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“Il re leone” ha plagiato il Kimba di Osamu Tezuka?

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Le voci iniziarono a correre fin da subito e si sono trascinate fino a noi, partendo da giornali e forum carbonari degli anni Novanta in cui ci si scambiava fotogrammi sgranati che svelavano i moltissimi paralleli tra Il re leone e Kimba – Il leone bianco. Tante le similitudini tra la pellicola Disney e l’anime tratto dal manga di Osamu Tezuka (realizzato tra il 1950 e il 1954 e poi trasposto negli anni Sessanta), troppe per essere semplici casualità.

L’ipotesi di plagio, prima sussurrata da un manipolo di utenti, prese consistenza indizio dopo indizio, intervista dopo intervista, e divenne accusa urlata da una fetta sempre più larga di pubblico e critica, finendo per diventare una di quelle classiche storie preferite dalle cronache che si muovono tra leggenda e realtà scomoda. La polemica, sollevatasi inizialmente a ridosso dell’uscita del film, nel 1994, è tornata in auge in queste settimane con l’uscita del remake diretto da Jon Favreau (ne hanno scritto il Washington Post e l’Hollywood Reporter, tra i tanti), ma gli uffici stampa della Disney hanno continuato a reggere il colpo.

Similitudini e differenze
C’è più di qualche somiglianza, alcune riconducibili all’argomento comune (la storia di un leoncino strappato dalla propria famiglia), ma ci sono anche molte discrepanze. E le testimonianze spesso contrastanti delle professionalità coinvolte non aiutano a chiarire la situazione. Capire dove finiscono i fatti e iniziano i bias di conferma non è semplice, anche perché dentro Il re leone si muovono le influenze più disparate, dalla tradizione Disney – la stessa da cui pescava Tezuka, che nella sua vita ha raccolto appellativi come “il dio del manga” e “il Walt Disney giapponese” – a Shakespeare, passando per la narrativa documentaristica di National Geographic.

Sia in Kimba che ne Il re leone, un leone viene ucciso lasciando al figlio il compito di restaurare il regno, dopo un periodo di esilio in cui il giovane aveva rifiutato la responsabilità. A fronteggiarlo, un leone dalla criniera nero pece, sfigurato, che come scagnozzi impiega delle iene, mentre il protagonista si fa aiutare da un babbuino e un uccello logorroico.

Seppure alcuni tiranti narrativi siano simili (elementi del protagonista, la figura dell’antagonista, il padre che appare tra le nuvole) Kimba inanella una serie di avventure dal gusto fiabesco – combatte contro serpenti magici, mostri di pietra –, ha un cast di comprimari nutrito (tra cui personaggi umani) e le similitudini da un certo punto in poi si limitano all’uso di animali appartenenti all’ecosistema della savana.

Nel 2004, lo storico Tom Sito, che aveva lavorato come animatore al Re leone, scrisse in Watching Anime, Reading Manga: «Eravamo a conoscenza dell’opera ma non credo che nessuno coinvolto nello sviluppo de Il re leone abbia mai pensato a una connessione. Uno degli animatori, come scherzo, appese le pagine del manga sulla bacheca degli annunci, ma ormai eravamo in uno stadio avanzato della produzione e non influì sui lavori».

All’Huffington Post, nel 2015, Sito rilasciò una dichiarazione più perentoria («Posso dire che non c’è assolutamente alcun riferimento a Kimba»), ammettendo però che «quelli che erano cresciuti negli anni Sessanta avranno probabilmente visto Kimba. Voglio dire, io stesso avevo visto Kimba e credo che nei recessi della nostra memoria ne fossimo consci, ma non penso che nessuno consapevolmente disse “Copiamo Kimba”».

«Ci dissero che doveva essere Bambi in Africa e cercammo delle variazioni di quello spunto» affermò Mark Kausler, story artist del film. «Nessuno menzionò mai Kimba e, se anche a qualcuno venne in mente, pensammo che l’assenza di umani nella storia rappresentasse una differenza sostanziale».

Vero è che esistono dei concept art in cui compare un cucciolo di leone albino; così come esistono testimonianze di varie personalità coinvolte nel film che chiamano il protagonista Kimba (Roy Disney, in un Q&A online, Matthew Broderick, la voce di Simba adulto, in un’intervista del 1994 in cui dichiarava di aver visto il cartone da piccolo e di essere stato ingaggiato per il rifacimento dello stesso).

Sollecitato dal San Francisco Chronicle, Rob Minkoff, co-regista del film, disse di non essere stato a conoscenza della storia durante la produzione del film, ma non esclude che qualcun altro lo fosse, in particolare nel periodo precedente al suo arrivo sul progetto, che era già in fase di sviluppo quando lui fu nominato co-regista. Interrogato nuovamente nel 2019 da Syfy, ha ammesso che «le somiglianze sono incontestabili, ma non c’è stato nulla di intenzionale».

Una dichiarazione simile fece l’altro regista, Roger Allers, in un’intervista a Fumettologica: «Lavorai con George Scribner (il primo regista) e Linda Woolverton (la prima sceneggiatrice) per sviluppare la storia agli inizi ma poi mi assentai per un periodo, per aiutare il gruppo che stava lavorando su Aladdin. Se uno dei due aveva familiarità con Kimba non me lo disse mai. Certo, è possibile, comunque». Il regista, che conobbe l’opera di Tezuka solo dopo aver completato il film, aggiunse che «se fossi stato ispirato da Kimba l’avrei citato pubblicamente come fonte».

Una gestazione ondivaga
D’altro canto, la gestazione de Il re leone non fu per niente lineare o riconducibile a un’influenza diretta: il film era inizialmente intitolato King of the Jungle e avrebbe dovuto avere un taglio più documentaristico che cartoonesco – strada poi intrapresa dal remake del 2019. Disney non avrebbe ammesso la connessione tra i cartoni perché stava promuovendo Il re leone come il primo film dal 1970 a non essere basato una storia esistente. Poi, quando si trattò di elencare i riferimenti concesse quello all’Amleto di Shakespeare – un dramma di dominio pubblico – e al proprio Bambi.

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Madhavi Sunder, esperta di leggi sulla proprietà intellettuale e professoressa alla Georgetown University, ha studiato il caso nel libro From Goods to a Good Life: Intellectual Property and Global Justice e, secondo il suo parere, quello de Il re leone avrebbe ottime basi di partenza in sede legale.

Gli eredi di Tezuka e la sua casa di produzione non hanno però mai intrapreso battaglie legali. Takayuki Matsutani, presidente di Tezuka Productions, disse al Los Angeles Times di aver visionato Il re leone insieme ad alcuni membri dello staff e di essere arrivato alla conclusione che fosse impossibile evitare certi parallelismi dato il contesto delle vicende: «L’opinione della compagnia è che i due prodotti siano totalmente diversi e che Il re leone sia una produzione originale Disney».

Matsutani aggiunse che, se l’opera di Tezuka fosse stata nominata come ispirazione il fumettista ne sarebbe stato fiero. «Credo ci sia una relazione simbiotica tra i fan che riproducono un lavoro creativo e le compagnie che detengono i diritti di quei lavori» ha affermato Ben Whaley, insegnante di cultura giapponese all’università di Calgary, in Canada. «Non hanno un senso di proprietà così forte, quando si tratta di replicare o parodiare personaggi da un testo culturale».

Billy Tringali, editor-in-chief del Journal of Anime and Manga Studies, obietta che «le influenze e le ispirazioni sono spesso palesate di modo che i fruitori possano scoprire i lavori di partenza che li hanno originati. I fan e gli studiosi di Tezuka non contestano il plagio ma la mancanza di riconoscimento verso la fonte, la trovano una mancanza di rispetto». Si tratterebbe soltanto di rendere omaggio a un’ispirazione, come aveva fatto Tezuka, ammiratore dello stesso Disney, che dichiarò di aver visto Bambi svariate volte, citandolo come ispirazione per i suoi lavori, Kimba fra tutti, e realizzandone peraltro un adattamento a fumetti.

Vale la pena notare che, oltre a Bambi, negli anni Cinquanta Tezuka tradusse in manga anche Pinocchio, ed entrambi i fumetti furono prodotti senza l’autorizzazione diretta di Disney (Bambi ottenne il via libera dal distributore giapponese di Disney, ma non è chiaro se questi avesse il potere di concedere la licenza a terzi, mentre Pinocchio fu disegnato senza alcuna approvazione da parte degli americani) – la situazione fu poi ratificata tramite un accordo tra le parti.

Tezuka conobbe Walt Disney alla New York World’s Fair del 1964 e raccontò che il papà di Topolino gli aveva detto che sperava di poter realizzare qualcosa come Astro Boy. L’augurio di Disney si sarebbe realizzato trent’anni dopo. Aveva solo sbagliato opera.

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