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“Topolino e il mondo che verrà”, il kolossal di Casty

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Nell’immaginario collettivo, soprattutto per la moltitudine che ha letto qualche vecchio numero sparso una volta ogni tanto, Topolino è un detective, un po’ precisino, un po’ antipatico. Ne accennavo anche in un altro articolo: questa è una forzatura dovuta a troppe storie mediocri uscite in quasi 90 anni, che hanno preso un aspetto del suo carattere e l’hanno trasformato nella norma, banalizzandolo.

Ci sono per fortuna altri filoni che non peccano di questa stortura. Uno, quello preferito di Floyd Gottfredson, il maestro statunitense che ha formato il Topolino dei fumetti, lo dipinge come un audace eroe d’avventura, generoso, instancabile, furbo e, diciamolo, simpatico.

Tra i migliori autori di questa corrente c’è certamente l’italiano Andrea Castellan, in arte Casty, che negli ultimi anni se ne è fatto portabandiera sulle pagine del Topolino settimanale. Le sue storie, spesso realizzate come autore unico, si ispirano a quelle di Gottfredson e del suo erede Romano Scarpa, di cui contamina lo spirito con tematiche di attualità e una pungente ironia sempre sul punto di trasformarsi in satira sociale.

Un esempio perfetto, e una delle sue storie migliori, è Topolino e il mondo che verrà, kolossal a fumetti pubblicato su Topolino dal n. 2721 al n. 2724 del gennaio/febbraio 2008 e ristampato a oggi soltanto nel volume Topolino Platinum Edition.

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Copertina di “Topolino” n. 2722, dedicata a “Il mondo che verrà”, di cui pubblica la seconda parte.

Un kolossal a fumetti

Uno strano mezzo di trasporto arriva a una base artica nella quale vivono due scienziati, isolati dal mondo da trent’anni. Custodiscono qualcosa che i minacciosi occupanti del veicolo vogliono attivare. Per farlo, però, serve un codice che è custodito dal professor Gutenabend di Topolinia.

Minni è a casa del professore quando i cattivi arrivano da lui. Terrorizzato, Gutenabend le affida un foglio e la fa scappare dal retro. La ragazza chiede aiuto a Topolino, e i due iniziano a indagare: sul foglio ci sono delle coordinate, che portano a un magazzino abbandonato, e un codice, che inserito in una console nella struttura attiva un gigantesco robot, che rapisce Minni e vola via.

Inizia così Topolino e il mondo che verrà. Mickey viene prelevato dagli uomini in beige dell’agenzia segreta N.I.S.B.A. per cui lavora anche Eta Beta, e con il ritrovato amico si mette alla ricerca di Minni.

I due scoprono così un piano machiavellico per la conquista planetaria, ordito da un antico nemico di Topolino, la Spia Poeta, che vuole attivare i quattro robot dell’operazione “Mondo che verrà”, un progetto scientifico di trent’anni prima, per ricattare i governi e infine conquistare il mondo.

Ovviamente Topolino riuscirà a sgominare il piano con l’aiuto di Eta Beta e di Silvy, erede al trono del regno di Inusitania, dove si trova la base operativa del “Mondo che verrà”.

Per ammissione dello stesso Casty, l’ispirazione per la storia arrivò dalla visione del film Sky Captain and the World of Tomorrow. Di quel film riprese soprattutto l’estetica vintage, un po’ diesel-punk, un po’ fantascienza d’epoca: aeroplani, robot giganti, la mise stessa di Topolino con il cappello da aviatore…

Come il regista Kerry Conran, che aveva realizzato in casa praticamente da solo in dieci lunghi anni una demo di Sky Captain con cui era riuscito a convincere i produttori a investire nel progetto, così anche Casty decise di scrivere e disegnare da solo per Il mondo che verrà, affiancato solo da un inchiostratore, in questo caso Michele Mazzon.

La genesi della storia ce l’ha descritta lo stesso Casty:

Dopo parecchie storie come sceneggiatore e basta, avevo iniziato da qualche tempo anche a disegnare. Ma non ero soddisfattissimo dei  risultati, anzi. Quando però ritenni di essere in grado di affrontare una storia più complessa, sia come lunghezza che come ambientazioni, decisi di cimentarmi col Mondo che verrà, che avevo nel cassetto da parecchio tempo. La ritenevo la storia più adatta per quello che era il mio stile di allora, ancora molto legato agli stilemi gottfredsoniani e del primo Scarpa.

Col senno di poi, fu una scelta azzeccata: a distanza di dieci anni ci vedo una enormità di difetti, ma ritengo che sia la “fotografia perfetta” di un certo mio periodo creativo. L’idea era inoltre di dare vita a un ciclo di “avventurone”, nel senso che poi mi sarebbe piaciuto farne altre così almeno una volta all’anno. E difatti così è andata, per fortuna: la storia piacque molto e già l’anno successivo ebbi il via libera per realizzare L’isola di Quandomai, poi Il mondo di Tutor, e così via… Fu il mio primo “kolossal” e lo ricordo sempre con particolare emozione.

Casty e Floyd

Si diceva che il primo ispiratore di Casty fu Floyd Gottfredson, l’autore che aveva realizzato la striscia quotidiana di Mickey Mouse per i giornali statunitensi dal 1930 al 1975. Questo era chiarissimo già dai personaggi che nel Mondo che verrà affiancavano Topolino e Minni: Eta Beta e la Spia Poeta.

Creato proprio da Gottfredson e dallo sceneggiatore Bill Walsh, Eta Beta è un uomo del futuro che proviene dal centro della Terra. Nel ciclo di strisce che lo vide co-protagonista ricopriva al contempo il ruolo di “buon selvaggio” e quello di inventore geniale e un po’ folle, sconvolgendo in entrambe le vesti la vita di Topolino.

Nonostante fosse un volto noto, compariva relativamente poco nelle storie del settimanale. Nel 2008, ad esempio, oltre che nel kolossal di Casty fu utilizzato solo cinque volte: tre nel ciclo degli Ultraheroes, poi in una storia umoristica (come semplice comparsa) e infine in una breve avventura intitolata a lui.

Il motivo della sua poca frequentazione delle pagine del giornale era la difficoltà per gli autori nell’utilizzarlo: troppo ingombrante al fianco di Mickey, meno malleabile come spalla di Pippo (o Orazio, Atomino o Bruto), veniva soprattutto usato come motore dell’azione, facendogli portare un elemento di caos nella tranquillità di Topolinia.

Questa semplificazione aveva portato a un appiattimento generalizzato del suo carattere, trasformandolo in un amico di un altro mondo (addirittura un alieno, non più un uomo del futuro in alcune storie), non più inventore ma solo possessore del famoso gonnellino che contiene qualsiasi oggetto possibile.

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Eta Beta e il N.I.S.B.A.

Casty, nel Mondo che verrà, gli diede un altro ruolo, analogo a quello che ebbe nella coeva e già citata serie degli Ultraheroes. Portando all’estremo il suo ruolo di inventore, Eta Beta divenne un consulente scientifico del governo per il Nucleo Investigativo Stranezze e Bizzarrie Assortite.

In realtà, a parte qualche gag e qualche oggetto estratto dal gonnellino, il suo contributo alla trama non fu fondamentale. Era un’ottima spalla, che permetteva a Topolino di non agire (e parlare) da solo tutto il tempo, ma la stessa parte avrebbero potuto ricoprirla senza troppe difficoltà anche altri personaggi.

Il vero motivo per cui era al centro del cast era il legame diretto con l’altro personaggio gottfredsoniano.

Nella striscia di Mickey Mouse pubblicata sui quotidiani americani il 15 luglio 1948 comparve un personaggio minaccioso, che spiava Topolino e Eta Beta con l’intento di rubare l’ultima invenzione dell’Uomo del Duemila: l’atombrello, un copricapo che garantiva l’invulnerabilità contro qualsiasi cosa, persino le esplosioni atomiche.

Si trattava della Spia Poeta, o l’Uomo delle Rime, al servizio di una potenza straniera. Il suo piano era quello di rubare l’atombrello e utilizzarlo per rendere invincibile il suo esercito e dominare il mondo. Si esprimeva sempre esclusivamente in rima e fu uno dei criminali più malvagi mai apparsi nel fumetto Disney, non facendosi scrupoli a eliminare fisicamente i suoi alleati quando non erano più utili. L’insieme di linguaggio bizzarro, crudeltà e megalomania (affondò nell’oceano trascinato a fondo dalle medaglie con cui si era autodecorato) lo resero un personaggio indimenticabile, per quanto praticamente mai usato dopo le strip di Walsh e Gottfredson.

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Le strisce di Bill Walsh e Floyd Gottfredson del 7 e 8 ottobre 1948, con la fine della Spia Poeta, rimontate in modo poco filologico per il volume “Le follie di Eta Beta”, omaggio agli abbonati di “Topolino” del 1971.

Ho letto la storia originale con la Spia solo in tempi abbastanza recenti, credo intorno al 2000, e sono rimasto immediatamente affascinato dal personaggio. Tant’è che poi mi sono messo subito a cercare altre storie in cui apparisse, trovandone però solo una prodotta in Italia (Topolino e il ritorno della Spia Poeta, di Carlo Pedrocchi sotto lo pseudonimo di Goresi e Sergio Asteriti, Ndr). Così, non appena ci fu l’occasione, decisi di riprenderlo io stesso.

Per Topolino e il mondo che verrà, storia dal sapore fortemente retrò e quasi steampunk, l’Uomo delle Rime era il villain perfetto: enigmatico, spietato, inspiegabilmente invincibile (prende botte in testa con nonchalance) e con un una vena di lucida follia davvero rara da riscontrare in altri cattivi Disney. Mi piaceva molto anche il suo look, retrò ma estremamente moderno.

Tra l’altro vi posso anticipare che, in qualche modo, tra non molto… ritornerà!

La Spia Poeta nelle mani di Casty tornò a essere il malvagio della vicenda dell’atombrello. Senza scrupoli e megalomane, ricattava i nemici e tradiva gli alleati per puntare al dominio del mondo. Il personaggio crebbe di puntata in puntata, man mano che metteva in atto il suo piano, fino a un finale grandioso, quando da solo, mentre tutto precipitava, lui cercava ancora disperatamente, inutilmente e caparbiamente di attivare il segnale che lo avrebbe reso signore del mondo.

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Una vignetta inedita da una prossima storia di Casty che vedrà il ritorno della Spia Poeta.

Casty e Romano

Che Casty ami Romano Scarpa si è già detto ampiamente – se volete, qui lo racconta lui di persona, commentando una sequenza di Topolino e la Dimensione Delta – e praticamente in ogni sua storia c’è un qualche elemento che rimandi direttamente al maestro veneziano. Nel Mondo che verrà, ad esempio, troviamo il paese di Inusitania, da “inusitato”, aggettivo insolito che compare spessissimo nelle avventure scarpiane, divenuto perciò marchio di fabbrica delle sue sceneggiature.

Meno palese ma più profonda è invece l’influenza nel tono e nel ritmo della narrazione. Scarpa aveva l’abitudine di strutturare le sue sceneggiature come se fossero delle avventure a strisce rimontate per la pubblicazione nel libretto: in storie classiche come Il mistero di Tapioco Sesto o Topolino e il Pippotarzan, ogni quattro vignette c’era una battuta o un cliffhanger, come quelli che Gottfredson e i suoi collaboratori inserivano nell’ultimo quadretto di ogni daily strip.

Casty, nel Mondo che verrà, utilizzò lo stesso ritmo. Quasi tutte le pagine erano scandite ogni quattro vignette da picchi d’attenzione. Il ritmo della vicenda divenne così molto serrato, trascinando il lettore pagina dopo pagina attraverso la vicenda.

È un modo di sceneggiare che adotto spesso, e qui si nota maggiormente proprio per le atmosfere gott/scarpiane della storia. Anche la suddivisione in quattro parti, che a prima vista potrebbe sembrare eccessiva data la non spropositata lunghezza della storia, è stata fatta proprio per ricreare quell’atmosfera di “attesa” per l’evento successivo, proprio come succedeva nelle strisce di Walsh e Gottfredson.

Scarpa mutuò da loro questa cosa applicandola a storie complete e quindi possiamo dire che… sì, mi viene naturale proprio perchè sono molto affezionato allo stile di Scarpa.

L’autore goriziano, in particolare, fece un abbondante uso di battute e gag come “quarte vignette” delle sue pseudostrip. Anche in questo caso si vedeva fortissima l’influenza di Romano Scarpa, più ancora che di Gottfredson e Walsh. Per quanto gli americani utilizzassero anche loro elementi umoristici per chiudere le dailys, erano soliti rarefarle o abbandonarle quando l’azione entrava nel vivo. Scapra, al contrario, li rendeva più frequenti, per smorzare i toni e bilanciare la “violenza”, ad esempio, dei duelli all’arma bianca tra Topolino e Gambadilegno.

Molto simile a un combattimento scarpiano è quindi, nel Mondo che verrà, quello tra Spia Poeta, armata di sciabola, e Topolino, che impugna un ombrello, e il conseguente inseguimento con zuffa all’interno dell’aereo del cattivo.

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Un, due, tre, quattro. Un, due, tre, quattro. Il “balletto” scarpiano del duello tra Topolino e l’Uomo delle Rime.

Casty e Casty

Chi fosse arrivato a leggere fino a questo punto potrebbe pensare che Casty sia soprattutto un autore molto bravo a prendere personaggi e modi di narrare altrui senza avere una poetica propria.

Nulla di più sbagliato: quello che ne fa un grande autore è l’avere uno stile ben riconoscibile e delle tematiche ricorrenti e personali, non attinte dai suoi predecessori.

Ad esempio, Casty è uno dei pochi autori disneyani contemporanei a saper trasmettere genuina inquietudine nelle sue storie (lo spiega bene Andrea Tosti in questo articolo).

Una delle tematiche che tornano più spesso nelle sue opere – tematica peraltro particolarmente cara al settimana Topolino – è l’ecologia. Topolino e il mondo di Tutor, Eta Beta e il Buz pappapianeti o la recente Topin Mystère e Orobomis, la città che cammina ne sono ottimi esempi.

Topolino e il Mondo che verrà non faceva eccezione. Il piano che diede il titolo alla storia era un progetto fantascientifico che aveva lo scopo di risalire alle formule geometriche alla base di tutto ciò che esiste, per poter così modificare la materia a piacimento. L’obiettivo del buon re Bonomox di Inusitania e dei suoi scienziati era migliorare il mondo, rendendo fertili i deserti e aiutando le popolazioni in armonia con la natura.

I cattivi, il nipote traditore del re e la Spia Poeta, avevano invece altri piani. Il principe Nicko voleva cementificare il globo, costruire metropoli a costo zero in ogni angolo della Terra e rivenderle per diventare ricchissimo: stava già trasformando pian piano la graziosa Inusitania, erigendo casermoni e asfaltando prati. L’Uomo delle Rime, invece, voleva erigere muri tra gli stati e distruggere le città con terremoti e inondazioni per mettere in ginocchio gli Stati e diventare padrone del Mondo.

Due piani diversissimi ma entrambi chiaramente antropici, opposti a qualsiasi pensiero ecologista.

La vittoria finale dei buoni era quindi anche una vittoria della Natura sull’egoismo dell’uomo. Il progetto “Mondo che verrà” venne smantellato, così come i robot giganti, abbandonati nella giungla o tra i ghiacci, dove gli agenti climatici, le piante e gli animali pian piano li avrebbero fusi con l’ambiente circostante, cicatrizzando la ferita inferta dall’uomo alla Terra.

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Il trionfo della Natura, nel finale della storia.

Non solo nei macro temi, anche nella gestione dei personaggi Casty si discostò significativamente dai suoi maestri. Tra tutti i membri del cast, quello che trasformò di più rispetto alla lezione gottfredsoniana e scarpiana fu Minni.

La fidanzata di Topolino era tradizionalmente un personaggio poco caratterizzato. Le sue occupazioni principali erano sempre state collezionare cappellini e prendere il tè. Erano pochissime le storie classiche in cui avesse un ruolo che non fosse farsi rapire da Gambadilegno. Casty preferì modernizzarla e renderla un personaggio attivo nella vicenda, molto più interessante.

Sul personaggio, si è soffermato anche lo stesso autore:

La Minni di questa storia è il “tipo di Minni” che preferisco e che avevo già utilizzato, per esempio, nella storia della Scherzelletta: non una vacua e lagnosa rompiscatole, ma piuttosto una compagna d’avventure… Magari un po’ maldestra, ma disposta comunque a seguire e ad aiutare Topolino.

Mi piace ogni tanto immaginare Topolino e Minni come una specie di Mulder e Scully, o anche come i coniugi Hart di Cuore e batticuore

Ecco che quindi la vediamo gettarsi a capofitto nell’avventura, incuriosita dal foglietto che le ha affidato il professor Gutenabend. È lei a impedire a Topolino di chiamare la polizia. È lei ad attivare per errore – o meglio, per troppa foga – il primo dei robot giganti. E anche quando viene rapita (gottfredsonianamente) dalla Spia Poeta è lei a ribaltare la situazione, svelando il tradimento che l’Uomo delle Rime sta tramando nei confronti del suo alleato.

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Minni la tosta.

Una Minni aggiornata agli anni Duemila come se ne sono viste poche sulle pagine di Topolino. Potremmo dire che è proprio lei l’emblema di Topolino e il Mondo che verrà e dell’opera castiana tutta. Una produzione affonda le sue radici nella grande tradizione e ha sempre sott’occhio i due fari del Topolino avventuroso, Gottfredson e Scarpa, ma ne rinnova i temi e si sa rinnovare essa stessa ogni volta.

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