Siamo onesti: prima dell’annuncio, un paio di anni or sono, della trasposizione cinematografica un sacco di gente non aveva mai prestato la dovuta attenzione ai Guardiani della Galassia. E anche dopo la pubblicazione di quella fulminante concept-art – che avrebbe dovuto far pizzicare il senso di ragno a ogni appassionato un minimo lungimirante – c’è voluta la straordinaria performance al botteghino statunitense di quest’estate per far guadagnare il giusto spazio sugli scaffali delle librerie a un titolo che ha davvero ricevuto troppo poco rispetto alle sue reali qualità.
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Perché qui non si parla del solito tie-in preventivo firmato da Bendis, di cui magari parleremo in un secondo tempo, ma del tesoro nascosto a opera di Dan Abnett e Andy Lanning. Una folle corsa per lo spazio profondo che, per parafrasare un celebre film di vent’anni fa, “non è nemmeno lo stesso sport” rispetto all’annacquata e ultra-normalizzata proposta odierna.
Oltretutto parliamo di un titolo non certo facilissimo da sceneggiare, nonostante il taglio leggero e disimpegnato. Tra tutte le macrofamiglie del Marvelverso quella cosmica è sempre stata la più delicata e la più prossima al rischio cialtronata. Troppo camp per i gusti del lettore moderno, decisamente più attratto da derive dure e realistiche. Semplicemente imparagonabile alle vicissitudini tormentate di mutanti, avvocati ciechi o organizzazioni spionistiche planetarie. Se da una parte ci si esalta per dialoghi adulti e situazioni catastrofiche, qui abbiamo maghi cosmici, procioni parlanti, entità metafisiche, draghi lunari, … Una serie di elementi che definire kitsch sarebbe poco. Eppure tutti abbiamo amato saghe classiche come quella del Guanto dell’Infinito. E nessuno osa lamentarsi di quanto poco plausibile sia la serie Gli Eterni di Jack Kirby. Non si può non adorare il Thor di Simonson, con il suo vizio di cambiare identità ogni volta che ne capita l’occasione (alieno, rana, …) e i suoi numeri composti da sole splash page dove il nostro prende incessantemente a martellate esseri metafisici. Tutto questo per dimostrare che l’amore per una dimensione super-eroistica più grande di quella ospitabile sul nostro pianeta non è qualcosa di così astratto e campato per aria. Solo occorre qualcuno che sia capace di mettere mano a questo armamentario da viaggio psichedelico. E che sia altrettanto abile da trarci qualcosa di il meno simile possibile a una copertina di qualche vinile metal di fine anni Ottanta.
Per fortuna ci sono Dan Abnett e Andy Lanning, due tra i talenti peggio sfruttati di tutta l’industria fumettistica statunitense. La loro run dei Guardiani della Galassia (2008-2010) è in assoluto una delle cose più divertenti, godibili e fanciullescamente irresponsabili che sia arrivata nelle nostre fumetterie dai tempi della Justice League International di Giffen e DeMatteis. Irreperibile da qualche anno, ora che la Panini sta riproponendo questa storie in comodi trade paperback non avete più scuse per non recuperarli.
Gli ingredienti di tale sarabanda di creatività e freschezza sono semplici: umorismo, avventura, ritmo. Se proprio volessimo essere più precisi – vedendo certe proposte uscite ultimamente per Marvel e DC direi che occorre esserlo – verrebbe da specificare: umorismo divertente, avventura emozionante e ritmo travolgente. A cui vanno aggiunti decine di personaggi strampalati, piani temporali sfasati, gente che va e viene dalla morte, divinità, universi paralleli, mostri, Chiese universali, esplosioni, astronavi e trovate sempre e comunque oltre il limite dell’accettabile. Non a caso la Terra non viene mai neanche nominata, tanto per non inquinare l’atmosfera da space opera “pura” che aleggia su ogni pagina di questi volumi.
Alla faccia della narrazione decompressa, qui abbiamo un gusto per l’accumulo così esagerato che perfino il bulimico Erik Larsen si troverebbe in difficoltà a maneggiare questa enorme massa di punti e idee. E, ironicamente, in mezzo a tutto questo cancan fatto di guerre inter-dimensionali, universi tumorali, dinastie millenarie i Nostri due geni ci mettono una squadra composta da idioti. Seriamente. Se pensate che i Nextwave – altra testata criminalmente sottovalutata – siano il team più sconclusionato della storia di casa Marvel dovreste fare la conoscenza del corpo guidato da Star Lord. Mentre sul nostro pianeta i più potenti eroi della Terra – infallibili dei norreni, leggende viventi con capacità strategiche disumane e geni scientifici capaci di trovate tecnologiche impensabili – spendono le loro giornate prendendo a cazzotti inoffensive minacce lungo le centinaia di pagine dell’ennesimo maxi-evento privo di spessore, i Difensori della Galassia – gli idioti di cui si parlava prima – si trovano puntualmente a risolvere situazioni enormi. Dove in ballo c’è il futuro dell’Universo. E lo fanno litigando, sbagliando, dividendosi, deridendosi e non essendo quasi mai all’altezza della situazione. Il loro stesso leader è la cosa più lontana possibile dalla stopposa solidità da blocco di granito di un Capitan America qualsiasi. Eppure, puntualmente, la giornata è salva. Quasi sempre grazie a un’ottusa persistenza nel perseguire i proprio obbiettivi. A qualsiasi costo, anche la propria morte. A casa mia questa è la definizione di eroismo.
Tra scambi di battute fulminanti e siparietti modello reality (una sorta di confessionale dove i Nostri si sfogano parlando alla psicologa di bordo) impareremo ben presto ad adorare questi perdenti galattici. E finiremo per essere trascinati in una catena di eventi che non lascia spazio a tempi morti. In barba a ogni calcolo un sacco di spunti interessanti verranno risolti in un paio di pagine, lasciandoci spesso con l’amaro in bocca.
Siccome stiamo parlando di una serie divertente e, come tutti sappiamo bene, l’evasione pura è un peccato imperdonabile, i Guardiani della Galassia non finirà mai nel elenco dei capolavori del fumetto mainstream. Non per questo non merita di non essere trattato con tutto il riguardo che merita. Come ho già detto, stiamo parlando di intrattenimento puro. Di quello inconsistente e privo di qualsiasi riferimento alla realtà. Eppure lo sgradevole senso di vuoto che spesso accompagna la lettura di opere simili non fa neppure capolino. Merito dell’umorismo portato avanti dalla copia di sceneggiatori, capaci di avvicinare spesso e volentieri i toni da fumetto di avventure spaziali – le definirei proprio così, che più retro non si può – a quelli della commedia brillante. Delle migliori, di quelle che non hanno bisogno di cadere continuamente nel triviale per strappare una risata. Il confronto con altre testate che si pongono esplicitamente come comiche è imbarazzante, anche perché qui la fusione con le sfaccettature action (o prettamente sci-fi) è perfetta. Le situazioni affrontate dagli eroi in copertina sono serissime, non c’è gusto del grottesco fine a se stesso. Il fumetto avrebbe potuto essere livido e cupo senza doverne cambiare una virgola in fase di plot. E’ il cuore dei personaggi a essere così guascone e strafottente, non il mondo dove si muovono. E questo ci si aspetta da dei perdenti con il peso di tutte le nostre vite sulle spalle.
Una serie da adorare. Consumerete ogni pagina sghignazzando come fessi e chiedendovi dove si andrà a parare. Una scrittura sempre garbata, carica di quella spensieratezza che sarebbe d’obbligo sfoderare ogni volta che si approccia a una space opera. Anche perché si parla di nobili alberi senzienti e distruttori intergalattici, cosa pensavate?
Guardiani della Galassia
di Dan Abnett e Andy Lanning
Panini Comics, 2014
2 volumi da 300 pagine circa, 17€ l’uno