In Italia, fino a qualche anno fa, eravamo un po’ indietro con la pubblicazione di certi autori contemporanei francesi di un certo rilievo. Blutch arrivava a morsi e bocconi (ma ora è disponibile anche uno dei suoi libri migliori, Peplum, e ci auguriamo che si continui con il recupero), Nicolas De Crecy si è fatto spazio meritatamente tra gli scaffali, e nel frattempo è ripresa la pubblicazione delle opere di David Prudhomme, grazie a Oblomov Edizioni.
Sempre per Oblomov è arrivato un altro degli autori più interessanti attualmente in attività, tra le prime uscite della nuova casa editrice di Igort: Micol Hugues, fumettista e pittore dalle notevoli doti artistiche. Il suo segno in bianco e nero è talmente evocativo e pregno di emotività da porlo al fianco del miglior Blutch, mentre quando dipinge rimanda al gusto grottesco del pittore tedesco George Grosz (da questo punto di vista è da vedere Providence).
Dal recente graphic novel Scalp (uscito originariamente in Francia agli inizi del 2017), si nota come la sua vena migliore si esprima nell’illustrazione ancor più che nel fumetto. Scalp è un racconto illustrato magistralmente, ma forse fin troppo concentrato sulle singole illustrazioni, assai elaborate, meno sulla narrazione (lo svolgimento dei fatti e l’appeal effettivo del soggetto). Non a caso Micol nella sua ampia produzione si serve spesso di testi altrui e i suoi lavori personali sono di impronta sperimentale, meno di genere rispetto a Scalp.
Qui mi ero fermato a scrivere, per qualche settimana. Il discorso stava prendendo tutta un’altra piega, rispetto all’idea che mi sono fatto dopo. Avevo cominciato a pensare che Hugues è grandioso, adoro i suoi disegni ma questo fumetto dà a più riprese l’impressione di mettere in fila splendide illustrazioni, in un lavoro sfilacciato graficamente. Dopo una prima lettura ammetto di aver frainteso la magnificenza delle tavole di Scalp, che rivaleggiano con quelle del Blutch di Peplum. Avevo cominciato a pensare che il lavoro di Micol fosse troppo concentrato sull’espressione di splash page, contro vignette in cui la narrazione è portata avanti da testi didascalici.
Mi sbagliavo, almeno in parte, almeno dal punto di vista grafico. Resta il fatto che l’idea di avere personaggi narratori, che riportano racconti nel racconto, è talvolta statico, arricciato su se stesso. È troppo facile perdersi nelle azioni apparentemente improvvisare dei suoi personaggi dalla testa grossa (sì, i protagonisti sono dei curiosi macrocefali, e torna l’influenza di Grosz). Ma Hugues, nel raccontare le scorribande del sanguinario ranger John Glanton, con le sue chine dense e profonde realizza tavole dalla costruzione talmente imprevedibile da rendere la sua narrazione per immagini particolarmente avvincente.
I suoi uomini si muovono goffi e divertenti (a dispetto delle azioni) in un teatro di vignette dall’impronta eisneriana, senza riquadri a limitare la loro azione, ma all’interno di contorni tondeggianti, dove si intrecciano figure grottesche in uno spazio curiosamente tridimensionale. Quando invece non ci sono sequenze di vignette, le splash mostrano immagini dalla composizione audace, che starebbero benissimo a sé (e qui mi sono fatto in parte ingannare), ma che in realtà si inseriscono all’interno di un immaginario visivo dinamico.
Se il western è perlopiù percepito popolarmente come un genere cinematografico oltre che fumettistico, Hugues fa muovere, dicevamo, i suoi personaggi come se fossero sul palcoscenico di un teatro che cerca di bucare le due dimensioni della pagina. La pomposità dei suoi racconti nel racconto ricorda quasi Cormac McCarthy, anche nella violenza plastica che non si risparmia. Ma la scelta di cosa raccontare è assai più tradizionale, dal gusto del racconto orale. Si guarda bene dal citare il western cinematografico all’italiana, preferendo forse di più la tradizione del western americano, più epico e dalle tinte in un bianco e nero più netto.
Scalp disorienta il lettore e scompone il racconto. È esperienza di lettura che vuol stare in un genere e ci entra stretta, in un linguaggio e ci sta un po’ stretta pure lì. Ma è l’opera di uno degli artisti più significativi del panorama contemporaneo della bande dessinée, un libro con cui confrontarsi.
Scalp
di Micol Hugues
traduzione di G. Zucca e V. Salvati
Oblomov Edizioni, 2017
192 pp in b&n, 20,00 €