HomeRecensioniNovitàLa bédé solida e classica di Boucq e Charyn: Little Tulip

La bédé solida e classica di Boucq e Charyn: Little Tulip [Recensione]

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Solido e classico. Questi sono probabilmente gli aggettivi che meglio descrivono Little Tulip, l’ultimo lavoro della coppia composta da François Boucq (disegni) e Jérôme Charyn (testi), con la collaborazione per i colori di Alexander Boucq. Aggettivi che definiscono al tempo stesso pregi e limiti di quest’opera, che sancisce il ritorno alla collaborazione dei due autori dopo vent’anni. Pubblicato originariamente in b/n (e viola, per i tatuaggi) su Liberation, Little Tulip è stato poi ripresentato in volume di grande formato da Le Lombard, edizione ripresa anche da Panini per l’Italia.

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La storia prende il via a New York, nel 1970. Paul lavora nel proprio studio da tatuatore, oltre a collaborare saltuariamente con la polizia per la realizzazione di alcuni identikit. Solitario e silenzioso, il protagonista di questo fumetto coltiva solo due affetti, l’amicizia per la piccola Azami e l’amore per la di lei madre, con cui intrattiene una relazione. Il fulcro della vicenda, però, è ambientato sul finire degli anni Quaranta, quando il piccolo Paul e la sua famiglia si trasferiscono dagli Stati Uniti nella Russia stalinista. Il padre di Paul, scenografo, insegue il sogno di collaborare con il regista Sergej Ėjzenštejn, ma dopo essere essere stato accusato di spionaggio viene imprigionato con moglie e figlio in un campo di lavoro in Siberia.

Qui comincia l’ascesa di Paul nel sottomondo della criminalità russa. Grazie al proprio talento di disegnatore, infatti, il bambino riesce ad entrare nelle grazie di Kiril-La-Balena, pakhan (boss) di uno dei gruppi criminali presenti nella prigione. Sotto la sua ala e soprattutto grazie agli insegnamenti di Andreï, maestro tatuatore, che si impone come padre putativo del ragazzo, Paul viene iniziato all’arte e ai codici dei tatuaggi che ornano i corpi dei criminali sovietici. Le vicende del Paul bambino – che vede il proprio nome russizzato in Pavel – si intrecciano successivamente con quelle del Paul adulto. A New York, infatti, una serie di brutali omicidi inizia a mostrare dei collegamenti con il passato tragico del tormentato protagonista. Non sveliamo però troppo del colpo di scena finale.

Little Tulip si presenta come una storia di genere d’altri tempi. E se il senso complessivo di déjà-vu, cui non sfugge neanche il frettoloso e perlomeno improbabile colpo di scena finale, non rovina troppo le belle atmosfere un po’ vintage dell’opera, l’eccessivo accumulo di cliché rende in molti punti difficile appassionarsi completamente alla vicenda. L’interessante spunto iniziale, infatti, viene troppo spesso annacquato da una insistente sensazione di già visto, che porta a prevedere molte svolte nella narrazione (il collegamento, telefonatissimo, fra il passato e il presente di Paul, l’inizialmente burbero Andreï che finisce per sacrificarsi per il proprio pupillo, la tragica fine della donna del protagonista, il mondo criminale infarcito di crudeltà ma anche di tenerezza e di un profondo senso dell’onore eccetera).

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Prendendo il fumetto per quello che è, ovvero, una solida crime story di ambientazione carceraria, e tralasciando le sue maggiori debolezze, è però possibile apprezzarne i lati più interessanti. Oltre alla trama – detto chiaramente, parecchio scontata – Little Tulip si mette in mostra soprattutto per le sue parti più prettamente “documentaristiche”. La vita detentiva è resa con puntiglioso dettaglio, soprattutto nei suoi aspetti più sordidi, e la tradizione dei tatuaggi carcerari russi, un vero e proprio codice che indica posizione sociale e storia dei vari membri delle gang, è raccontata, anche graficamente, con precisione filologica. Anche se la retorica del disegno come mezzo salvifico, retorica che gioca molto con il mezzo con cui la storia si presenta – il fumetto – è un po’ tirata per le orecchie, la fascinazione dei corpi tatuati disegnati da Boucq resta intatta, così come accade, del resto, per le fisionomie scavate e sofferenti dei prigionieri. Meno convincente, invece, la resa dei volti dei bambini, quasi alieni o scimmieschi nella loro sproporzione prepuberale, e, in particolare, la caratterizzazione del protagonista Paul, più slavo dei suoi stessi compagni di sventura.

Il tratteggio lieve del disegnatore francese restituisce con particolare fascino, inoltre, gli interni angusti delle baracche e degli spazi comuni della prigione, comunicando con efficacia oppressiva la privazione della libertà – aiutato in maniera significativa dalla tavolozza del colorista – grazie anche ad una scelta delle inquadrature che, nella parte ambientata nel passato, privilegia con insistenza i primi e primissimi piani e i campi medi, concedendosi invece più respiro nelle tavole di ambientazione metropolitana e contemporanea. L’affollarsi di corpi nudi, guizzanti e tatuati, proposti con un’ossessione quasi liturgica, vale di per sé l’acquisto. Non a caso, in occasione della 42esima edizione del festival di Angoulême, si è svolta un’esposizione dei tatuaggi realizzati da Boucq per questo lavoro, intitolata “Boucq Tattoos“. Oggettivamente la cosa più affascinante di questo lavoro.

Little Tulip
François Boucq e Jérôme Charyn
Panini Comics, 2015
88 pagine, 16,90 €

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