Impasto lievitato, uvetta e canditi sono gli elementi cardini del panettone, il dolce milanese simbolo del Natale. Le sue origini leggendarie lo vorrebbero nascere nel IX secolo, anche se la prima attestazione certa risale al 1599.
Colonna portante dell’enogastronomia italiana (ma diffusa anche nei paesi sudamericani come Argentina e Brasile), il suo nome è stato usato al cinema per coniare un neologismo che indica un sottogenere della commedia italiana, mentre nei fumetti, pur non riuscendo a valicare i confini nazionali, è stato protagonista per mano di grandi autori come Attilio Mussino, Leo Ortolani e Silvia Ziche.
Sulle tavole di cene e cenoni l’eterna lotta con il rivale pandoro deve ancora decretare un vincitore (lasciamo a voi scegliere il preferito, qui la redazione è spaccata in due). Ma almeno nei fumetti, il panettone ha saputo spadroneggiare con una serie di storie soffici, glassate e inebrianti, da (ri)leggere senza preoccuparsi delle calorie.
Topolino e la leggenda del panettone (di Bruno Sarda e Massimo de Vita)
Pubblicato su Topolino n. 1620, del dicembre 1986, Topolino e la leggenda del panettone si apre con una splendida splash page che incornicia il panettone nella Milano del ‘300. Capiamo già quali saranno gli ingredienti del racconto.
La storia attorno alla nascita del Panettone, dicevamo in apertura, è tutto meno che chiara. Lo stesso si può dire del Duomo, il cui architetto resta a oggi ignoto. E allora quale scusa migliore per utilizzare la macchina del tempo dei professor Zapotec e Marlin? Sceneggiata da Bruno Sarda e disegnata da Massimo De Vita, che a metà degli anni Ottanta era, insieme a Giorgio Cavazzano, il miglior disegnatore all’opera su Topolino, quest’avventura venne realizzata per festeggiare i seicento anni del Duomo, che cadevano convenzionalmente nel 1986.
In quell’occasione, Zapotec e Marlin mandano Topolino e Pippo indietro nel tempo per scoprire chi fosse l’architetto che progettò l’edificio. I due finiscono nel capoluogo lombardo di fine XIV secolo, intrecciando l’origine del panettone e quella del duomo. Tentando di presenziare alla cena in cui Gian Galeazzo Visconti scelse il progetto del Duomo, Mickey e Pippo si fanno assumere come garzoni dal fornaio incaricato di preparare il dolce per la serata.
Le vicende dei due simboli di Milano si legano insieme in un racconto che avrà fatto di sicuro storcere il naso agli storici, ma ricco di umorismo e scorrevole fino al finale in cui scopriamo che, grazie a un loop temporale, ad aver inventato il panettone è stato proprio Pippo.
Corriere dei Piccoli, 28 dicembre 1924 (di Antonio Rubino)
Nella settimana del Natale, il Corriere dei Piccoli era solito dedicare la prima pagina a una storia dai toni festivi dove spesso e volentieri faceva la sua comparsa anche il panettone. All’epoca il dolce era una vera sciccheria che non tutti potevano permettersi e la sua presenza evocava immediatamente un’aria di ricca sfarzosità.
Protagonisti della tavola del 28 dicembre 1924 sono Zia Carlotta e Kikì, pappagallo chiacchierone, creati da Antonio Rubino, autore di molti personaggi come Quadratino, ma anche Italino, Pierino e il burattino, il caprone Barbacucco, Caro e Cora, che compaiono in questa tavola insieme a Fortunello (il nome italiano dato a Happy Hooligan di Frederick Burr Opper).
Considerato tra i padri del CdP, Rubino collaborò con il giornale fin dalle origini, ideandone addirittura la testata. Tra i maggiori fumettisti-illustratori italiani della prima metà del Novecento, come scrisse il nostro direttore Matteo Stefanelli, «era un uomo ordinato e regolare, ma dall’immaginazione capricciosa, nutrita da molteplici ossessioni («se la mia arte è balzana, io sono normale», disse di sé)».
Eccellenza grafica e gusto cromatico, leggibilità e finezza plastica sono le caratteristiche principali del suo lavoro. Le ritroviamo anche qui, nella pagina autoconclusiva in cui Zia Carlotta escogita una sorpresa di Natale e «con Kikì dentro al paniere / Ella va dal pasticciere / E in un grosso panettone / Metter fa l’uccel ciarlone», affinché poi salti fuori durante il pranzo esclamando “Buon Natale” all’interno di uno dei rarissimi balloon del Corriere dei Piccoli dei primi anni, che era noto per rimpiazzarli con didascalie in rima.
Zio Paperone nababbo di Natale (Stefano Ambrosio e Silvia Ziche)
Zio Paperone nababbo di Natale, apparsa per la prima volta su Topolino n. 2457 (dicembre 2002), è la classica storia natalizia in cui un burbero zio Paperone antepone gli affari alla famiglia, salvo redimersi in un finale conciliante. Lo sceneggiatore Stefano Ambrosio inscena una lotta tra i miliardari di Paperopoli a chi riuscirà a fatturare di più durante le feste. Nemmeno a dirlo, la sfida vede testa a testa Paperone e Rockerduck.
Ognuno dei due cerca di inventarsi l’oggetto natalizio più desiderabile, tra alberi autodecoranti o panettoni dalla ricetta irresistibile. Rockerduck propone un dolce strabordante di canditi, mentre Paperone, ispirato dalla cucina del nipote Paperino, replica con un panettone secondo ricetta tradizionale. Il panettone gioca qui un ruolo cruciale perché è proprio con il lievitato milanese che i due si contendono la vittoria.
Raccontata con il piglio veloce e deciso di Silvia Ziche alle matite, Zio Paperone nababbo di Natale fa scontrare la modernità e la tradizione. Il racconto, in filigrana, ammonisce sulla tendenza a creare varianti di un prodotto per allettare i consumatori ma che snaturano il senso profondo di un cibo, con ingredienti bislacchi e farciture esotiche.
Duello di Natale (di Giorgio Rebuffi)
Nei primi anni Sessanta la vita di Cucciolo e Beppe, storica coppia umoristica delle Edizioni Alpe, fu sconvolta dalla più travolgente creatura di Giorgio Rebuffi: il luposky della steppaff Pugaciòff. Sanguigno, iroso, rissoso, il lupo era portatore di guai per i suoi coinquilini (impossibile definirli “padroni”) e soprattutto per la sua preda preferita Bombarda.
E visto che la necessitaff aguzza l’ingegnosky, nella storia natalizia dei primi anni Sessanta il luposky utilizza proprio un panettone come cavallo di Troia per introdursi in casa del nemico. Chi mai potrebbe infatti rifiutare un dolce milanese alto come una persona?
La storia, ovviamente, si concluderà a mazzate, questa volta in armatura, e il canide non riuscirà a affondare le sue zanne nelle molli trippe del ciccione, buscando solo un raffreddore che gli farà perdere il pranzo di Natale.
Paperino e il panettone agostino (di Nino Russo e Alessandro Gottardo)
Nino Russo e Alessandro Gottardo escono dal seminato e propongono un uso alternativo del panettone. Invece che il solito motivetto con addobbi e neve, i due suonano una partitura inconsueta in cui il panettone è scaraventato in piena estate.
Uscita nell’agosto 2006 su Topolino n. 2645, Paperino e il panettone agostino gioca in contropiede rispetto alle aspettative: a causa di un disguido, la ditta di zio Paperone ha prodotto un lotto di panettoni usando il sale al posto dello zucchero. Paperino e Paperoga vengono incaricati di vendere i panettoni prima che scadano, dando il via a una serie di gag che partono da un doppio ribaltamento – non soltanto il setting estivo ma il gusto salato del dolce.
Esagerando per amor di racconto, Paperino e il panettone agostino predisse l’arrivo del panettone gastronomico su buffet e scaffali dei supermercati. E così oggi, utilizzare il panettone (adeguatamente modificato nella composizione) in preparazioni salate è una consuetudine modaiola che avrebbe fatto felice lo zio Paperone.
Corriere dei Piccoli, 30 dicembre 1928 (di Carlo Bisi)
In questa prima pagina del Corriere dei Piccoli, uscita nella settimana del Natale 1928, Babbo Natale utilizza un metodo alternativo alla slitta trainata dalle fedeli renne. Per consegnare i regali, sfoggia un’auto che corre su quattro scatole di panettone, usate al posto delle normali ruote. «Dalle ruote-scatoloni / Escono quattro panettoni» recita il testo in rima.
Una pioggia di panettoni inonda poi la tavola, in un tripudio di abbondanza che per il 1928 doveva sembra fuori misura e speciale tanto quanto la ricorrenza festeggiata. La pagina si chiude con una panoramica sulla tavola imbandita a cui presenziano i personaggi della rivista, tra cui Arcibaldo e Petronilla, Mio Mao, Marmittone e il signor Bonaventura: «Così i pupi del giornale / Alla cena di Natale / Hanno pure, e senza spese / Il buon dolce milanese».
Superpippo e il Natale salvato (di Nino Russo e Sergio Asteriti)
Nino Russo è lo specialista delle storie natalizie-panettoniane. Oltre alle due presenti in questa lista ha scritto Pico e il panettone da favola in cui si raccontava un’ipotetica origine del dolce con i paperi protagonisti. Qui invece realizza, con Sergio Asteriti, una delle avventure migliori di Superpippo e mette il panettone al centro di una vicenda dalle considerazione socio-alimentari non banali.Mancano pochi giorni a Natale e una coppia di scienziati pazzi distrugge tutti i panettoni di Topolinia. I due causano la crisi delle vendite, facendo impennare i prezzi e creando un mercato nero dell’alimento.
Super Pippo entra in gioco, li arresta ma scopre che il loro gesto è motivato da un odio atavico: da piccoli il direttore del loro orfanotrofio li obbligava a mangiare un panettone disgustoso che preparava egli stesso. Ora per rimediare l’eroe mescola in un silos quintali di uova, burro, farina e canditi e con il raggio calorifero inventato dai due dottori cuoce un panettone per tutta la città. Come sempre, Asteriti disegna un mondo dove tutto sembra colare di vita, compreso il più grande panettone mai disegnato in una storia Disney.
I gioielli di Elsa (di Sarah Mazzetti)
Alla piccola Elsa i canditi del panettone non piacciono. Così, li leva uno a uno dall’alveolatura di glutine in cui sono incastonati per farci delle collane. Diventano presto un oggetto di culto e la sua creatrice è eletta designer dell’anno. Ma la fama improvvisa crea problemi di invidia e la sparizione dei gioielli condurrà Elsa in un viaggio alla scoperta di sé stessa.
Vincitrice nel 2018 del premio Gran Guinigi come miglior fumetto breve, I gioielli di Elsa è una fiaba scritta e disegnata da Sarah Mazzetti, già illustratrice per IL, New York Times, New Yorker e membro del collettivo Teiera. Giovanna Zoboli su doppiozero scrisse che Mazzetti ha un’attitudine geniale che porta, «attraverso una ricercata ed esatta imperfezione di stile, direttamente ai regni dell’infanzia».
Mischiando strutture classiche, gusto moderno e temi inediti, la fumettista ha utilizzato il panettone come pochi autori prima di lei avevano fatto, sfruttando l’iconografia del dolce, la sua forma e gli ingredienti, e rendendolo elemento grafico memorabile.
Buone fette! (di Leo Ortolani)
Psyco, la Pimpa, Rat-Man e un panettone sono i protagonisti di Buone fette!, storia fulminea che al tempo stesso omaggio al dolce natalizio e alla creatura di Altan. A realizzarla, Leo Ortolani, papà di Rat-Man, sempre ben disposto all’umorismo scemo. Ambientata a Milano, Buone fette! mostra l’aggressione di un antropomorfico panettone da parte di Rat-Man.
Pubblicata nel dicembre 2008 sull’inserto lombardo del Corriere della Sera è poi stata ristampata sulle testate del supereroe, ma la lettura è a vostro rischio e pericolo: non guarderete mai più il panettone allo stesso modo.
Peanuts, striscia del 20 gennaio 1964 (di Charles Schulz)
Quando scrivevamo che il panettone non ha mai sconfinato in fumetti stranieri non dicevamo il falso. È però vero che, per far comprendere al lettore le usanze di altri paesi, i traduttori modifichino nomi e concetti per avvicinarli al pubblico di riferimento.
Diversi esempi ne fornisce il lavoro di Franco Cavalloni, il primo traduttore della striscia Peanuts. A lui si devono invenzioni come “toffolette” (al posto dei “marshmallow”), “brachetto”, “santa polenta” e “grande cocomero”, tutte soluzioni adottate per rendere comprensibile un contesto culturale che non era ancora permeato in Italia.
Oggi chiunque ha ben presente i marshmallow e l’uso che se ne fa in America. Ancora estraneo alla nostra cucina è invece il figgy pudding, dolce festivo della tradizione inglese e statunitense. Il pudding natalizio è protagonista di una gag del 20 gennaio 1964 in cui Snoopy si lamenta del pranzo che gli porta Charlie Brown composto da avanzi del dolce.
Tradurre “figgy pudding” era un problema nel 1964 tanto quanto lo è ora, sia per la sconosciutezza del dolce che per la mancanza di un corrispettivo italiani. E se Andrea Toscani, quando ritradusse i Peanuts in occasione dell’edizione italiana di The Complete Peanuts, scelse “pasticcio d’uvetta”, Cavalloni optò per l’alternativa più opulenta. Ecco che Charlie Brown, nella versione del 1964, propone nella ciotola di Snoopy i resti di un panettone che getta strane ombre sulle abitudini del ragazzo (era un panettone fatto in casa o d’importazione? Che razza di contatti aveva la sua famiglia per farsi spedire un panettone oltreoceano?).
Si ringrazia Alberto Brambilla per la collaborazione.