Ormai il flusso produttivo che porta affermati web comics alla più consueta confezione fisica è un fenomeno assodato. Nonostante la popolarità portata dal web sia superiore sotto ogni punto di vista rispetto a quella del mercato tradizionale – soprattutto per gli emergenti, dotati di una vetrina senza limiti (se non i propri) – la carta stampata rimane una sorta di traguardo paragonabile alla maturità.
Possiamo arrabattarci quanto vogliamo e provare a spingere il digitale in ogni modo possibile, ma siamo ancora troppo ancorati a vecchie meccaniche per non provare il fascino di carta e inchiostro. Ben lungi da una reale rivoluzione, ma per lo meno ora abbiamo uno strumento valido e funzionale per capire se un volume avrà presa sul pubblico. Questo perché possiamo contare già su legioni di appassionati prima ancora che il tomo vada in stampa. E così, grazie alla sempre attenta Top Shelf, ecco che l’australiano Pat Grant – fino a ora attivo solo sul web – si ritrova tra le mani un bel volume pronto per essere distribuito in mezzo mondo. A portarlo nelle librerie del nostro paese invece ci pensa la nostrana Edizioni BD – da sempre amante delle sperimentazioni – con la neonata etichetta Psycho Pop curata da Micol Beltramini.
Come un sacco di altra roba nata per Internet, Blue trasmette la palpabile sensazione che sia realizzato prima di tutto per l’autore stesso. Incurante del dover inviare a una casa editrice un soggetto scritto professionalmente, lindo e pinto come si conviene, Grant preferisce raccontarci un episodio della sua adolescenza attraverso un ibrido tra Stand by Me e District 9. Magari disegnato in maniera naive, senza per questo disdegnare occasionali puntate nei territori di Mazzucchelli e Chris Ware. Come spiega l’autore stesso nella lunga e interessante post-fazione è stato il suo mentore Shaun Tan a convincerlo dell’inutilità del farsi troppi problemi. Sarebbe stato stupido nascondere queste influenze, soprattutto con una storia di fondo basata su di un vissuto personale.
E infatti così è.
La storia di tre ragazzini appassionati surf che bigiano la scuola per andare a vedere il cadavere di un essere blu sparso per tutte le rotaie della ferrovia locale contiene due spunti reali. La vera storia della ricerca di un morto durante l’adolescenza dell’autore – nato anch’esso in un piccolo villaggio isolato lungo la costa australiana – e la costante ascesa di un populismo razzista e vittimista che pare aver trovato piede anche dall’altra parte del mondo.
Se una sincerità così sanguigna e la vicinanza alle tematiche trattate bastino per rendere questo Blue impermeabile alle critiche non saprei dirlo. La sensazione di déjà vu è davvero forte e tutte le soluzioni prese dal cinema sono così importanti da non riuscire mai a staccarsi del tutto dalla loro origine. Rimane il fatto, innegabile, che come fumetto Blue è davvero ben disegnato e scritto ancora meglio. La sensazione di tempo perduto bigiando la scuola andandosene a spasso con gli amici è resa alla perfezione, così come l’angoscia di vivere in un universo troppo legato a modelli sviluppatosi durante il boom economico per avere vita lunga durante questi anni difficili. Dopotutto si parla di provincia, da sempre terrorizzata dai cambiamenti e dalle novità. Figurarsi da dei nuovi arrivati con la pelle blu.
Pat Grant ha dimostrato di essere un talento, acerbo quanto si vuole ma genuino quanto basta per augurargli una lunga carriera. Questo suo Blue avrà anche una superficie forse un po’ troppo fragile, ma il suo cuore è di una potenza unica. A voi decidere se può bastare.