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Arrivederci, Topolinia

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di Andrea Alberghini

Chris Ware lo ha dimostrato di recente creando Building Stories, uno dei progetti fumettistici più straordinari (folli, complicati, ambiziosi) del decennio: l’intersezione tra fumetto e architettura è un campo quanto mai interessante. Per non dire azzeccatissimo. Forse anche più del “classico” – e pur sempre pertinente – dialogo tra fumetto e cinema.

Sta di fatto che questo rapporto sta diventando un campo d’indagine – in gran parte ancora inesplorato – in grado di suscitare una crescente attenzione da parte dei media, degli operatori e degli osservatori, tanto da essere divenuto oggetto di importanti iniziative di riflessione. Basti citare il convegno internazionale Comics and the City organizzato da Jörn Ahrens e Arno Meteling all’Università Humboldt di Berlino nel giugno 2007, con gli interventi di una quindicina di relatori provenienti da Europa e Stati Uniti. È del 2010, poi, la sontuosa mostra Archi & BD allestita alla Cité de l’Architecture & du Patrimoine di Parigi, il cui dipartimento di architettura (l’Ifa) già nel lontano 1985 aveva curato un’altra mostra dal titolo emblematico: Architectures de Bande Dessinée. Il rapporto tra fumetto e architettura è stato inoltre al centro del recente XV Napoli Comicon tenutosi nell’aprile 2013.

Oltre agli atti del convegno tedesco e al catalogo della mostra parigina, entrambi pubblicati nel 2010, il ristretto panorama delle opere dedicate al tema si è ampliato nel 2012 con Bricks & Balloons di Mélanie van der Hoorn, un saggio che esplora l’utilizzo del fumetto nella critica e nella pratica architettonica, realizzato con il supporto del Fondo Olandese per l’Architettura. Ultimo in ordine di tempo, si aggiunge ora a questo breve ma significativo elenco il bel libro degli italiani Laura Cassarà e Sebastiano D’Urso Goodbye Topolinia (editore Malcor D’), il cui contenuto è chiaramente indicato dal sottotitolo: su architettura e fumetto.

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L’uso dei due termini al singolare, qui, è illuminante: il saggio, infatti, si propone di indagare le due discipline non tanto (o non solo) perché affini nelle loro espressioni concrete, tangibili, ma in quanto Arti con la A maiuscola, mosse da meccanismi in larga parte sovrapponibili. Il taglio si rivela quindi originale rispetto alla scarna bibliografia esistente sull’argomento, che tende a concentrarsi invece sulla mera rappresentazione mediatica dell’immaginario architettonico e urbano. Non è un caso, forse, che Cassarà e D’Urso siano entrambi architetti (il secondo è anche ricercatore e docente universitario), mentre gli autori delle pubblicazioni citate in precedenza sono perlopiù sociologi e studiosi dei media.

Così facendo, comunque, gli autori di Goodbye Topolina si avventurano – con cognizione di causa, va precisato – in un terreno insidioso che si presta facilmente a generare dibattito, laddove ad esempio Mélanie van der Hoorn in Bricks & Balloons si era limitata a riportare i risultati della propria ricerca – condotta attraverso lo strumento dell’intervista – senza di fatto prendere una posizione personale. Cosa sia l’Architettura e cosa sia il Fumetto, quali caratteristiche li definiscano, se entrambi rientrino a pieno titolo nel novero delle arti e dei mezzi di comunicazione di massa sono infatti argomenti che possono rivelarsi spinosi e controversi. Agli autori va riconosciuta l’abilità di porre tali (non facili) questioni teoriche in un modo comprensibile anche ai lettori non specializzati e di renderle accattivanti appoggiandosi a un’accurata serie di esempi ricchi di fascino.

Così, un architetto dalla poetica raffinata come Peter Zumthor, capace di creare atmosfere e suggerire percorsi nei propri edifici, trova un parallelismo con l’organizzazione in funzione diegetica dello spazio disegnato che è tipica del fumetto e che un autore sofisticato quale Marc-Antoine Mathieu rende in modo magistrale, spingendosi addirittura nella terza dimensione, virtualmente o materialmente, con felici trovate cartotecniche.

Al pari del disegno, strumento di interpretazione e conoscenza della realtà, gli autori individuano infatti nella narrazione l’elemento comune a fumetto e architettura, mettendo in evidenza la narratività architettonica di Carlo Scarpa e di Bernard Tschumi, architetto quest’ultimo che ha lavorato ampiamente sul concetto di sequenza. Non mancano riferimenti a grandi maestri del fumetto quali Eisner, Schuiten, Swarte, Otomo, Ware, né ad architetti che usano il fumetto all’interno del loro ambito disciplinare, come Bjarke Ingels, Klaus e Jimenez Lai. Questi e numerosi altri esempi sono portati da Cassarà e D’Urso a supporto della loro tesi che finisce per istituire saldi parallelismi non solo tra l’attività dell’architetto e quella del fumettista, entrambi creatori/visualizzatori di mondi possibili, ma soprattutto tra l’Architettura e il Fumetto come espressioni di un agire artistico che trova nella dimensione spaziale e temporale la propria specifica ragione d’essere.

Il volume, ampiamente argomentato, è ulteriormente impreziosito da un saggio di Benoît Peeters, autore con François Schuiten dell’affascinante ciclo utopico-retrospettivo Les Cités obscures, pubblicato purtroppo solo parzialmente in Italia. Una nota di merito, infine, per l’efficace copertina di Fabio Consoli e la grafica dei titoli dei singoli capitoli che visualizza alla perfezione il concetto – centrale, nel saggio – di “interferenza”.

Laura Cassarà, Sebastiano D’Urso
GOODBYE TOPOLINIA – Su architettura e fumetto
Malcor D’, 2013
237 pagine, € 22.00

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