La Daredevil Collection procede spedita, recuperando senza un preciso piano cronologico le storie più avvincenti e importanti del personaggio. Il diciassettesimo volume, intitolato Cuore di tenebra, ha provveduto finalmente a completare (seppur in modo un po’ raffazzonato) il ciclo di Ann Nocenti, John Romita Jr. e Al Williamson.
In quasi 300 pagine, Matt Murdock affronta due delle minacce più pericolose dell’universo Marvel: Ultron – villain che ormai tutti hanno imparato a conoscere dopo il deludente secondo capitolo cinematografico degli Avengers – e Mefisto, personaggio mistico che ha ricoperto un ruolo fondamentale nella vita di Silver Surfer, Thor e Spider-Man (in Soltanto un altro giorno, saga che ha ridefinito lo status del personaggio).
Il lettore abituato alle ambientazioni urbane e metropolitane della serie troverà in queste pagine atmosfere inedite, ma non per queste estranee al personaggio. La Nocenti con questo ciclo di storie completa un affresco che definisce una volta per tutte alcuni aspetti di imprescindibile importanza per il mito di Daredevil. Nelle analisi dedicate al ciclo della sceneggiatrice americana avevamo affrontato tanto la questione femminile attraverso la figura di Typhoid Mary quanto la tematica religiosa del santo peccatore, e questo ultimo volume si muove sulle stesse coordinate.
La questione femminista è nuovamente affrontata ricorrendo ad un originale intreccio di biogenetica e stereotipi maschilisti sulla perfezione femminile, il tutto però si allarga ad una questione fondamentale, cioè quella dell’autodeterminazione e del libero arbitrio. In Daredevil #271 dell’ottobre 1989, vengono introdotti ex abrupto due personaggi che accompagneranno il protagonista della serie sino alla conclusione del volume (parliamo di una decina di numeri scarsi, vista la presenza di un fill-in nel numero 277): Brandy Ash e Numero Nove.
La prima è un’attivista dei diritti animali, nonché figlia di Skip Ash, proprietario delle Factory Farm, industrie in cui oltre alla sperimentazione animale vengono condotti illeciti attività eugenetiche, il cui prodotto è proprio Numero Nove. Sin da subito, la Nocenti pone un dubbio, un frattura insidiosa che anima attraverso la dialettica tra le due donne: da una parte c’è l’indipendenza di Brandy, mascolina e totalmente scevra da qualsiasi subordinazione all’elemento maschile, dall’altro c’è Numero Nove, succube – perché determinata geneticamente – ma votata ad un modello stereotipato di femminilità.
La piccola Barbie in stelle e strisce – sottile denuncia di un modello estetico fortemente inculcato nella popolazione femminile sin dall’infanzia – corteggia Daredevil, assecondando la sua inclinazione a soddisfare il genere maschile e suscitando non solo l’ira di Brandy, ma anche la sua gelosia, in un cortocircuito di ideologie à la page e bassi istinti. Il dilemma di Numero Nove, intrappolata tra una programmazione genetica e una scintilla di libero arbitrio – un’anomalia –, diventa il gancio per introdurre forse una delle letture più interessanti di Ultron.
Dello scontro – vista l’eccezionalità – ne abbiamo già precedentemente parlato, ma, al di là della curiosità della vicenda, la Nocenti ci regala una versione drammatica dell’androide creato da Henry Pym (alias Ant-Man). Il personaggio si ritrova combattuto tra le mille voci che popolano la sua mente, mentre scala un monte fatto di teste e repliche di se stesso, confronta algoritmi e pensieri creativi, asserzioni logiche e realtà empiriche che non collimano, findendo sull’orlo di un baratro. Piuttosto la distruzione che l’incapacità di autodeterminarsi e amare l’imperfezione.
Ann Nocenti è riuscita a incastonare all’interno del farraginoso crossover Atti di Vendetta una storia al limite e destinata a non cadere nell’oblio ma ad essere menzionata negli annali di Marvel Comics. Un po’ per la straordinarietà, un po’ per la profondità di alcuni temi che archi narrativi ben più strutturati toccano con superficialità. La stessa superficialità con cui alcune intenzioni della Nocenti sono state accolte e coltivate: la scena che chiude Daredevil #275 e che vede un’affranta Numero Nove intenta a contemplare la testa di Ultron, desiderosa di rianimarla per concedere all’androide la pace desiderata, è rimasta una voce inascoltata, uno spunto che avrebbe potuto creare uno scenario inedito per il personaggio.
Il lungo viaggio di Daredevil nella provincia americana si conclude all’Inferno, o forse sarebbe meglio dire in un’imprecisata regione dell’universo Marvel dove Mefisto esercita la sua signoria. Prima di addentrarci nell’analisi di quest’ultimo arco narrativo (Daredevil #278-283), è forse opportuno spendere qualche parola sulla strana sovrapposizione tra immaginario cristiano, demonologia e il multiverso narrativo della Casa delle Idee.
Diversi articoli e studi sistematici (Per esempio, tra i più recenti, Holy Superheroes: The Gospel According to DC and Marvel di Scott Bayles o The Superheroes Devotional di Ed Strauss, oltre all’ormai classico Superheroes. Religion and Popolar Culture di B.J. Oropeza) hanno indagato il rapporto dei supereroi americani con la fede. Se da un lato è ovvio che il protestantesimo sia una delle confessioni che incontra più adesioni, dall’altro c’è uno zoccolo duro di eroi anche profondamente cattolici. Tra questi, anche l’irlandese Matt Murdock.
Tuttavia, l’universo Marvel sin dalle origini si è confrontato con un pantheon di divinità, semidei e demoni di varia natura in un caos creativo che se da una parte ha tratteggiato un mondo politeista e relativista, dall’altra ha fatto tesoro di immaginari che decontestualizzati hanno prodotto un mondo secolarizzato, in cui però la fede ha un peso specifico importante. Se è ormai acclarato che Mefisto è un essere mistico proveniente da una dimensione altra, perché continuare a credere che la fede nel messaggio evangelico possa contrastarlo; se suo figlio Cuore Nero è la sedimentazione del male puro, come è possibile credere che una preghiera possa cancellare quell’odore di putrido e marcescenza che si porta dietro?
L’oltretomba di Nocenti è ben distante da quello dantesco. Pur essendo abitato da anime, forze ed esseri infernali, pur potendo comunque avvertire l’odore sulfureo nell’aria circostante, è un giocattolo narrativo utile a indagare le emozioni e la psiche dei personaggi coinvolti. C’è molto più Sartre che Ignazio di Loyola nell’inferno fumettistico della Marvel. Non è un caso che gli Inumani Karnak e Gorgon sembrino intrappolati sul set di A porte chiuse, mentre il povero Matt Murdock debba vagare tra la neve senza alcun punto di riferimento per il suo senso radar (un’idea che ha recuperato Mark Waid, vincendo anche qualche premio).
Nell’arco di oltre 100 pagine la Nocenti mette in scena una forma quasi inedita di fumetto superoistico per l’epoca, dove gli scontri sono ridotti a lumicino e al centro delle vicende c’è il calvario emotivo dei personaggi. Matt Murdock perso tra una fitta coltre di neve, ormai assiderato, spezza una croce – venendo meno a quell’atavico timore iconoclasta insito nel cattolicesimo – per poter riaccendere la scintilla di una fede che, nonostante non gli serva a nulla, può rompere l’inganno di Mefisto.
Lo stesso Murdock è conscio di trovarsi in un luogo altro, in una dimensione avversa dove si gioca una strana partita con il proprio destino e dove le fede in se stessi e nel proprio principio di autodeterminazione, nella propria volontà a essere se stessi al di là delle lusinghe e dei capricci del caso, è di fondamentale importanza.
John Romita Jr. asseconda il tutto tratteggiando un’oltretomba che solo in apparenza allude a quello del John Buscema degli anni Settanta. Siamo davanti a un mondo asettico, con un demone che tutto ha tranne che la bellezza luciferina del Satana cristiano: Mefisto è in questo forma lontano dalla bellezza angelica di William Blake e più vicino alla carnalità viziosa di un Malebolge. Il suo ventre è sazio, gonfio come un otre. I suoi capezzoli turgidi come quelli della prostituta di Babilonia. La pelle squamosa e il gozzo da batrace ci dicono che non ha mai avuto nulla di angelico: è un essere ingordo di paura e scoramento. Anche in questo la Nocenti è stata maestra, nel voler approfondire un villain che era poco più che una macchietta nonostante il potenziale.
La lunga run della Nocenti si conclude con questo funambolico divertissement post-moderno, mostrando luci e ombre di una gestione che nonostante i decenni passati resta non solo una piacevole lettura, ma una delle interpretazione meglio riuscite del Diavolo Rosso fuori della sua comfort zone narrativa.
Daredevil: Cuore di tenebra
di Ann Nocenti, John Romita Jr. e Rick Leonardi
Traduzione di Pier Paolo Ronchetti
Panini Comics, febbraio 2018
Cartonato, 232 pp a colori
€ 24,00