Il primo albo di Odessa, scritto da Davide Rigamonti e disegnato Matteo Resinanti, inizia nel momento in cui, per un incidente, un’astronave multidimensionale si fonde con la città ucraina di Odessa. Nello scontro, gli occupanti delle celle della nave-prigione si liberano e arrivano sulla Terra, mentre la mente di un ragazzino di nome Yakiv si unisce parzialmente con il computer alieno che guida il vascello. Un balzo di venti anni ci mostra che nella città si è creato un nuovo tipo di società in cui extraterrestri e umani convivono, apparentemente in pace.
Yakiv e due colleghi, l’umano Goraz e l’aliena Zhiras, che lavorano per quella che sembra essere una forza di polizia di cui non ci viene detto nulla, si mettono sulle tracce di un segnale che sembra rendere furiosi gli alieni più animaleschi. Scendono così nel sottosuolo, dove trovano una tribù di extraterrestri selvaggi contro cui devono combattere per salvare le proprie vite. Il tutto inframezzato da qualche flashback per mostrarci squarci di quanto successo nei due decenni precedenti.
Senza spoilerare troppo, questa è la trama di Dopo la fusione, il primo albo della nuova serie di Sergio Bonelli Editore, ideata da Rigamonti con character design di Mariano De Biase e supervisione di Antonio Serra. Non è il soggetto più originale della storia ma regge dignitosamente, per un fumetto di intrattenimento. Più problematico è lo svolgimento, che pecca in più momenti del difetto principale di molto fumetto popolare italiano: gli spiegoni.
La necessità di raccontare la nuova ambientazione ai lettori viene risolta con le parole, molte parole, troppe parole. Soprattutto ci sono diversi dialoghi irreali, quelli in cui la gente si dice cose che sa già per renderle note al lettore. È il metodo più semplice per fornire tante informazioni ai lettori, come introdurre un nuovo mondo e nuovi personaggi in poche pagine a una platea di lettori distratti, ed è comune a molta narrazione popolare (Stanis La Rochelle insegna). Nel 2019, abituati a una narrazione più moderna e – si spera – di qualità, questo sistema risulta ormai obsoleto, oltre che una troppo facile scappatoia per farcire di informazioni le poche pagine a disposizione.
La “pigrizia” che caratterizza sceneggiatura e creature design si ritrova anche nei tre protagonisti. Yakiv è un tipo ombroso, molto abile con le armi e con un’ottima capacità investigativa, che collabora con una non meglio specificata forza di polizia. Goraz è un gigante muscoloso, duro ma buono, che risolve le situazioni a cazzotti ma non ama la violenza. Zhiras è una tizia tosta, che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Cari lettori Bonelli di fantascienza, non vi ricordano qualcuno?
Se nella missione al cuore dell’albo si sostituissero gli alieni del sottosuolo con una banda di mutati o di droidi impazziti potrebbe benissimo trattarsi di una storia di Nathan Never, in cui lui, Branko (il grosso mutato dell’Agenzia Alfa) e Legs o May (le storiche spalle femminili) scendono nei livelli più bassi della Città Est per scoprire che cosa abbia fatto impazzire questi mutati/droidi.
In Bonelli i sistemi dei personaggi delle varie serie hanno spesso molti elementi in comune, ma qui le somiglianze sono oggettivamente troppe. Tanto da far pensare che gran parte dell’episodio non sia altro che una sceneggiatura di magazzino di Nathan, riciclata per la nuova ambientazione. Greta Thunberg ne sarebbe contenta.
Queste sono pecche comuni a moltissimo fumetto popolare, che per i ritmi di produzione, le risorse sempre più ridotte e la necessità di parlare anche a un pubblico “basso” deve lavorare spesso sul minimo comun denominatore e cercare di riutilizzare tutte le idee già pronte (e pagate) che magari non possono più essere inserite in collane già esistenti. Il difetto principale del primo numero di Odessa è un altro: è una grande occasione sprecata per provare a fare una nuova fantascienza.
I più anziani tra noi conosceranno gli amici di Gioele, protagonisti di un popolare Carosello della Colussi animato dallo studio di Paul Campani: erano dei personaggi composti da parti di più animali, come il Leongorillomedario, il Tricheccervattopardo o l’Asinscimpanzoniglio. Gioele stesso è un Falconpulcineone, simile a un grifone, animale araldico di Perugia, dove ha sede il biscottificio. Chi ha realizzato il design delle creature di Odessa deve essere cresciuto pucciando troppi Gran Turchese nel latte, perché è chiaro che si sia ispirato al Visonmuccolpe e allo Sciacallorsazzella per ideare gli alieni.
In un mondo che promette centinaia di creature diverse, tutte quelle che compaiono nelle 96 pagine del primo numero sembrano essere degli amici di Giole marziani, un miscuglio di riferimenti ad altre opere di fantascienza senza particolari guizzi di originalità.
È questo il difetto principale dell’albo, che si poteva già intuire dalle pagine uscite in anteprima. Invece di sbizzarrirsi con la fantasia e inventare un proprio mondo i disegnatori hanno preferito appoggiarsi a immagini già note. Ci sono creature che sono la fusione tra Alien e il Demogorgone di Stranger Things; c’è un Tricerocerpione, un triceratopo/facocero/scorpione con le corna ai lati della bocca e un aculeo sulla coda; c’è una razza di alieni che sembrano delle suore Protoss. I membri della tribù che vive nel sottosuolo assomigliano in modo preoccupante ai figli di un Cubone e di un ghoul di Dragonero. Zhiras stessa è la sorella separata alla nascita di Vastra, rettiliana che compare in diverse puntate di Doctor Who.
Io non so tenere una matita in mano, ma penso che per un disegnatore di fantascienza l’invenzione di una nuova razza aliena debba essere una delle gioie del mestiere. Lasciare libera la fantasia. Trovare design mai visti. Progettare creature, armi, vestiti incredibili, inediti. So che non è un lavoro facile, con una mole tremenda di film, fumetti e illustrazioni alle spalle che riduce notevolmente lo spazio di manovra, ma è desolante constatare che in Odessa non sembra esserci un’idea originale per nessuna delle creature.
È una situazione di partenza simile a quella di Lewis Trondheim e dei suoi superamici in quel gioiello che è Infinity 8. La serie francese mette in scena una crociera spaziale abitata da tantissime specie extraterrestri e ogni autore ha potuto decidere cosa mostrare di quel mondo, inventando spesso dei mostri molto originali. E il risultato è diversissimo, una boccata d’aria fresca per la fantascienza a fumetti, non una minestra riscaldata.
Cos’è andato storto? Si è cercato di non spaventare il lettore con design troppo strani e non ci si è resi conto di cadere nella noia visiva? È davvero un peccato, perché la forza della serie sarebbe potuta essere proprio la varietà del bestiario, avendo a disposizione un centinaio di razze aliene e quindi tutto lo spazio per inserire umanoidi di tutti i tipi, animali, mostri e bestie assurde.
Chiudiamo con una nota positiva: la speranza. Questo primo numero non è un buon fumetto, ma il finale lascia sperare in sviluppi interessanti che potrebbero movimentare un po’ la situazione. Scopriamo che c’è una doppia minaccia incombente contro la quale Yakiv si sta preparando. C’è il tema attualissimo dell’integrazione, che può essere utilizzato per parlare del nostro mondo raccontando invece di umani e alieni. Soprattutto c’è l’enorme potenziale dell’ambientazione, se messa nelle mani di fumettisti con un’immaginazione più sfrenata di chi ha realizzato questo primo numero.
Per portare il fumetto di fantascienza Bonelli nel XXI secolo bisognerebbe per prima cosa aprirsi a un immaginario diverso da quello in cui siamo immersi da trent’anni, che è ormai stantio. Non dico di inserire a forza le psichedelie di Jesse Jacobs o le bestie purulente di Spugna, ma che, per inserirsi in un genere che di recente ha prodotto Rick & Morty, ci vorrebbe un guizzo in più verso la contemporaneità. Bisognerebbe osare in primo luogo sull’aspetto visivo per offrire un prodotto che riesca a stupire il lettore, come è riuscito a fare più volte Nathan Never quando ha spalancato la mente a migliaia di lettori sbattendo sotto i loro occhi un approccio al fumetto mai visto prima nelle edicole italiane.
Odessa n. 1 – Dopo la fusione
di Davide Rigamonti e Matteo Resinati
Sergio Bonelli Editore, maggio 2019
Brossurato, 96 pagine, colore
€ 5,90
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