Roger Olmos (Barcellona, classe 1975) è un illustratore autore, dal 1999 a oggi, di oltre sessanta volumi. Diversi di questi sono pubblicati in Italia da Logos Edizioni, del quale era ospite all’ultima edizione della Bologna Children Book Fair (QUI un articolo a essa dedicato), dove abbiamo avuto modo di intervistarlo.
L’ultimo libro di Olmos è un racconto muto, che, con immagini suggestive e intense, racconta il dramma dell’alzheimer. Si intitola Calando e, insieme a lui, abbiamo indagato l’idea che ne sta alla base.
Il tema di questo libro è molto chiaro e forte: l’alzheimer. Come nasce l’idea?
Ho diversi amici che hanno parenti o proprio genitori con questa malattia. Io no, non ne ho esperienza diretta; eccetto il fatto che magari un po’ di alzheimer ce l’ho io stesso, che mi dimentico spesso le cose, ma direi a livello clinico [Ride].
Successe che dopo essermi confrontato spesso con gli amici su questo argomento e aver spesso parlato con loro di questi problemi, arrivai a discuterne anche col mio editor, considerando l’idea di farci un libro. L’opera alla fine è uscita come un ragionamento sull’alzheimer praticamente astratto, senza riferimenti troppo diretti o scientifici. A me piace parlare con le immagini, con le metafore figurative. Quindi qui ce ne sono molte. Come il coniglio nero che si vede all’inizio.
Ti va di raccontarmele più nel dettaglio?
Vedi, la storia inizia con un sogno e vediamo questo anziano su un palazzo, una macchia nera e una colomba; poi lo sguardo si allarga e appare quel coniglio che dicevo. Dopo l’immagine onirica inizia la storia vera e propria, con l’anziano che apre gli occhi e si sveglia, e nei suoi occhi si vede la macchia nera, che sta a simboleggiare l’oscurità della malattia. Passano giorni e le immagini della realtà si mescolano con i ricordi. La tenerezza e gli atti quotidiani della coppia di anziani protagonista. Alla fine rappresento questa immagine della testa che se ne va con leggerezza, come una mongolfiera, e il nostro protagonista è portato via dal coniglio nero che vedevamo all’inizio. Poi tocca alla donna, che finisce per spazzare va se stessa, metaforicamente, con in mano la scopa.
È questo che volevo arrivare a rappresentare; il fatto di stare insieme a una persona ogni giorno, amarla, e poi questa diventa un completo sconosciuto. È una situazione incredibilmente pesante.
Ti avrei chiesto che tipo di ricerche hai fatto, ma mi sembra di capire che ciò che racconti è molto astratto. Evochi la malattia, più che raccontarne i dettagli.
Sì, evoco una sensazione generale, ma a partire da un fatto molto concreto, cioè il dimenticare la persona che ami di più, la moglie o il marito. Rappresenta la malattia come un personaggio oscuro, proprio per mostrare quel qualcosa che ti porta via la persona amata. Quello di questa malattia è un periodo lento e doloroso, dai 3 ai 5 anni, circa. La storia infatti inizialmente era più lunga, questa era solo una parte, ma il mio editore ha preferito una versione più breve. Avremo la possibilità di fare un adattamento animato, con tutta la storia intera, ma ancora non è certo. Aspiravo ad avere un finale ancora più duro, in realtà.
Che tipo di tecniche utilizzi per disegnare?
Queste illustrazioni sono a olio su carta. Il ritocco digitale è solo leggero, per sistemare i contrasti. Ciò che mi piace è mantenere l’impronta pittorica dell’olio, anche sul prodotto stampato.
Cosa significa per te raccontare solo con immagini?
Ho pubblicato moltissimi libri, con testi altrui. E ciò che mi piaceva fare quando lavoravo a quei testi era cercare di creare una storia parallela, con le immagini, che rendesse l’opera un po’ più mia. Con le immagini – anche se già il testo esprime il concetto e la storia – puoi dare un accento maggiore a ciò che triste, allegro o intenso. Ho deciso di realizzare questo libro senza parole, solo con immagini, perché per me questo è sufficiente, è la mia dimensione. Non lo trovo più complicato, e sono particolarmente stimolato dal fatto che ogni volta che prendi in mano questo libro puoi trovare significati e diversi da individuare liberamente nelle immagini. Lo stesso libro per te può voler dire una cosa e per qualcuno un’altra, come per i quadri surrealisti.
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Quali sono le tue influenze artistiche?
Mi piace molto l’illustratore Shuan Tan – l’autore di L’approdo – poi mi piace Mark Ryden.
Nell’arte apprezzo molto Turner. Poi mi piace l’illustratore Levi Pinfold. Ma questo non vuol dire che la loro influenza sia diretta e chiaramente visibile nei miei lavori, specialmente in precedenza. All’inizio, infatti, realizzavo libri per bambini ma più che vado avanti e più che voglio lavorare a opere per adulti, o anche adatte a tutti.
L’immaginario che creo nasce da tutto ciò che vedo, dalla strada e dalla realtà, dalla visione un po’ surrealista che ho della vita. Quando vedo un oggetto, qualunque oggetto, mi piace immaginarmi la storia che c’è dietro e farla mia.