Intorno a noi proliferano storie – inventate e reali – di uomini e donne che scelgono soluzioni di vita ‘alternative’, lontane dalle imposizioni della società occidentale e consumistica. Libri e siti e manuali per imparare a riciclare e riutilizzare i beni di tutti i giorni; titoli come “Vivere con meno di xx euro al giorno”; articoli che raccontano il ritorno (magari 2.0) di pratiche e forme del baratto. Storie molto lette e prodotti molto acquistati, magari anche più di quanto acquirenti e lettori si applichino per seguirne i consigli. Una manualistica per il “vivere la crisi” che ha radici, in realtà, già negli stili di vita comunitaria pre-Sessantotto, certamente spinta al successo dall’incertezza che gli ultimi anni hanno portato con sé.
Non costa niente, dell’autodidatta fumettista francese Saulne si inserisce in questo filone. Il volume racconta, infatti, la storia di Pierre, che recatosi a Shangai per turismo, nell’attesa (prolungata) di una cospicua eredità, sperpera i propri risparmi in prostitute, discoteche, feste e ristoranti costosi, trovandosi costretto a vivere prima con quindici euro al giorno, poi con dieci, cinque e infine soli sessanta centesimi. Naturalmente Pierre, alter ego dell’autore – il carattere semi-autobiografico dell’opera è rivelato dallo stesso autore sul blog – trova in questa difficoltà un’opportunità.
Un’occasione non tanto per riflettere sugli squilibri sociali ed economici, particolarmente evidenti in una città come Shangai, ma su sé stesso e sul proprio rapporto col mondo. Il libro, con un’insistenza spesso persino fastidiosa, è quasi totalmente incentrato sul protagonista e i suoi svaghi, patimenti, riflessioni. Il mondo esterno non emerge in quanto tale, come accade nei non-reportage di Guy Delisle, bensì come mera proiezione dello sguardo del protagonista, risultando, a tutti gli effetti, uno sfondo indifferente e virtualmente intercambiabile.
Il libro è diviso, idealmente e anche fisicamente, in due metà quasi perfette. Nella prima parte, il segno fotorealistico ed architettonico di Saulne, aiutato da una tavolozza digitale acida, usata con notevole abilità, riesce a restituire un ritratto vivo del lato luminoso e mondano della metropoli. La regia delle inquadrature, mutuata dal linguaggio dei manga più moderni – punto di vista sempre in movimento, inquadrature angolate e stranianti, resa dettagliata dei particolari in primo piano e in particolar modo di cibo e visi – rende la lettura dinamica e coinvolgente. Inoltre, la mancanza di indulgenza dell’autore sia verso la vita dissoluta del protagonista e dei suoi amici occidentali, sia verso la rapacità delle donne cinesi, pronte a tutto per accaparrarsi un marito ricco, affascinano proprio perché smorzano l’eccessiva presenza di Pierre, che purtroppo prorompe senza limiti nella seconda parte.
A partire dall’undicesimo capitolo Saulne rinuncia alla varietà cromatica adottata precedentemente, riducendo il mondo ad una monotona varietà di grigi su cui risaltano, splendenti, gli unici oggetti colorati: quelli commestibili, a testimoniare l’ossessione del sempre più affamato protagonista. Lo stratagemma, come si potrà immaginare non nuovo e non particolarmente originale, risulta però efficace nella sua semplice brutalità.
Pierre, da questo momento in poi, scivolerà in una sorta di parzialmente volontaria ascesi – e dell’ascesi ha tutte le caratteristiche, dal digiuno alla castità alla mortificazione dei propri bisogni – che lo porterà a ripensarsi, a riscrivere le sue priorità e a guardare con occhi nuovi non tanto la Cina, la propria occidentalità.
Peccato che l’onestà di tutta l’operazione presti il fianco ad un legittimo e sano scetticismo. E’ legittimo credere, infatti, che questa illuminazione condivida con il viaggio, in continuità con la prima parte del libro, una particolare natura: quella turistica. Non si vede differenza etica, infatti, fra il giovane Pierre che approfitta di tutti i piaceri consentiti dalla propria disponibilità economica (prima parte) e quello, non maggiormente consapevole, che rinuncia – pur potendo evitare di farlo – non al proprio sostentamento (come afferma lo stesso autore sul proprio blog, sessanta centesimi non sono poi così pochi, in un paese come la Cina) ma a vivere, per un periodo di tempo controllato e stabilito a priori, al massimo delle proprie possibilità.
Questo approccio non pone Pierre nelle stesse condizioni di chi quella vita di stenti è costretta ad affrontare tutti i giorni ma, piuttosto, lo trasforma in un “turista del digiuno”. E allora il rischio (di sopravvivenza) non è certo radicale, alla stregua di chi, lanciandosi con un elastico da un parapetto, voglia provare – con cosciente e controllata paura – il brivido della morte.
Ad esperienza finita Pierre/Saulne potrà sempre tornare in Francia, alle proprie comodità, con quel briciolo di consapevolezza in più che può bastare, in società, per fare bella figura. E magari, perché no, per scriverci un libro (un fumetto).
Non costa niente
di Saulne
Coconino Press, 2013
188 pagine, € 19