Souvenir dell’Impero dell’Atomo è un’opera che si alimenta, in maniera quasi maniacale e vorace, di un’estetica e di un immaginario che con prepotenza si vanno affermando da un po’ di tempo in ambito fumettistico e non, e che potremmo definire come retro-futurismo. Una strana forma di archeologia venata di nostalgia e da un pizzico (forse) di invidia verso quelle generazioni che con un prepotente sforzo immaginativo hanno creato il nostro presente e una complessa mitologia con cui continuiamo a fare i conti.
Fresca vincitrice del premio come miglior fumetto fantascientifico all’Utopiales di Nantes, l’opera firmata da Thierry Smolderen – uno dei maggiori esperti di fumetto a livello internazionale – e Alexandre Clérisse è, non solo un omaggio alla sci-fi degli anni ’50 e all’età d’oro della bande dessinée, ma anche un’attenta analisi della “generazione dell’atomo”.
Souvenir dell’Impero dell’Atomo parla dell’atipica vita di Paul Linebarger. Paul è un uomo “semplice”che svolge la sua attività da burocrate presso il Pentagono e che vive una “fastidiosa” relazione telepatica con Zarth Arn, l’eroe de l’Empire des étoiles, creato da Edmond Hamilton. Paul, costretto a sottoporsi a sedute psichiatriche, incrocerà malauguratamente la sua strada con l’astuto e machiavellico Zelbub, che vorrebbe utilizzare le sue conoscenze provenienti dal futuro per i propri loschi fini.
Ridotta ai minimi termini la trama di Souvenir non sembrerebbe così interessante. In realtà, la capacità di Smolderen di lavorare a più livelli su situazioni temporali che si dipanano tra la Shangai degli anni Venti dello scorso secolo e l’anno 121000 da cui proviene Zarth Arn crea una struttura a scatole cinesi dall’indubbio fascino. La metafora migliore per illustrarla sarebbe quella suggerita dagli autori nel prologo: il gioco del Memory. Ogni carta ha un suo doppio da scoprire e memorizzare. La lettura, infatti, “costringe” il lettore a comporre un puzzle e a costruirsi una sua personale idea di quello che è veramente successo nel corso delle vicende narrate. La chiave di volta è rappresentata dal secondo capitolo: Il divano a reazione. Ispirato al caso Kirk Allen, sotto cui a detta di molti si nasconde lo scrittore Cordwainer Smith, Smolderen porta a galla i traumi infantili del protagonista e la sua crescente ossessione per la sci-fi. Il turbine narrativo ricostruito dalla fervida fantasia di Paul arriva a modificare la stessa realtà: è nella sottile membrana che divide questa dalla fantasia che si annida il mistero dell’Impero dell’Atomo.
L’intricata vicenda, che fotografa gli anni ’50 dello scorso secolo, è resa graficamente in maniera superba da Alexandre Clérisse, che non si mostra come un semplice imitatore nella sua foga retro-futurista, ma un attento osservatore, che con cura filologica, ricostruisce l’estetica del periodo. In una splendida sequenza newyorkese, Clérisse mischia sapientemente diversi registri accumulando citazioni su citazioni: dall’école de Marcinelle alle riviste di fantascienza degli anni ’50, sino all’intramontabile spettro di Raymond e del suo Flash Gordon. Queste pagine, che in un accumulo sfrenato di citazioni uniscono materiali disparati come il Vonnegut di Mattatoio n. 5 e il teatro Bauhaus, mettono a nudo il fine degli autori: usare il personaggio di Paul Linebarger per parlare di un’intera generazione.
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Souvenir dell’Impero dell’Atomo
Thierry Smolderen, Alexandre Clerisse
Bao Publishing, 2013
144pagine, € 19.00