dagli Stati Uniti non va prima o poi a battere lì?) non è dato a sapersi, rimane il fatto che il giochino funziona e da uno spessore altrimenti impossibile alla serie. Secondo lo stesso autore il fulcro della storia è la madre della famiglia Stell, convinta senza mezze misure in un domani migliore per i suoi figli. E questo nonostante gli si prospettino davanti momenti decisamente bui. Una simile premessa non funzionerebbe di certo se il legame tra i personaggi non fosse così forte come quello sviluppatosi tra parenti. Per quanto un eroe si ponga come idealista e senza macchia l’amore di una madre rimane di un’intensità irraggiungibile.
Vedremo cosa ha in mente Remender per testare fino a che punto tale speranza nel futuro possa reggere senza sbriciolarsi sotto il peso della realtà. Questo è quanto spinge a chiedersi l’ennesimo incipit strepitoso made in Image. Avvio di una serie che, a quanto pare, dovrebbe svilupparsi in 60 uscite spalmate su sei anni. Tempo più che sufficiente per sviscera il suggestivo concept e farlo maturare. Diventerà un classico o esploderà come la più classica delle bolle di sapone? Per ora abbiamo personaggi che paiono ben più profondi delle consuete silhouette di cartone, un mondo affascinante e antagonisti degni – anche solo per il terrificante aspetto – di questo nome. Vedremo se basterà.