HomeFocusOpinioniPerché Lucca ci dice che il fumetto sta cambiando. In Italia, sì.

Perché Lucca ci dice che il fumetto sta cambiando. In Italia, sì.

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Il più grande evento fieristico dedicato alla cultura pop in Italia, Lucca Comics and Games, quest’anno è andato talmente bene da essere stato un’esperienza difficile. Gli americani parlerebbero di growing pains – dolori della crescita – per descrivere l’accaduto: un bagno di folla da record mondiale, ormai superiore persino ai blasonati eventi di Angoulême o San Diego (le cifre definitive saranno comunicate a breve); ma anche una manifestazione ai confini del marasma logistico, che ha portato qualcuno a rinominare l’evento, con azzeccata ironia, Lucca Comics and Caos.

Lucca Comics & Caos, ok. Ma Lucca?

Per quanto le reazioni emotive, in un contesto da sempre abitato dal fandom – qui la vera trasversalità identitaria di LC&G, tra comics, games, RPG, narrativa – abbiano acceso sui social network gli animi dei geek più reattivi, tutto è in realtà andato liscio: nessun incidente. Niente infortuni di cosplayer (Lucca 2010), niente presunti furti di gasolio con sversamenti (Lucca 2012), niente strattonamenti o episodi di ordinario bullismo fra teenager (Napoli Comicon 2013). Nonostante la calca, non si ha notizia che di qualche lieve mancamento, e di nessuna rissa scatenata da canonici spintoni in code ecc. Qualcosa di cui è lecito persino sorprendersi – complimentandosi con i visitatori – come ha fatto un cittadino lucchese, inviando una lettera a Repubblica in proposito.

Dunque niente incidenti, ma tanta stanchezza nei visitatori e negli operatori, però, quella sì: hotel introvabili nell’arco di due o tre province, problemi di parcheggio, problemi di speculazione da parte di (alcuni) ristoratori e albergatori, “record di scontrini non fatti” da molti commercianti, code stradali che nemmeno più ai concerti di Madonna, code in biglietteria più lunghe che al Salone del Mobile, taxi più rari di un Tex n.1 originale. Adolescenti e ventenni se ne sono fatti un baffo, i trentenni imprecavano, i quarantenni più nerd hanno resistito a fatica – ma per tutti passare da LC&G ha significato spendere energie superiori a tanti, forse troppi, festival e fiere di qualsivoglia tipo. E questo mi pare sia sintomo di un problema reale. Non tanto (non solo) per l’organizzazione, quanto per la città di Lucca nel complesso, percepita come vicina al limite delle sue possibilità di ‘tenuta’ logistica. Senza investimenti seri in infrastrutture e servizi, il brillante futuro di LC&G potrebbe incagliarsi in qualche scoglio gestionale di troppo.

Fumetto anch’io? No, tu no.

Una delle conseguenze di un simile – per quanto festoso – caos, è un certo disorientamento. Mi riferisco al disorientamento culturale, espresso con forza proprio da una porzione del mondo del fumetto. La perplessità è la stessa da tempo: “cosa ci faccio io, da fumettòfilo, qui?”. Una domanda che quest’anno ha trovato due generi di risposte. Il primo dei quali, del tutto nuovo.

Tra le notizie di questa annata, infatti, c’è stato l’annuncio da parte di un altro festival, Bilbolbul, che ha comunicato un calendario dell’edizione 2014 per certi versi azzardato: Bilbolbul 2014 si terrà a fine Novembre. Ovvero, tre settimane dopo LC&G. Secondo alcuni, una scelta autolesionista, che potrebbe penalizzarne il successo. Secondo gli organizzatori, è vero il contrario: l’identità fumettòfila di Bilbolbul e quella di Lucca C&G ormai sono talmente distinte da permettere di pensare ai due eventi in termini diversi dalla concorrenza per lo stesso target. Solo pochi anni fa sembrava impensabile, eppure oggi il festival bolognese scommette su un pubblico differente, che potrebbe non risentire troppo dell’offerta lucchese.

La declinazione più tradizionale delle Grandi Perplessità Fumettòfile, invece, è un dibattito pressoché antico: la critica rivolta da alcuni operatori ‘puristi’ all’accostamento tra il fumetto e altri settori. Una critica che spesso individua nei cosplayers il simbolo chiave di questo (dicunt) ininteressante pot-pourri culturale. [Inciso per gli smemorati: andatevi a rileggere l’intervento di Makkox un anno fa]. Cito ad esempio Pino Rinaldi: “essendo un purista vorrei che alle mostre e fiere di fumetti partecipassero appassionati del settore”.

D’altro canto, si sa: c’è ancora gente che ritiene che i cultori di Chris Ware e i cosplayer di The Walking Dead non possano – non debbano – convivere. Legittimo. Ma #sapevatelo: il talento dei creatori della cultura popolare dei nostri tempi – quelli che Walt Disney chiamava imagineers… tipo J.J. Abrams – nasce proprio da questo. Come ha ben sintetizzato David Gauntlett in uno dei testi più belli della riflessione su media e cultura dei nostri tempi, Making is connecting (in italiano, La società dei makers): creare è mettere insieme, accostare, costruire legami. Al solito, la cultura popolare di oggi infastidisce – lasciando spaesati – chi coltiva l’idea della cultura popolare di ieri.

Ma il bello di LC&G è che il suo caos, quest’anno, ha generato nuovi legami e connessioni. Come uno stand di Bonelli Editore dove mai avremmo immaginato di trovarlo, ovvero nel padiglione Games. E non solo Bonelli: anche Mondadori o Rizzoli erano presenti in quell’area (peraltro esponendo anche fumetti un-tempo-per-puristi come Astérix). Il che non inficia il punto secondo il quale, a LC&G, il fumetto sia solo una porzione del tutto. Ma al contempo, dimostra che è falsa anche la tesi secondo cui questi mondi non si parlino tra loro. La differenza col passato è merito anche della maturità organizzativa della direzione fieristica, che ha saputo distribuire meglio spazi e collocazioni, creando nuovi snodi e percorsi (come il Padiglione S.Martino dedicato a Panini, Disney e RW). La coabitazione di fumetti e cosplayer fa la forza dei cosplayer, ma anche del fumetto. Punto.

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E la sera, tutti a letto senza il Tg.

Ai risultati lusinghieri di Lucca Comics & Games, tuttavia, non corrisponde un altrettanto forte peso della manifestazione nel panorama dei media nazionali. Come riconosceva, peraltro, lo stesso lettore lucchese di Repubblica. Non parlo, naturalmente, delle testate specializzate in fumetto (o in anime, o in RPG, eccetera), ma dei grandi soggetti dell’informazione italiana. Corriere e Repubblica non hanno dedicato servizi speciali o pagine all’evento. Qualcosa che, come sappiamo, ha a che fare con l’antico – e solo parzialmente comprensibile – atteggiamento dei quotidiani generalisti verso la cultura popolare di cui LC&G è espressione. Certo, qualche intervista agli ospiti di maggiore rilevanza internazionale si è vista (Guy Delisle per Repubblica, ad esempio). Ma la sostanza è che, se un – putacaso – giornalista giapponese venisse a indagare sul maggiore evento italiano ed europeo, scoprirebbe che per i suoi colleghi si tratta di un evento degno al massimo di edizioni locali, da Repubblica Firenze (che è persino riuscita a sbagliare le cifre: “attese a Lucca 10.000 persone”) al Corriere Fiorentino.

Se i quotidiani dimostrano una notevole miopia, altrove non va meglio, con casi di vera e propria cecità: per i Tg nazionali, LC&G non esiste. Mentre l’organizzazione del festival di Angoulême, da ormai diversi anni, dialoga con le principali testate televisive francesi in una normale relazione tra festival / giornalisti tv (al punto da avere spostato la cerimonia di premiazione alla domenica pomeriggio, per permettere una maggiore facilità di lavoro ai giornalisti parigini di stampa e tv), l’organizzazione di LC&G ancora non riesce a incidere sull’agenda dell’informazione tv. Da un lato, a causa dei propri limiti: l’ufficio stampa del festival non è affidato né a una specifica struttura interna (come accade ad Angoulême) né ad un fornitore esterno, professionalmente specializzato in testate (e tv) generaliste. D’altro canto, gli stessi giornalisti tv ci mettono del loro. E qui il paradosso ha un nome: il più noto e preparato (sul fumetto) giornalista tv di cultura e spettacolo, Vincenzo Mollica. Il Mollicone nazionale non solo è il più influente professionista del giornalismo culturale in tv, visto il suo ruolo alla principale testata italiana – il Tg1 – ma è anche un provato fumettòfilo, all’origine di progetti fumettistici storici come le collaborazioni tra Fellini e Manara, Fellini e Cavazzano, Manara e Pratt. Uno che “ne sa”, insomma. E che tuttavia non ritiene di dedicare spazio a LC&G sul Tg1. Gentile Vincenzo: si può sapere perché?

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Vincenzo Mollica e il suo alter ego disneyano: Vincenzo Paperica. (© Gianfranco Goria, 2007)

Il nodo dei premi.

Per lunghi anni, i premi lucchesi sono stati oggetto di polemiche per l’ecumenismo da manuale Cencelli. Da qualche anno il problema è stato risolto, tramite l’istituzione di un meccanismo di submission per le candidature da parte degli editori, e grazie a una composizione delle giurie che ha dato luogo a Premi sempre meno discussi, quando non azzeccati (come quest’anno, con le meritate vittorie di Saga, Rutu Modan o Topolino 3000). Tuttavia, la cerimonia dei Premi ha mantenuto inalterati altri difetti: la fragilità del meccanismo di selezione (inclusi editori o autori significativi che non candidano alcunché), la discutibile definizione di alcune categorie (Migliore Storia Lunga, per esempio, il cui lessico dimesso e informale continua a irritare tanti autori e professionisti), la gestione della cerimonia stessa. Quest’ultimo aspetto, poi, si è rivelato il più evidente punto debole dell’edizione 2013, mostrando persino qualche passo indietro rispetto agli anni passati.

Il balletto delle autorità e degli organizzatori, come è noto, è un rito senza tempo. Ma se altrove (Angoulême) il problema è stato risolto alla radice, affidando la ‘voce’ della cerimonia a un singolo speaker e riducendo la passerella a rari casi specifici (l’intervento del Ministro della Cultura; la presenza di amministratori pubblici o membri dello staff solo come stuart silenziosi; apparizioni del solo Presidente o del solo Direttore artistico, peraltro esclusivamente in apertura o alla consegna di un trofeo), a Lucca quest’anno si sono visti: il Sindaco, il Presidente della società organizzatrice, il Direttore della società organizzatrice, il responsabile dell’Area Games, il responsabile dell’Area Comics, la responsabile dell’Area Junior, i Giurati di vari concorsi. Non solo: più della mera presenza, la caduta di stile è stata nel diritto di parola a tutti. Il che ha marginalizzato lo stesso ruolo del presentatore – lo stentoreo e sempre bonario Mauro Bruni – risultando in una confusione fatta di un continuo sovrapporsi di voci, prive di una seria regia cerimoniale. Peraltro, laddove abitualmente il rappresentante dello staff organizzatore interviene seguendo un discorso scritto, a Lucca le varie figure pronunciano discorsi a braccio e – forse l’aspetto più surreale – infarcendo la cerimonia di continue battute, ammiccamenti, botta-e-risposta improvvisati.

Se Lucca Comics & Games insiste da anni (giustamente) sulla credibilità del settore di cui si occupa, la cerimonia sembra invece rimasta ancorata a una visione retro’, informale e hobbystica, della cultura pop. E tutto ciò nonostante proseguano i tentativi di costruire una liturgia da “cerimonia di premiazione” tradizionale: quest’anno, si sono visti ottimi intermezzi video, come un cortometraggio 3D su Lucca Games e uno slideshow dedicato alle personalità del fumetto scomparse nel 2013 (mutuato, non a caso, da Angoulême). Tentativo fallito, invece, il cenno alla memoria di Luigi Bernardi. Ma se anche a questo giro, tra i grandi autori (o editori), erano più gli assenti che i presenti in platea, tocca riconoscere che la cerimonia continua ad essere l’anello debole nella catena di produzione di una identità autorevole, federatrice e affidabile del grande evento che è LC&G.

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L’anno dei webcomics. Finalmente.

E i fumetti? Tra le tendenze di questa Lucca Comics – senza Games, per concludere – credo si possa dire che si sono visti segnali importanti. Proprio per quanto riguarda le opere presenti sugli stand.

Il dato principale mi sembra sostanzialmente uno: le code più lunghe e le vendite più consistenti nell’Area Comics, eccezion fatta per alcuni manga o per il sempreverde Leo Ortolani, hanno riguardato i fumetti(sti) nati sul web. Penso a Zerocalcare, naturalmente, le cui code per le dediche hanno generato non pochi disguidi sia tra i lettori in attesa (fuori dal padiglione, anche il sabato sotto la pioggia) sia sullo stand (con altri autori ‘spostati’ dai tavoli limitrofi per fare spazio alla calca pro Michele Rech). Ma come abbiamo rivelato pochi giorni fa, la sorpresa-nella-sorpresa non è solo che Zerocalcare sia ormai un attrattore come non se ne vedevano da anni, quanto il fatto che molti altri autori di webcomics abbiano visto esplodere le vendite. Penso a Mirka Andolfo (1500 copie per un solo volume di Sacro e Profano), ma anche a Don Alemanno di Jenus di Nazareth, a Bigio di Drizzit, o a diversi fumetti pubblicati da Shockdom (Scottecs, Sketch & Breakfast, Eriadan). Oppure a Daw di A come Ignoranza e a Giacomo Bevilacqua di A Panda piace, ormai passati dal successo online a collane in edicola, per Panini Comics. Prodotti ritenuti solo poco tempo fa privi di un pubblico “reale”, hanno invece raccolto numeri, per Lucca, da vero e proprio “fumetto popolare”. Finalmente. La frontiera dei webcomics italiani non è più solo una piccola scena creativa o un sottobosco user generated, ma un autentico mercato. Con tanto di leader (Zerocalcare, certo).

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Dalle autoproduzioni, le nuove generazioni. Finalmente (bis).

Infine, ai margini dei padiglioni principali, la seconda – e forse, ancora più significativa – novità. Nella Self Area, dedicata alle autoproduzioni, mi sembra infatti di avere percepito un nuovo stadio di maturazione tra gli esordienti, i giovanissimi, gli aspiranti. Una tendenza alimentata da tre ingredienti.

Il primo è che anche le autoproduzioni più interessanti provengono con frequenza crescente dal web. L’esempio eclatante è quello del sito Mammaiuto.it, che quest’anno si è aggiudicato nientemeno che lo stesso Premio Self Area. Un riconoscimento particolarmente credibile anche per il meccanismo con cui viene determinato: tramite voto fra tutti gli stand partecipanti alla medesima Area. Devo ammetterlo: quando scrivevo che si trattava del magazine di fumetti online più interessante degli ultimi tempi, non pensavo avrebbe raccolto consensi tanto rapidamente. Ma tanto quanto li ha meritati online, si sono confermati onpaper, grazie alla qualità delle due pubblicazioni presentate sullo stand, di Lorenzo Palloni e Claudia Razzoli.

Il secondo ingrediente, invece, è una conferma: il “tiro” delle autoproduzioni più ricercate. Che è spesso, ormai, perfettamente comparabile a quanto si vede negli spazi dedicati alla microeditoria in Francia o Stati Uniti. E qui penso al gruppo di Delebile, così giovani e così quasi perfetti; agli albetti oltranzisti de La Trama Autoproduzioni; alla eccellente antologia Ten Steps in the City di Teiera; al magnetico Before the Wolves di Niccolò Pellizzon. Le autoproduzioni italiane non sono figlie di un dio minore, e dopo il Premio “BD Alternative” assegnato a Canicola nel 2007, anche al prossimo festival di Angoulême c’è da presumere che sapranno farsi notare.

Il terzo, per concludere, è che presso la Self Area si sono viste autoproduzioni di gran livello anche tra i giovani autori rivolti più alla produzione mainstream che alla scena alternativa o di ricerca. Tutt’altro genere di fumetti, per tutt’altre idee su cosa significhi “qualità” – ma se non avete il paraocchi, capirete in fretta. Già, perché Ilaria Catalani e Silvia Tidei, per fare un esempio, con il loro Hadez hanno realizzato un albetto in puro stile Barbucci&Canepa che impressiona. Disegno, regia, ritmo, colore: un barbucciecanepismo che non sfigurerebbe accanto ai migliori Monster Allergy e WITCH. E anzi, bagnerebbe il naso a tanti autori allevati al mix di manga, Disney e bédé elaborato dai due alfieri del nu-pop anni Duemila. Un discorso simile lo merita Cristina “Kokoro” Guidetti che, al netto di un serio editing su testi e lettering, ha portato con Dim Glow uno dei lavori pop di esordienti meglio disegnati mai visti in Self Area (difficile scordarne alcuni dettagli: occhi, contrasti rosso porpora, efelidi). Lucca Comics & Games, con il suo caos, il suo pot-pourri, il suo marasma di cosplayer e fumetto d’autore, di videogiocatori e amanti dell’illustrazione, sembra avere ormai definitivamente figliato una nuova generazione di autori. Finalmente (bis). Ché poi, se tutto procede come sembra, saranno gli autori che seguiremo domani.

Quel domani in cui, immancabilmente, torneremo a Lucca.

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[DISCLAIMER: Matteo Stefanelli, direttore di Fumettologica.it, è membro dello staff culturale di Lucca Comics & Games, come responsabile dei “Comics Talks”]

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