Il 20 febbraio uscirà nelle sale italiane il film in CGI dei Lego, i noti mattoncini colorati a cui tutti noi abbiamo dedicato un’abbondante porzione della nostra infanzia. Il primo teaser per il lungometraggio è stato caricato su YouTube verso giugno 2013 e si apriva con una frase molto più significativa di quello che sembra: “In 2014 the world’s greatest heroes will join forces for the biggest movie ever assembled”. Nello slogan sono riusciti a infilare due riferimenti ai Vendicatori Marvel, uno abbastanza ovvio (tutta la prima parte) e uno decisamente più ricercato (“assembled”, dal noto urlo di battaglia del supergruppo).
Definire un simile gioco di parole – e dove è stato posto – come rappresentativo dei cambiamenti nel mondo del cinema degli scorsi anni è, a dir poco, riduttivo. Non si fa che parlare di cinema nerd, ma quello che vedo io è cinema per quello che la gente crede sia nerd dopo aver visto Big-Bang Theory.
Anche qui nulla di male, le mode vanno e vengono e non è certo un mistero di come queste si approprino di culture che non gli appartengono per poi (s)venderle al grande pubblico (vedi le teorie del grande Ted Polhemus). Il problema enorme è che la nicchia di popolazione culturale a cui è stata strappata di dosso l’identità con una delicatezza da bracconiere, ne è stata felicissima. Anni gettati alle ortiche, passati a cercare di convincere chiunque gli gravitasse attorno che i fumetti sono una cosa seria. Adesso come adesso, l’enorme collezione di volumetti che vi sta alle spalle ha il peso specifico di una battutina ammiccante. Ed è tutta colpa nostra.
Prendiamo il famigerato primo teaser di Man of Steel. Quello girato come se si trattasse di un film di Malick, per intenderci. Chiunque abbia letto almeno una delle run più famose di Superman se lo è riguardato almeno tre/quattro volte prima di credere a quello che stava vedendo. In quei pochi secondi era concentrato tutto il succo di uno dei supereroi più complessi del pantheon statunitense. C’era spiritualità, solitudine, un senso di responsabilità schiacciante, l’enormità dell’infanzia. Era tutto lì, erano riusciti perfino a farci accettare il fatto che lui fosse un pescatore e non un contadino. La soluzione per poter finalmente girare un grande lungometraggio sugli aspetti più profondi dell’Uomo d’Acciaio pareva così semplice: affidarlo a un regista che faceva di questi punti un suo tratto autoriale. Ma si sa, in quella selva di tuttologi che è Internet, Malick non è uno dei più grandi registi viventi. Malick è un cripto-cattolico che investe ore di girato nel riprendere il vento e persone che fissano l’orizzonte – la cosa ironica è che, perfino sminuendolo così, pare perfetto per Superman. Ammettere di aver visto e gradito un suo film è uno sfregio indelebile. Materiale perfetto per chi si vuole atteggiare e poco altro. Meglio Snyder – a cui riconosciamo di aver fatto un mezzo miracolo con Watchmen – e la produzione dello stupido Nolan. E infatti il film è agghiacciante. Poco male, ci sono un sacco di robe che scoppiano. Cosa chiedere di più?
Il succo della questione sta tutto lì. Pacific Rim ha rischiato di passare per un bel film con la giustificazione dei robot giganti che si menano. Fortunatamente, diversamente da Superman, il pubblico si è accorto della fregatura e ha preferito passare oltre. Rispetto a Pacific Rim, Evangelion metteva sul piatto profondità psicologica, trame intricate e un mecha design talmente geniale da non invecchiare di un giorno, nonostante siano passati 19 anni. Il punto non è “questo è meglio di quello”, non ho mai amato particolarmente neppure la serie Gainax (anzi). Il fatto scandaloso è che un sacco di gente ben documentata sull’argomento abbia accettato di vedere la propria passione trasformata in un blockbuster medio anni ’90. Neanche l’aspetto visivo si salva, perché per quanto gli effetti speciali siano fatti bene, vengono impiegati per mettere in scena un immaginario di una piattezza desolante. E per fortuna che il regista è Del Toro, che ci aveva regalato quella perla visionaria di Hellboy 2.
E potremmo andare avanti facendo un sacco di esempi, coinvolgendo praticamente tutto quello che è uscito nel corso degli ultimi 4/5 anni. Ripeto, prima di questa morìa le grandi mode erano sempre arrivate in scia a un filmone spacca mascella. Quelli in grado di mostrati cose che mai avresti potuto immaginarti prima. Lo spettatore era sfidato ad accettare qualcosa di nuovo e non sempre era una partita facile. Ci sono un sacco di successi fantascientifici anni ’70 che al giorno d’oggi non raggiungerebbero neppure le sale.
Il film che probabilmente ha lanciato questa mania del nerd-movie è stato il primo Iron Man e, se ci pensate bene, rientra in questa categoria in maniera perfetta. A differenza del populista The Dark Knight – che ha dato a un pubblico privo di immaginazione un film privo di immaginazione – la produzione Marvel era molto più interessante. Ecco un film di super-eroi con un protagonista così fico da rendere tutto il resto superfluo. E infatti così è andata. Vedere un Tony Stark così carismatico, eppure impegnato a vestire costantemente una maschera, ha avuto l’effetto di un faro nella notte.
Anche se avessero fatto un film totalmente incentrato sulle tensioni erotiche inespresse tra lui e la magnifica Pepper Potts saremmo corsi lo stesso a vederlo. Perché il paradigma era stato ribaltato. Avevamo un film di super-eroi che avrebbe funzionato benissimo senza neppure una scena d’azione. E in fatti tutti si ricordano delle memorabili battute del miliardario, ma nessuno del loffio finale. Ne potevano uscire delle cose interessanti, soprattutto se sviluppato mantenendosi a debita distanza dall’auto parodia. Magari non i picchi visionari a cui accennavo prima, ma almeno qualcosa che non ci inducesse in coma narcolettico dopo dieci minuti di proiezione.
Peccato che un’idea così brillante sia stata bruciata nel giro di un paio di film. Ora ogni produzione deve avere la sua dose di commedia brillante e il suo rifugiarsi in un immaginario privo di ogni forma di stimolo. Quando è stata l’ultima volta che avete visto al cinema qualcosa di così incredibile da proiettarvi in un mondo impossibile da immaginare prima di strappare il biglietto? Ve lo dico io, un sacco di tempo fa.
Hanno mancato l’obbiettivo perfino con l’ultimo Thor l’unica cosa che rimarrà di questi anni sarà la saga di Harry Potter. Che potrà risultare odioso quanto volete, ma non ha mai preso in giro nessuno con film disseminati di buchi (anzi, dovremmo ammettere tutti che sono stati dannatamente bravi a gestire intricatissime trame aperte e chiuse nell’arco di dieci anni) o lesinando sulle idee (tranne forse nel terzultimo, che ricordo abbastanza noioso). Coi nerd-movie non ce ne siamo accorti, perché imbambolati da battutine e ammiccamenti, finalmente felici che tutti apprezzino quei pagliacci in calzamaglia quanto noi. Illudendoci che questo li renda finalmente materiale maturo. Ma non funziona così.
I nostri eroi erano già maturi, ora li stiamo solo svilendo appiattendoli sul gusto comune. Mi pare di vedere tutti quegli appassionati di videogiochi che richiedono maggiore profondità, anche psicologica, per il loro medium. E lo fanno richiedendo trame complesse e hollywoodiane, ignorando il fatto che spesso e volentieri i racconti più profondi sono quelli in cui non succede nulla. Ma non importa, ci vuole roba per riempire l’intestino crasso della cultura pop. Non mi posso fermare a riflettere su quello che sto vedendo, passerei per quello che si tira le pose da intellettuale. Non fa nulla se un sacco di pilastri del nostro immaginario popolare si basano proprio sulla riflessione e sulla ricerca. Quello era ieri, oggi è oggi.
Dividere il mondo tra chi legge Nabokov e chi no ha lo stesso peso umano e culturale di dire che Trasformers è bello perché ci sono i robot e i palazzi sbriciolati. Tanto per dire che non esiste una giusta parte della barricata. Qui si tratta di pretendere da gente pagata centinaia di migliaia di dollari di fare un lavoro centinaia di migliaia di volte migliore rispetto a quello che potrei fare io. Il che significa non copiare le architetture di Mass Effect per le scenografie di un film di fantascienza solo per evitare che gli adolescenti vengano stimolati eccessivamente alla vista di qualcosa di effettivamente nuovo. D’altra parte pretenderei che tutti i nerd al cinema non andassero in sollucchero alla visione di tale copiatura (“Hai visto? Il regista è proprio uno di noi!”), ma che invece la prendessero a male. Dopo tutto stanno tentando di venderti un usato sicuro al prezzo di una nuovissima fuoriserie.
Oggi uscirà nelle sale il remake di Robocop, primo grande nerd-movie dell’anno. Non ho idea di cosa rimarrà del film originale, ma già immaginarsi l’eroe reaganiano dell’europeo (particolare non certo privo di interesse) Verhoeven fuori dagli anni ’80 è un dolore. Anche se il regista è Padilha e ci sono i droni.
Da qui al 31 dicembre ci aspettano un sacco di grossi film che promettono di tutto e di più, ma che già sappiamo manterranno ben poco. Come se fossimo tornati all’epoca dell’exploitation, dove le scene più belle erano già tutte inserite nel trailer. Con la differenza che almeno quelle scene avevano un che di iconico, tanto da diventare qualcosa da copiare ancora oggi. Avanti, siamo onesti con noi stessi. Nei siti stranieri stanno costruendo scoop sulle prime foto rubate delle nuove Tartarughe Ninja. Stessa cosa in Giappone con il live-action di Lupin III. Stiamo veramente grattando il fondo del barile. Non ho idea di cosa potrà succedere e di come si evolveranno le cose, so solo che sarà dura essere sorpresi. Eppure, solitamente, è proprio da situazioni così disperate che qualche eroe arriva a salvare la giornata. Di chi si tratterà questa volta?
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