In una recente intervista rilasciata a Repubblica, il regista Bernardo Bertolucci ha raccontato a Tiziana Lo Porto, giornalista, traduttrice, scrittrice e autrice di Superzelda – la vita disegnata di Zelda Fitzgerald (Minimum Fax), la propria passione per i fumetti.
“Una sera ero stato invitato a una proiezione organizzata da Massimo Ammaniti per la Spi, la Società Psicoanalitica Italiana. Dopo il film avrei dovuto parlare con gli psicanalisti, ma avevo troppo dolore alla schiena per andare. E allora ho chiamato Ammaniti per dirgli che avrei rinunciato. E lui: e che fai? Mi guardo il film sui supereroi della Marvel”.
La chiacchierata inizia così, a proposito dei tanti adattamenti filmici provenienti dal serbatoio dei supereroi americani. Bertolucci spiega di essere rimasto un po’ deluso da uno di questi film e spiega:
“È strano come un film che viene da un fumetto, realizzato con molti soldi ed effetti speciali, alla fine ti sembri sempre meno gratificante di un fumetto. Il fumetto ti fa sognare di più”.
Poi prosegue, cambiando argomento, sui graphic novel:
“Ho come due pensieri paralleli. Uno è: oh che bello, il fumetto è stato in qualche modo nobilitato. E dall’altra parte però mi dico che le graphic novel non sono altro che la derivazione diretta del fumetto. Sono il tentativo di avvicinare ulteriormente il fumetto alla letteratura. I vecchi giornalini, mi chiedo io, non contenevano dentro quello che poi sarebbero state le graphic novel?”.
La dimensione della serialità è ciò che però manca al mondo dei graphic novel.
Nella sua purezza, nel suo essere conclusa in sé, la graphic novel viene un pochino a mancare di un aspetto che era enormemente importante quando ero bambino, ossia che aspettavo con trepidazione il giorno in cui sarebbe arrivato un nuovo episodio di Tex Willer”.
Su Tex, aggiunge:
Come personaggio dei fumetti, lui non invecchia. Cambia nel tratto ma non invecchia. L’ho messo nel mio film “Io e te”. Jacopo Olmo Antinori, il ragazzino che interpreta Lorenzo, lo leggeva, e allora a un certo punto l’ho usato”.
Una passione, quella per l’arte sequenziale, che ha origine dall’infanzia.
“Da bambino ho letto moltissimi giornalini, come li chiamavamo allora. Mio padre era molto favorevole al fatto che li leggessi, ed era molto permissivo sulla scelta. Non solo fumetti di Walt Disney, ma anche fumetti d’avventura e d’azione, di quelli che si leggevano a fine anni Cinquanta, inizio Sessanta. Poi a volte, siccome ero piccolo, facevo vedere i fumetti a mio padre, e mi ricordo, o non mi ricordo e l’ho inventato io, che lui mi diceva, “beh, in fondo anche la storia di Francesco dipinta da Giotto ad Assisi è un fumetto”.
Infine, il ricordo degli anni ’60, quando due mostri sacri come Crepax e Godard scombinano le regole dei generi:
Valentina è una Anna Karina che imita Louise Brooks in Lulù. Valentina è come Anna Karina in “Vivre Sa Vie” (“Questa è la mia vita”, film del 1962 scritto e diretto da Jean-Luc Godard, interpretato da Anna Karina – ndr). Ed è evidente come Crepax fosse influenzato da Godard non solo nell’avere creato un personaggio che somiglia a quello di “Vivre Sa Vie”, ma proprio nel montaggio, nel taglio delle inquadrature. Il suo lavoro è come una elaborazione su Godard. Eppure ai suoi tempi quella di Crepax non era considerata arte. Quantomeno non da tutti. Solo alcuni, appunto illuminati, la consideravano una vera e propria forma d’arte”.