Devo essere onesto: prima che mi venisse chiesto di scrivere questo intervento non avevo mai letto O.M.A.C. di Jack Kirby. Non è una bella cosa da ammettere lo so, ma dopotutto – se posso almeno provare a difendermi – stiamo pur sempre parlando della sconfinata produzione del Re. Un lascito di cui è già un’impresa riuscire a leggere anche solo l’indispensabile. E non perché si tratti di lavori rari o irreperibili, ma perché quello che ci si para di fronte è un numero ingestibile di grandi storie e di tavole ancora oggi irraggiungibili per potenza iconica ed efficacia narrativa.
Quando hai a che fare con l’uomo che ha messo mano a una fetta enorme del produzione fumettistica statunitense – dai Fantastici Quattro ai Vendicatori, passando per gli Eterni, i Nuovi Dei, Kamandi, Thor, Hulk e gli X-Men – mi pare quantomeno giustificabile il lasciarsi sfuggire qualcosa. Le ore a disposizione sono pur sempre 24 e ogni giorno spuntano dal nulla nuovi libri da leggere, film da vedere, esperienze da vivere e un sacco di altra roba a cui è difficile rinunciare.
E qui sta il punto. Riflettendo su questo continuo flusso di stimoli a cui scegliamo di sottostare ho cominciato a capire quale sia stata la mia fortuna nell’essere stato assegnato a un titolo che probabilmente non avrei mai letto di mia spontanea iniziativa.
Nel voler parlare a ogni costo degli autori come di artisti concentrati sulla propria poetica spesso ci si dimentica che quella dell’intrattenimento sia prima di tutto un’industria, fatta di numeri, tempi e flussi produttivi. Un moto continuo il cui scopo è solo uno: fare soldi e autoalimentarsi. A volte ci si riesce producendo arte, molto più spesso intasando il mondo di spazzatura.
Si parla di un motore che deve sempre girare al massimo dei giri, e chiunque ne faccia parte non può fare nulla se non adattarsi. Persino un alieno come Jack Kirby non poteva permettersi di sfuggire a quanto pattuito al momento della firma su di un contratto parecchio vincolante. Nella fattispecie, all’epoca a Kirby venivano richieste quindici pagine finite alla settimana, non importava di cosa.
Così, una volta chiusi i battenti di New Gods, occorreva inventarsi qualcosa per continuare a portare a casa la pagnotta e non incorrere in sanzioni da parte della casa editrice. Ed ecco quindi la ricetta per non perdere neppure una settimana di lavoro e consegnare al contempo un qualcosa di vendibile: Kirby riprende alcune sue idee mai approvate per un rilancio di Capitan America, ci appiccica sopra un personaggio dal design discutibile ma subito riconoscibile, ci infila un gimmick a prova di preadolescente, come il satellite senziente a fare le veci di una sorta di angelo custode/sidekick/buddy, e impacchetta il tutto in una serie di storie basate su di un concept fantascientifico ben definito, come una sorta di Black Mirror ante-litteram. Se la produzione industriale fosse un’arte (e probabilmente lo è), questo sarebbe un capolavoro.
O.M.A.C. non sarà certo il titolo più celebre del disegnatore newyorkese, ma rappresenta in maniera cristallina il genio di un autentico gigante del fumetto. Anche in piena emergenza professionale, Kirby non può fare a meno di buttare sul piatto una folle quantità di idee grandiose, rese come al solito con il suo tratto da maestro delle arti figurative. Sempre votato al movimento, all’azione esplosiva, al risultare memorabile in un solo fulmineo sguardo. Con bene in testa il desiderio di sfuggire a ogni costo dalla banalità dell’evasione da quattro soldi.
Tutto nel mondo di Kirby doveva essere un passo più in là di quanto avrebbe potuto fare chiunque altro. Basta osservare la celebre copertina del primo numero di O.M.A.C. per rendersene conto. Abbiamo una composizione minimale, dove si vede il protagonista lanciare uno strano oggetto verso il lettore. Si tratta di una sorta di televisore da cui sta emergendo una figura femminile, ma i cui arti appaiono disposti in maniera innaturale. Come se fosse smontata a pezzi. Il tutto su uno sfondo bianco, interrotto solo da sei finissime linee cinetiche. Sotto l’illustrazione, un’enorme scritta invitava il lettore a dare «un sorprendente sguardo al mondo che sta arrivando».
Il messaggio squillava – e continua a farlo – forte e chiaro: all’interno di quegli otto numeri avremmo avuto a che fare con qualcosa di più complesso di un banale fumetto di fantascienza.
Sotto la superficie dell’ennesimo superuomo destinato a salvare il pianeta si nasconde una serie di trovate, intuizioni e stoccate velenose alla società che potrebbero sfuggire al lettore meno attento, ma che rendono questo titolo qualcosa di davvero speciale. A partire dal protagonista, ex impiegato dalla mediocrità abbacinante presso la ditta Pseudo-Gente Inc., che si ritrova a essere l’unico generale a cinque stelle dell’Agenzia di Pace Globale. Il tutto grazie a una trasformazione dovuta a una complessa «operazione ormonale informatica effettuata da controllo remoto» attraverso un raggio sparato da un satellite orbitante intorno alla Terra. E così eccolo, il nostro Eroe.
Da inutile ingranaggio indirizzato dai suoi superiori a sfogare le sue frustrazioni nel lavoro a paladino della giustizia senza passato. Con tanto di nuovi genitori adottivi assegnatigli dal computer dell’Agenzia. Un’enorme organizzazioni mondiale votata all’ordine e alla prosperità, i cui agenti non trovano meglio da fare se non pitturarsi il volto d’arancione, in modo da perdere ogni traccia d’identità e provenienza nazionale.
E se questi pochi esempi vi possono dare l’idea di quanto O.M.A.C. possa essere bizzarro non avete ancora toccato con mano il suo cuore di tenebra. Parliamo di un fumetto dove la Congrega del Crimine non ha problemi a trasformare psicopatici in autentici mostri mutanti attraverso terribili cure ormonali, dove il traffico dei corpi è una realtà e dove un pazzo intende rubare tutta l’acqua del pianeta. Il nostro Eroe deve vedersela con dittatori militari rei dell’uccisione di migliaia di persone, porre fine all’esistenza della donna che amava prima della sua trasformazione perché completamente sintetica, infiltrarsi in un’intera città presa a noleggio da un criminale grazie alla sua spaventosa ricchezza.
Nelle pagine di questi otto numeri Kirby anticipa e sogna un sacco di innovazioni tecnologiche destinate a cambiare in meglio la vita della razza umana, ma non ha certo timore di andare a scavare nel marcio, impregnando le sue sceneggiature con idee nere come la pece.
Lo stesso protagonista in più di un’occasione si esprime sul fatto di non amare particolarmente la sua posizione, augurandosi un mondo dove non ci sia bisogno di autorità come la sua a vigilare sulla pace. Peccato che le cose non vadano esattamente in questa maniera, e così eccolo, numero dopo numero, impegnato a neutralizzare con la forza bruta minacce di ogni genere. Gli Agenti di Pace fautori della sua creazione non potranno combattere in nessun modo, ma non si sono certo fatti troppi problemi a creare un esercito di un solo uomo molto più rapido a pugni che a dialettica.
Anche a livello linguistico ci troviamo a che fare con soluzioni davvero sopra le righe. Le vicende prendono spesso il via a situazione avviata, travolgendo il lettore e sbattendolo subito nel bel mezzo dell’azione fragorosa tanto amata da Kirby. Ci sono diversi stacchi temporali e scelte di montaggio non cronologiche. E, tanto per chiudere in bellezza, nell’ultimo numero il protagonista non compare proprio.
Scelte strane, spesso cervellotiche, che l’autore riesce a sposare perfettamente con la grandeur delle sue tavole. Ogni numero si apre con una doppia splash-page che è un autentico assalto ai sensi del lettore, mettendo subito in chiaro come tra quelle pagine difficilmente andrà incontro a qualcosa di insipido e insignificante.
Ne sono un esempio quelle messe in apertura nel secondo e nel terzo numero. Nella prima viene ritratto l’istante cristallizzato in cui O.M.A.C. si butta in una rissa con una decina di soldati armati. Il Nostro è quasi sepolto dai corpi, eppure dopo il suo passaggio – pagina di sinistra – gli assalitori sono sospesi in aria come se fossero privi di peso. La differenza con il protagonista, praticamente un ariete umano con il peso specifico della ghisa, è palese. Non c’è paura in quel suo gesto di pura aggressione fisica, solo la volontà di debellare una minaccia. Quasi non riusciamo a scorgere il suo volto, per quanti sono i suoi avversari, eppure i suoi pugni sono protratti in avanti.
La composizione della scena riesce a restituire un dinamismo incredibile, pur bloccando lo scorrere del tempo in maniera cristallina, come in una di quelle foto di discipline sportive dove l’atto diventa astrazione.
Il secondo esempio portato è invece meno raffinato, ma non per quello meno potente. O.M.A.C. è collegato a un macchinario – le cuffie mentali – che gli permette di calarsi in prima persona dentro un film, in questo caso una sorta di fanta-horror a base di esseri giganti e teschi dotati del dono della parola. Nella doppia splash page, il Nostro si trova faccia a faccia con una mostruosità a cui basta a malapena il già generoso spazio concessogli. Si tratta di un essere grottesco, dal corpo sproporzionato e dal volto deforme. Sullo sfondo crani alieni si ergono su torri di roccia, come se si trattasse di antiche sculture di qualche civiltà perduta. In sole due pagine Kirby ci trasporta su un altro pianeta, dove ci sentiamo schiacciati un angolo della tavola mentre tutto il resto ci appare enorme.
Uno sforzo stilistico e visionario non da poco, messo in piedi non per illustrare uno snodo fondamentale della narrazione ma solo per farci vivere quattro paginette di fantascienza tradizionale – seppur sotto anabolizzanti – in un contesto che in pochissimo ritornerà quello angosciante e surreale del resto della serie. Che, come vuole ogni singola opera del fumettista, scoppia di particolari, di fisionomie lombrosiane, di sfondi iperstrutturati, di geometrie sorprendenti, di energia profusa a piene mani in ogni singola vignetta, anche quella più banalmente di raccordo. Il tutto, va ricordato, in un lavoro nato solo per adempire a un contratto che da lì a pochi mesi sarebbe comunque stato rescisso. Non è un caso se lo chiamano il Re.
O.M.A.C.
di Jack Kirby
RW Lion, 2016
176 pp a colori, € 18,95