Dopo la pubblicazione di Babilon di Daniel Zezelj, Eris Edizioni sembra averci preso gusto col wordless novel e col racconto muto a fumetti, ma anche con l’illustrazione (vista la nuova collana da poco annunciata). Trova dunque campo fertile anche nella vasta produzione di Nicolas de Crécy, artista ormai di casa tra le fila della casa editrice torinese.
Prosopopus, originariamente pubblicato in Francia nel 2003, arriva in Italia dopo La repubblica del Catch e Diario di un fantasma, ma si posiziona coerentemente al fianco di Il celestiale Bibendum per più motivi, perlopiù estetici: l’esperienza cromatica, seppur meno pittorica, luoghi e personaggi simili.
Prosopopus prende il via come un racconto dal ritmo incalzante e prosegue per un centinaio di pagine in silenzio, ma con un costante e denso roboare di immagini. La città in cui si svolgono le vicende narrate ha tutta l’aria di essere New York-sur-Loire, la stessa che ospita il libro che ha dato maggior successo a de Crécy – Il celestiale Bibendum – e che è scenario prediletto, con i suoi grattacieli e le sue strade oscure, per gran parte delle sue visioni immaginifiche, esplorata anche in numerose illustrazioni.
Leggi le prime pagine di Prosopopus
Nelle prime pagine del libro si consuma un omicidio e veniamo scaraventati su una scena del crimine, senza particolare introduzione. Prima un uomo viene ucciso per sbaglio, poi si consuma una fuga serrata, apparentemente delle più classiche, in un racconto quasi di genere, tinto da elementi surreali che si infilano con prepotenza nella vita di un individuo confuso e disorientato.
Con il proseguire della storia, l’uomo non fugge tanto da veri e propri inseguitori ma più da entità metafisiche, probabili proiezioni di demoni interiori. L’escalation e il viaggio nel subconscio sono inarrestabili, in una parabola ascensionale vertiginosa. Sogno e realtà si fondono in ambienti fumosi, all’ombra del passaggio di fantasmi e creature fantastiche che sfuggono alla presa dei personaggi e alla comprensione del lettore. Sono esseri che fanno parte di quell’immaginario ormai consolidato partorito dalla mente di de Crécy, come se ne sono visti negli altri libri già pubblicati in Italia.
Le creature che nelle sue storie perseguitano gli umani non sono di natura crudele né buona; è impossibile cogliere la loro essenza, sembrano anzi incarnare una coscienza superiore. Distanti dalla tradizione e dal bestiario fantasy occidentale, se non per iconografia almeno per attitudine, rammentano di più il pantheon degli yokai giapponesi (spiriti e demoni che spesso incarnano elementi naturali o metafisici).
Ne Il Celestiale Bidendum queste fantasie al limite del demoniaco assumevano corpi densi e voluminosi grazie alla matericità di segno forte e marcato (l’influenza di Fuochi di Lorenzo Mattotti è ammessa dall’autore), in Diario di un fantasma e in La repubblica del Catch (realizzati dopo questo libro) il tratto sottilissimo le rende presenze effimere.
Qui de Crécy interviene sulla pagina con tratto che alterna frenesia e spietata precisione, con prevalentemente colori più piatti e netti, in un lavoro che richiede fruizione veloce. L’autore sembra quindi concentrarsi maggiormente sulla struttura della tavola, più cinematica e frammentata (con molte vignette per pagina), in un’esperienza grafica meno sperimentale, frutto di una sicurezza ormai consolidata già da anni di esperienza o nata in un momento di svolta e continua ricerca.
Prosopopus
di Nicolas de Crécy
Traduzione di Fay R. Ledvinka
Eris Edizioni, aprile 2018
Brossurato, 128 pp a colori
€ 17,00