Dal titolo (“classe letale”, in italiano), mi sarei immaginato una storia in stile Battle Royale (il manga distopico che racconta di una scuola i cui studenti si uccidono l’uno con l’altro, che è anche romanzo e film); invece, in Deadly Class il concetto di base è praticamente opposto. La serie racconta di un istituto che si frequenta per imparare a uccidere. Inizia illustrando le sventure del protagonista, Marcus Lopez Arguello, un orfano costretto a vivere in miseria per strada. Poi, viene scoperto da una ragazza, che lo introduce alla scuola Kings Dominion della Arti Letali. Lui non ha nulla da perdere, e vi entra, nonostante l’aspetto sia subito poco promettente.
Non si tratta comunque di una scuola di quelle pericolosissime, come quella del manga Fortified School o perversa Harenchi Gakuen di Go Nagai (vengono facilmente in mente manga, quando si parla di fumetto e scuola); è piena di balordi e materie e test che hanno a che fare con l’educazione al crimine e alla violenza – perché è lì che le famiglie criminali attingono nuove generazioni di delinquenti – ma, sarà per i colori (vivaci) o le dinamiche, la scuola ricorda alla fine dei conti un liceo americano normale.
Rick Remender (testi) e Wes Craig (disegni) mostrano sin dalle prime pagine la determinazione a fare di Deadly Class un fumetto dal ritmo convulso e intenso. Le prime tavole sono una corsa continua. Pur determinato a introdurre il protagonista, Remender si affida alla regia di Craig, scandita da un ritmo incalzante dato soprattutto da un taglio audace, frammentato e frenetico delle vignette. Tanto veloci e audaci, le tavole, da non essere però sempre chiare; oppure, concentrato com’è a comprimerle di azione capita che tralasci le giuste proporzioni. Craig ha un segno e una regia della tavola inseribili in quella nuova scuola post-Mazzucchelli, di cui è ottimo esponente David Aja; e nel suo segno non manca di mostrare anche l’influenza dello stile denso e dinamico di Paul Pope.
Le aspirazioni qualitative dei due si spingono nella tendenza a creare un prodotto pop moderno, dai colori sgargianti – e bubblegum –ma attento all’autorialità (dicevamo dei modelli di Craig) e post-pop nel tentativo di negare il conformismo che si palesa con i riferimenti e le citazioni della cultura punk rock di Remender. L’attitudine è quella californiana del compromesso, sì la ribellione, ma senza dimenticare il dress code e il sole (lui proviene dal giro 90s un po’ cafone, era copertinista della etichetta Fat Wreck Chords (produttrice di musica punk rock e di proprietà del cantante della band NOFX). Questa attitudine rende Deadly Class una lettura leggera e spassosa – non per questo di scarso livello – ma di sicuro non di rottura, non quanto vorrebbe o quanto vorrebbe far sembrare, con la sua storia inserita a pieno negli anni 80, periodo sì estremamente glitterato, ma durante il quale non è mancata la ribellione culturale (come fa giustamente notare il curatore, Antonio Solinas, nella prefazione all’albo).
Il finale del primo volume è forte, esplode la violenza, scorre il sangue, e la tensione sale. Ancora presto – forse – per farsi idee affrettate e definitive, anche perché l’ultima tavola lancia verso nuove possibilità. Di certo c’è che l’edizione Panini è un volume cartonato di ottima qualità, curato anche oltre i loro solitamente buoni standard (e forse anche per quello l’aspettativa era di trovarsi per le mani un prodotto più autoriale).
Deadly Class – Gioventù reganiana
di Rick Remender e Wes Craig
Panini Comics
cartonato, 176 pp., colore
17,00 €
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